2020-06-11
Boss fuori vogliamo sapere la verità
In Italia un'inchiesta non si nega mai a nessuno: grazie all'obbligatorietà dell'azione penale, le Procure sono infatti sempre al lavoro, anche quando non ce ne sarebbe bisogno perché per applicare la giustizia basterebbe il buonsenso. Tuttavia, c'è un'inchiesta che non decolla mai, sebbene ci sia più di un motivo per vedere al lavoro la magistratura. Mi riferisco (...)(...) alla arcinota vicenda dei mafiosi scarcerati con la scusa del coronavirus. Come è ormai risaputo, mentre gli italiani erano agli arrestidomiciliari per l'epidemia importata dalla Cina, i boss condannati al 41 bis venivano rimessi in libertà. Tutto ciò dopo una rivolta scoppiata molto «spontaneamente» e, aggiungiamo noi, molto opportunamente nelle carceri italiane. Nei reclusori non si rischiava nessuna epidemia, prova ne sia che il contagio si è diffuso nelle case di riposo e non in quelle circondariali. Però, qualcuno ai vertici dell'amministrazione penitenziaria ha pensato bene di rimettere in circolazione centinaia di conclamati delinquenti, firmando una circolare che ha di fatto allentato il regime di carcere duro a cui sono sottoposti terroristi e picciotti.Settimane fa Nino Di Matteo, icona dell'antimafia e dei grillini, ha detto in tv durante la trasmissione di Massimo Giletti che il ministro grillino della Giustizia,dopo avergli offerto di guidare le carceri, ha fatto un improvviso voltafaccia, rimangiandosi in 48 ore la proposta, e guarda caso proprio in quelle ore i mafiosi in carcere erano sul piede di guerra contro la nomina del procuratore. Bonafede ha in parte confermato e in parte smentito, ma non proprio con parole convincenti. Tuttavia la replica gli ha consentito di schivare una mozione di sfiducia inParlamento che la maggioranza compatta ha respinto, anche perché, se non lo avesse fatto, sarebbe caduto il governo e con esso anche la legislatura. Argomento chiuso dunque quello della scarcerazione dei mafiosi e dello strano dietrofront del Guardasigilli su Di Matteo? Niente affatto, perché l'altra sera a Non è l'Arena, Gilettiha rilanciato, intervistando Sebastiano Ardita. Vi chiedete chi sia costui? È un magistrato che per nove anni è stato al Dap, cioè al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, e conosce molto bene la mafia per aver fatto il pm in Sicilia.Che ha detto l'ex procuratore, oggi al Csm come membro togato? Cose molto interessanti, che brevemente riassumo. Primo: lui una circolare come quellache ha «scarcerato» i malavitosi non l'avrebbe mai firmata. Secondo: «Quello che è successo (ovvero la rivolta nelle prigioni e la conseguente liberazione dei mafiosi,ndr) è il fatto più grave della storia penitenziaria». Terzo: quella circolare non poteva essere firmata da una funzionaria, bensì dal capo del Dap, «ma andava accompagnata prima della sua emissione, da un appunto al capo di Gabinetto delministero della Giustizia o addirittura al ministro della Giustizia stesso». Quarto: «Il Dap non è una realtà che si può affidare al primo che passa. Nel Dap sono morte persone che per anni hanno svolto quel ruolo tenendo la schiena dritta e sono morte perché non hanno avuto paura di fronte alle rivolte, ai problemi dei carcerati, né alle questioni che riguardavano la mafia e i ricatti allo Stato che sono sempre passati dalle carceri». Il riferimento è ai magistrati che nella stagione del terrorismo pagarono con la vita il loro ruolo ai vertici dell'amministrazione penitenziaria: da Riccardo Palma a Girolamo Tartaglione, per finire a Girolamo Minervini.Le parole di Ardita sono pesanti, anche perché il magistrato ha spiegato che la mafia sta lavorando per smantellare il 41 bis, ossia il carcere duro a vita a cui vengono condannati i boss. E siccome per una vita ci hanno riempito la testa e pure qualcos'altro con la storia della trattativa Stato-mafia, con lo scopo di sostenere che qualcuno al governo, magari Silvio Berlusconi, avrebbe strizzato l'occhio ai boss, ora che un magistrato competente spiega che c'è stata la trattativa Stato-carcerati per liberare centinaia di pericolosi delinquenti, che cosa succede? Niente. Sì, avete letto bene. Ardita ha sganciato in tv una serie di bombe, facendo capire che la circolare «scarcera mafiosi» non poteva firmarla una funzionaria senza potere e che il ministro, o per lo meno un suo diretto collaboratore, non poteva non sapere e nessuno - ripeto nessuno - ha fatto un plissé. Lasciamo perdere gli indignati speciali dei vari giornali, quelli che per anni con la giustizia hanno campato, e che ora davanti al «miserabile mercimonio» delle nomine del Csm non fiatano e aspettano solo che la bufera passi per poter di nuovo tornare a impartire lezioni. Ma la politica, il governo, i professionisti dell'antimafia, dove sono? Io mi domando che fine abbiano fatto quelli che a ogni anniversario della strage di Capaci si vestono a lutto per ricordare Giovanni Falcone. Oggi mancano 38 giorni al 28° anniversario dell'uccisione di Paolo Borsellino e 38 giorni bastano per aprire un'indagine e interrogare un po' di persone. Bastano anche per costringere il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, a smettere di nascondersi dietro la paura della fine della legislatura.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».