2025-01-05
Biden lascia con un sabba globalista. E dà medaglie a Soros e alla Clinton
Per il suo party di addio, il leader dem riunisce vip e amici, distribuendo onorificenze. È l’epifania di un clan che si attribuisce la patente del buono per antonomasia. E che manda a dire: vogliamo comandare ancora.Poi dici che uno diventa complottista. Joe Biden, o quel che resta di lui, prima di lasciare la Casa Bianca a Donald Trump decide di organizzare una bella festicciola con gli amici di sempre: George Soros, Hillary Clinton, qualche star dello sport politicamente corretto, il cantante Bono, un paio di big della moda, qualche attore, lo chef delle Ong Josè Andrès («tavoli più lunghi, non muri più alti»), naturalmente l’etologa ambientalista che si batte contro il cambiamento climatico e il cadavere del Kennedy buono (da opporre al Kennedy cattivo diventato inspiegabilmente ministro con Trump). E tutti insieme allegramente, a pochi giorni dall’insediamento di Donald, festeggiano la fine del mandato presidenziale di Biden distribuendosi la «medaglia della libertà», la più alta onorificenza civile americana. Come a dire: eccoci qui, siamo i migliori. I migliori burattinai del mondo. Potrete mai fare a meno di noi?Poi dici che uno diventa complottista. Immaginandoli lì, tutti insieme, alla Casa Bianca, con la loro bella patacca al valor civile appuntata al petto, a festeggiare il loro potere che se ne va, non si può non pensare a che cosa hanno prodotto questi burattinai negli ultimi anni. Hillary Clinton, che viene premiata con la medaglia per aver contribuito «alla pace nel mondo», non è forse quella che ha rivendicato con orgoglio tutte le guerre dall’Afghanistan alla Libia? E George Soros che riceve il riconoscimento «per aver rafforzato la democrazia e la giustizia sociale» non è forse quello che sovvenziona le associazioni vicine ad Hamas e che cerca di affondare l’Occidente finanziando l’immigrazione senza regole (e come se non bastasse anche +Europa)? E quell’etologa vip, Jane Goodall, non rappresenta forse l’ideologia ambientalista che sta producendo disastri in tutto l’Occidente lasciando campo libero alla Cina? E quegli attori, cantanti, star dello sport e della moda non sono forse i principi del politicamente corretto che sta distruggendo la nostra cultura e la nostra civiltà a colpi di gender e woke?Poi dici che uno diventa complottista. L’allegro raduno che si terrà sabato prossimo, 11 gennaio, a nove giorni dall’insediamento di Trump, sembra un piccolo sabba, in onore del diavolaccio globalista, prima di svuotare i cassetti e lasciare la casa Bianca. E come in ogni sabba che si rispetti, naturalmente, non può mancare l’evocazione del morto: Biden, o quel che resta di lui, ha deciso infatti di dare l’ambito riconoscimento «medaglia della libertà» anche a Robert Francis Kennedy, meglio noto come Bobby Kennedy, il padre del ministro della sanità Robert Kennedy Jr. Bobby Kennedy, ricordiamolo, fu ucciso nel 1968. Come mai un premio postumo oggi, 57 anni dopo? Da dove nasce questa impellente necessità? Questa urgenza? Ovvio, nasce perché bisogna mandare un messaggio al mondo: da una parte ci sono i Kennedy buoni, quelli che «si impegnano per la giustizia, l’uguaglianza e il servizio pubblico», come recita la motivazione. Dall’altra ci sono i Kennedy che stanno con Trump.Poi dici che uno diventa complottista. Questa premiazione non è una premiazione: è l’epifania di un clan, la manifestazione pubblica di una banda che divide il mondo in amici e nemici, in buoni e cattivi, attribuendo sempre a sé stessi, ovviamente, l’etichetta dei buoni. A questo servono i big dello sport, gli attori e i cantanti che si prestano alla sceneggiata: ogni clan che si rispetti maschera le più turpi manovre di potere sotto un po’ di cipria da star. Siamo i migliori e perciò stiamo con Magic Johnson e Lionel Messi, con Denzel Washington e Michael J. Fox, e dunque premiamo loro, che rendono tutto spettacolare, bello, cipria&paiettes. E fanno passare in secondo piano il fatto che contemporaneamente vengono premiati, come simboli di pace, guerrafondai e speculatori, nemici della democrazia e affossatori dell’Occidente. Del resto, ormai si sa: la realtà non conta, la realtà è un piccolo inutile orpello per le élite globaliste. Lo è sempre, e dunque lo è anche qui, nella festicciola del Biden declinante. Quello che conta non è la realtà: è il clan. La banda. La piccola cupola che ora perde un pezzo di potere importante, ma vuol mandare un messaggio forte. E il messaggio è: noi ci siamo. Noi ci saremo. Noi vogliamo comandare. Ancora. Di nuovo. Sempre.Poi dici che uno diventa complottista. Poi dici che uno, nonostante tutto, si sente di gridare «addavenì Trump». Go, Donald go. E fai in modo che la festicciola della Casa Bianca sia il commiato definitivo di quel mondo che non reggiamo più.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)