2023-06-14
Disprezzano lui, non i suoi assegni
Roberto Saviano, Gabriele Salvatores e Daniele Luttazzi (Ansa)
Saviano e Luttazzi, Fo e Salvatores: tanti esponenti di una certa «cultura» hanno fatto carriera attaccando Silvio. Non schifando, però, i contratti con le aziende di famiglia.L’attività imprenditoriale di Silvio Berlusconi, in modo particolare nell’ambito della cultura e dell’intrattenimento, è stata caratterizzata da un aspetto che non risulta avere equivalenti né in Italia né nel resto del mondo, ossia ricompensare e finanziare - talvolta fino ad arricchire - personaggi che di Berlusconi parlavano male, quando non malissimo. Alcuni di essi, anzi, proprio sugli attacchi sistematici al Cavaliere, hanno costruito una consistente parte delle proprie fortune, senza tuttavia tirarsi indietro di fronte alla possibilità di collaborare, più o meno assiduamente, con aziende di proprietà di Silvio. Di solito l’incoerenza veniva spiegata così: finché mi si darà la possibilità di agire e parlare liberamente, fino a quando non subirò condizionamenti, seguiterò a lavorare - pur turandomi il naso - per società riconducibili a Berlusconi; in caso contrario, alzerò i tacchi. La possibilità di agire e parlare liberamente, è ovvio, doveva consistere soprattutto nella libertà di prendere di mira Berlusconi: libertà che è, appunto, stata quasi sempre ampiamente concessa. Ma, curiosamente, coloro che ne beneficiavano ne davano il merito esclusivo ai professionisti che nelle aziende di Berlusconi lavoravano, mai e poi mai a Berlusconi medesimo (che i professionisti di cui sopra li aveva pur accolti e valorizzati) e a quelle sue apprezzabili, e invero assai poco diffuse, manifestazioni di liberalismo.Tra coloro che hanno avuto la ventura di essere salariati da Berlusconi figura persino l’antiberlusconiano per antonomasia, Marco Travaglio, il quale ha lavorato per il quotidiano Il Giornale, di proprietà del Cavaliere, per sette anni, dal 1987 al 1994, allorché decise di seguire il suo mentore Indro Montanelli alla neonata (ed effimera) testata La Voce. Nel 1993 Travaglio ha anche pubblicato il libro Stupidario del calcio e di altri sport per la casa editrice Mondadori, all’epoca già acquisita da alcuni anni da Berlusconi. Altro autore mondadoriano è stato l’antiberlusconiano doc Daniele Luttazzi (con tre titoli tra il 1998 e il 2001), il quale è anche il responsabile del lancio mediatico, nel 2001, proprio di Travaglio con la famosa intervista nel programma Rai Satyricon, costatagli il cosiddetto «editto bulgaro» (cioè l’allontanamento dalla Rai, condiviso con Enzo Biagi e Michele Santoro) emanato, però, dal Berlusconi politico e non dal Berlusconi imprenditore. Luttazzi, all’epoca, aveva peraltro già lavorato a lungo in Mediaset, prima proponendo suoi personaggi all’interno di Mai dire gol e quindi realizzando su Italia 1 una trasmissione tutta sua, Barracuda. A proposito di Mai dire gol, i suoi ideatori e principali artefici, ovvero i tre membri della Gialappa’s Band, si sono sempre attestati su posizioni di fermo antiberlusconismo, così come la band Elio e le Storie Tese, che ai programmi della Gialappa ha contribuito in più occasioni. Per Mediaset sono transitati pure un altro avversario storico del Cavaliere, il già citato Michele Santoro, il quale ha lavorato per il Biscione per tre anni, dal 1996 al 1999, curando il talk show Moby Dick, e due attrici comiche radicalmente antiberlusconiane come Sabina Guzzanti (con la trasmissione L’araba fenice, che aveva tra i suoi autori anche il di lei fratello Corrado) e Luciana Littizzetto (con gli show Ciro, il figlio di Target e Zelig). Senza dimenticare il duo di autori formato da Gino Vignali e Michele Mozzati, pilastri del progressismo italico tanto quanto di trasmissioni tv quali Drive In e Zelig.Non meno nutrita è la lista degli scrittori e degli artisti che, pur disprezzando Berlusconi, non si sono sottratti alla pubblicazione di loro opere con marchi editoriali della galassia berlusconiana. Tra gli altri, si possono ricordare Roberto Saviano, che proprio con Mondadori pubblicò nel 2006 il libro che gli diede la fama, Gomorra, e Dario Fo, numerosi titoli del quale sono presenti nel catalogo della Einaudi, anch’essa di proprietà di Berlusconi ed editrice di tanti altri «nemici giurati» del Cavaliere, dallo storico della letteratura Alberto Asor Rosa al collettivo di scrittori denominato Wu Ming, dal fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari , al romanziere Massimo Carlotto, da Corrado Augias a Concita De Gregorio. Vale inoltre la pena di essere ricordato il critico cinematografico Goffredo Fofi, intellettuale tra i più intransigenti nei confronti di Berlusconi eppure, durante gli anni Novanta, firma di punta del settimanale mondadoriano Panorama.Gli antiberlusconiani finanziati da Berlusconi, tramite la società di produzione e distribuzione Medusa, non mancano neppure nel mondo del cinema, e anche qui l’elenco è lungo: si va da Gabriele Salvatores a Paolo Sorrentino, da Giuseppe Tornatore a Roberto Benigni, da Ferzan Özpetek a Bernardo Bertolucci.È nota la battuta del cantautore Gian Piero Alloisio resa celebre da Giorgio Gaber: «Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me». Bene, coloro di cui finora abbiamo parlato hanno dimostrato di temere esclusivamente Berlusconi in sé: quel po’ di Berlusconi che era in loro, infatti, lungi dal temerlo han cercato per lo più di tenerselo caro.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.