2019-04-12
Bergoglio tace. È del Papa emerito la vera risposta al memoriale Viganò
Quella di Benedetto XVI è una coraggiosa analisi del degrado morale che sta distruggendo la Chiesa: le vittime di abusi chiedevano giustizia, il Vaticano tutelava i colpevoli. Colpa di un malinteso «garantismo».Papa Francesco ha scelto di non dire una sola parola sulle accuse contenute nel dossier dell'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti. Papa Benedetto XVI, invece, ha voluto dirne tante. Joseph Ratzinger, pontefice emerito che nel 2013 lasciò il soglio di Pietro con una decisione sorprendente, ha scritto un lungo articolo per il mensile tedesco Klerusblatt. Tema dell'intervento: gli abusi sessuali all'interno della Chiesa cattolica. Benedetto XVI ovviamente non cita mai monsignor Carlo Maria Viganò, autore di un documento pubblicato nell'agosto scorso dalla Verità, in cui si accusavano le alte gerarchie vaticane di aver coperto gli abusi sessuali e di aver consentito alla lobby gay di condizionare la vita dei seminari. Ma nonostante non ne faccia menzione, l'argomento è esattamente quello sollevato nella lettera dell'arcivescovo.L'intervento del Papa emerito, che ieri è stato anticipato dal Corriere della Sera, non soltanto giunge a un mese dalla conferenza episcopale in cui si è discusso di pedofilia e della rete che perfino all'interno del Vaticano ha consentito la copertura e la prosecuzione degli abusi, ma è un'analisi del degrado morale che sta distruggendo la Chiesa. Benedetto XVI parte dalla rivoluzione del 1968, una rivolta che cambiò la percezione del pudore per scegliere la completa libertà sessuale. Un fenomeno che, secondo il Pontefice emerito, è la premessa di ciò che è venuto dopo, anche nel mondo cattolico. È da lì, secondo Ratzinger, che inizia il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, un processo che parte negli anni Sessanta, ma ha ripercussioni anche nei diversi spazi di vita della Chiesa, con la distruzione dell'autorità morale esercitata dagli uomini di fede. Il Papa emerito ripercorre il percorso che ha portato a ciò che abbiamo davanti agli occhi, soprattutto per quanto riguarda l'impatto sulla vita sacerdotale e su quella all'interno dei seminari, definendo quanto è avvenuto un vero e proprio collasso. Scrive Benedetto XVI: «In diversi seminari si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari. In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all'ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme». E ne conclude che il clima del seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale. Bisognava aprirsi al mondo, essere moderni, abbracciare la nuova morale importata dal Sessantotto. Risultato: «Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva mostrato ai seminaristi film pornografici, presumibilmente con l'intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede». Vescovi che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso, per sviluppare nelle loro diocesi una specie di nuova e moderna cattolicità. Il Santo padre che ha scelto di dimettersi, a un certo punto ricorda che perfino la lettura dei suoi libri veniva considerata sbagliata, al punto che gli studenti sorpresi in seminario con in mano uno dei suoi testi erano ritenuti non idonei al sacerdozio. «I miei libri venivano nascosti come letteratura dannosa e venivano per così dire letti sottobanco». Già. Le tesi di Joseph Ratzinger erano messe all'indice, mentre i film pornografici potevano tranquillamente circolare. La Santa sede sapeva di questi problemi, ma senza essere informata nel dettaglio.E così, dopo aver parlato del clima di collasso morale, il Pontefice emerito arriva alla pedofilia a lungo sottovalutata e trascurata, addirittura «diagnosticata come permessa e conveniente». Con una grave sottovalutazione della Chiesa, anche a causa del Nuovo codice del diritto canonico. Di fronte al diffondersi della pedofilia, i vescovi non sapevano come comportarsi e ancora meno lo sapeva la Curia di Roma, così alle denunce si rispose che per la purificazione e il chiarimento sarebbe bastata la sospensione temporanea del ministero sacerdotale. Insomma, il pedofilo in tonaca, invece di essere denunciato e perseguito, era lasciato libero di agire, con il solo condizionamento di non poter svolgere per un certo periodo la propria funzione. Secondo Benedetto XVI, il problema di fondo riguardava la concezione del diritto penale, che imponeva il «garantismo». «Significava che dovevano essere garantiti soprattutto i diritti degli accusati e questo fino al punto da escludere di fatto una condanna». Le vittime chiedevano giustizia, la Chiesa tutelava i colpevoli. Ratzinger ricorda addirittura le parole di un prete che, mentre abusava di una chierichetta, ripeteva le parole dell'Eucarestia: «Questo è il mio corpo, che è dato per te». Credo che mai si siano sentite parole del genere uscire dalla bocca di un Papa, anche se dimessosi. Mai il degrado morale è stato affrontato con tale nettezza. Altro che religioso silenzio. Benedetto XVI si interroga anche su che cosa si debba fare, se addirittura creare un'altra Chiesa. Ma la risposta è secondo lui tornare alle origini. La Chiesa muore nelle anime, perché oggi è vista in gran parte come un apparato politico, in quanto si parla della Chiesa quasi esclusivamente in termini politici. «La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti», scrive Ratzinger, «spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di mal riuscito». Per il Papa emerito non serve un altro apparato, serve la fede. Non so se Benedetto XVI abbia ragione. Ma dire delle parole su quello che è successo e sugli errori fatti per porvi rimedio è già un passo avanti. Non dire una sola parola, come fece papa Francesco, forse non aiuta la Chiesa ad apparire qualche cosa di diverso da un apparato politico che difende i suoi membri.
Ecco #DimmiLaVerità del 31 ottobre 2025. Ospite il senatore di FdI Guido Castelli. L'argomento del giorno è: " I dettagli della ricostruzione post terremoto in Italia Centrale"
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La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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