2023-10-19
        «Bene quota 104, non le pensioni minime»
    
 
        Alberto Brambilla (Imagoeconomica)
    
L’esperto di previdenza Alberto Brambilla: «Corretto l’approccio sulla flessibilità in uscita, con l’accorpamento di ape sociale e opzione donna c’è un limite di età unico a 63 anni. Ingiusto penalizzare chi guadagna poco più di 2.000 euro e aiutare chi non versa contributi».«Sul taglio alle rivalutazioni mi dispiace ma proprio non ci siamo. Se questo governo vuol definirsi del merito non può svenarsi per chi non paga tasse e contributi e invece penalizzare chi ha un assegno da 4.000 euro lordi (2.800 netti)». A parlare è Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Lavoro e presidente del centro studi Itinerari Previdenziali. Uno dei massimi esperti del tema pensionistico in Italia. Quota 104, stretta sui pensionamenti anticipati, bonus per chi resta al lavoro. Il professore vede nella legge di bilancio annunciata sia ombre che luci, ma la rivalutazione parziale sulle pensioni superiori a quattro volte il minimo la considera fuori dal mondo. Si arriva all’85% sugli assegni tra i 2.102 e 2.627 euro, al 53% nella fascia tra 5 e 6 volte il minimo (2.627-3.152 euro) e via discendendo.Non è certo questo il primo governo che fa leva sulle rivalutazioni... «Certo, ma da un lato vediamo che a causa delle insistenze di Forza Italia stiamo strapagando 4 milioni di persone che in 67 anni di vita hanno versato contributi per appena 15-16 anni. Con il caso limite di 810.000 posizioni che sono sconosciute al fisco. Si tratta di chi raggiunti i 67 anni si è ricordato che esiste lo Stato che l’ha mantenuto. E noi abbiamo deciso di portare le loro pensioni da 490 a 600 euro e probabilmente con la manovra a 680 euro. Dall’altro togliamo diversi punti percentuali di potere d’acquisto a chi guadagna più di 35.000 euro lordi. Sono i contribuenti che pagano il 63% dell’Irpef e oltre il 75% di Irap e Ires. Questo e i precedenti Governi stanno segando il ramo sul quale sono seduti». Presidente, il governo le direbbe che il piatto piange e in qualche modo bisognava trovare la quadra. «In Svizzera e Germania se non hai mai fatto la dichiarazione dei redditi ti chiamano per capire di cosa vivi. In Italia io propongo da anni a tutti i ministri di istituire uno straccio di banca dati dell’assistenza, ma a oggi ancora nulla». Conseguenze?«Il risultato è che al netto dell’Irpef le pensioni pesano per circa 175 miliardi sulla spesa dello Stato, mentre la quota di assistenza sociale che il governo quest’anno trasferirà all’Inps vale 160 miliardi più altri 13 miliardi che arrivano dagli enti locali». Ma di questo non possiamo certo dare la colpa a un governo che è in carica da un anno.«Assolutamente no. Ben più colpevole da questo punto di vista è un’opposizione che ha governato negli ultimi 12 anni e non fa mea culpa su nulla. Dalla sanità alla previdenza continuano a chiedere più risorse, ma sono loro i maggiori colpevoli di questa situazione. A oggi o Conte e la Schlein si mettono in testa che per 2-3 anni devono smettere di fare una opposizione su tutto e lavorare assieme al Governo sui dossier strategici come fisco, previdenza e salute o finiamo come la Grecia». Torniamo alla manovra. Quota 104 la convince? «Sulla flessibilità in uscita c’è un’impostazione corretta. Oltre a indicare l’uscita con 63 anni e 41 di versamenti c’è stato l’accorpamento di di ape sociale e opzione donna con la creazione di un fondo per la flessibilità e l’indicazione di un limite di età unico per tutti a 63 anni con 36 anni di contributi per gli uomini e 35 per le donne».Perché la convince?«Perché si tratta di due norme che rafforzano il sistema pensionistico. Siamo la popolazione più vecchia d’Europa per numero di persone che hanno più di 65 anni sul totale e per aspettativa di vita. Se vogliamo lasciare un sistema sicuro non possiamo avere l’età di addio al lavoro più giovane d’Europa, i conti non tornerebbero». Giudizio positivo anche sul bonus per chi decide di restare a lavoro una volta raggiunta l’età pensionabile. O si può fare di più?«Il meccanismo è giusto, il problema è che non sappiamo ancora quanto vale il bonus. Quello che avevamo introdotto io e Maroni nel 2004 prevedeva un incremento del 40% delle retribuzioni nette».In soldoni di che cifre parliamo?«Su uno stipendio di 2.000 euro si tratta di quasi 800 euro in più. Le ripeto prima di dare un giudizio bisogna capire a quanto ammonta l’incentivo. Se si tratta del 9,18% che è a carico del lavoratore, con il rischio di doverci anche pagare le tasse, allora non ci siamo. Mi lasci poi dire altre due cose...».Prego.«È positivo anche aver iniziato il processo di equiparazione tra i lavoratori che hanno il contributivo puro (che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, ndr) e gli altri. Bene quindi l’eliminazione del vincolo per cui se a 67 anni non hai maturato 1,5 volte l’assegno sociale sei costretto a lavorare fino a 71 anni per avere una pensione. Ma si tratta del primo passo, ora bisogna andare avanti in questa direzione per eliminare altre disparità di trattamento che vanno contro gli interessi dei più giovani».
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