2023-12-17
Becciu condannato a cinque anni e mezzo
La sentenza sulla compravendita dell’immobile londinese con i fondi della Segreteria di Stato: l’ex pupillo del Pontefice sarà anche interdetto dalle cariche e, insieme ai correi, dovrà versare 200 milioni di risarcimento. Gli avvocati annunciano ricorso.Nella sua difesa nel processo per la vicenda del palazzo londinese di Sloane avenue il cardinale Angelo Becciu, ex numero due della Segreteria di Stato vaticana, aveva puntato moltissimo sulla presunta vicinanza di papa Francesco, sbandierata in ogni occasione anche se smentita dalle carte. Invano. Il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, presieduto dall’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, lo ha infatti condanno ieri a cinque anni e mezzo di carcere (con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici), riconoscendolo colpevole per tre episodi di peculato. Il primo riguarda proprio l’acquisto dell’immobile a Londra, per il quale sono stati condannati anche il finanziere Raffaele Mincione (5 anni e 6 mesi), l’ex consulente finanziario Enrico Crasso (7 anni) e il dipendente del Vaticano Fabrizio Tirabassi (7 anni e 6 mesi). La condanna è arrivata, evidenzia il bollettino della sala stampa vaticana, «in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici, della somma di 200.500.000 dollari Usa, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato». Somma che è stata versata «tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto monsignor Becciu», per la sottoscrizione di quote dell’hedge fund Athena capital commodities. Crasso è stato riconosciuto colpevole anche del reato di autoriciclaggio. Becciu è poi stato condannato anche per i 570.000 euro di fondi della Segreteria di stato vaticana finiti sui conti di una società riconducibile a Cecilia Marogna, con la motivazione «non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa». Il terzo episodio di peculato che i giudici hanno riconosciuto provato è quello relativo al versamento, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, di 125.000 euro, destinati in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Antonino. Becciu, Crasso e Tirabassi sono invece stati assolti dagli altri episodi di peculato contestati, «perché il fatto non sussiste, non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo». Condanne, a vario titolo, anche per René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza, ex presidente ed ex direttore dell’Aif, l’Autorità antiriciclaggio vaticana (multa di 1.750 euro); l’avvocato Nicola Squillace (1 anno e 10 mesi, pena sospesa); l’altro broker Gianluigi Torzi (5 anni di reclusione). Unico assolto tra i 10 imputati, l’ex segretario di Becciu, monsignor Mauro Carlino. Il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166 milioni di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200 milioni di euro. Ottantasei udienze dibattimentali, compresa quella finale di oggi, nell’arco di quasi due anni e mezzo, a partire dal 27 luglio 2021; 11.350 pagine di trascrizione delle udienze; 124.563 pagine cartacee e in dispositivi informatici e 2.479.062 file analizzati presentati dall’accusa; 20.150 pagine comprensive di allegati depositate dalle difese; 48.731 dalle parti civili, 37 anni di carcere emessi complessivamente contro gli imputati. Numeri che danno l’idea della delicatezza del processo portato avanti, tra mille polemiche e mille accuse, dal promotore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, che per Becciu aveva chiesto una pena leggermente più alta (7 anni e 3 mesi) di quella riconosciuta dal collegio presieduto da Pignatone. Una sentenza che in qualche modo chiude un cerchio tra i due, che si erano già incrociati, a ruoli quasi invertiti, quando Diddi difendeva nel processo contro il cosiddetto «Mondo di mezzo», mentre Pignatone rappresentava, la pubblica accusa. Ieri Diddi ha commentato la sentenza con parole inusuali da parte di un pm, che lasciano trasparire la sua lunga carriera da avvocato: «Vivere con il peso morale che quello che abbiamo prodotto potesse essere frutto di un atteggiamento precostituito o preconcetto, questa è una cosa che mi ha sempre disturbato, non mi ha mai fatto dormire tranquillo, adesso sono sereno». Gli avvocati di Becciu, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, invece, insistono con le accuse contro la genesi del processo e annunciano appello: «Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia».
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