Bastano due sgomberi e Gualtieri chiede di governare Roma per altri sette anni
Per passare dalla «città dei 15 minuti» annunciata in campagna elettorale a quella che si può cambiare, ma in «almeno 10 anni», al sindaco di Roma Roberto Gualtieri sono bastati tre anni di mandato. Ieri il primo cittadino della capitale si è portato avanti con il lavoro, e tra un ritardo di un cantiere e l’altro ha annunciato con tre anni di anticipo la sua ricandidatura. Intervenuto durante la trasmissione di Rai3 Agorà Gualtieri ha infatti dichiarato: «Per trasformare la città ci vogliono almeno 10 anni, abbiamo progetto ambizioso di trasformazione, basata su un dato: che bisogna smetterla con l’idea secondo cui Roma è destinata alla mediocrità e che non può raggiungere livelli qualità urbana e dei servizi delle altre capitali. Io penso che Roma ha più carte da giocare di qualsiasi altra: è una città verde e meravigliosa, non solo per la sua storia ma anche per il suo ricco tessuto sociale». Forse però Gualtieri non ha scelto il momento migliore per annunciare di volersi ricandidare, visto che la sua maggioranza è spaccata per la mossa da «sceriffo» di far sgomberare dalla polizia locali una tendopoli che si trovava lungo le mura aureliane, tra Castro Pretorio e la stazione Termini. Dopo l’allontanamento dei 19 senza tetto, verrà installata una cancellata che impedirà di riformare l’accampamento. Di fronte alle polemiche, Gualtieri però tira dritto, e durante la trasmissione ha scrollato le spalle: «Mi sembra una tempesta in bicchiere d’acqua, si è trattato di un evento di routine, penso non ci sia nessun subbuglio all’interno del Pd». «Le mura aureliane» ha spiegato «sono un monumento prezioso sotto il quale non ci si può accampare. Se ci sono insediamenti abusivi, vengono regolarmente sgomberati con tutte le tutele del caso. Non ho capito perché stavolta si è accesa questa polemica. Non c’è un intento punitivo ma è solo un intervento a tutela del monumento: già c’è recinto, si tratta di completarlo. Una delle tante incomplete a Roma». A stretto giro però è arrivata la risposta dell’opposizione, con la consigliera di Fratelli d’Italia Mariacristina Masi che ha attaccato la maggioranza: «Il sindaco finalmente interviene e il Partito democratico cosa fa? Monta una polemica infinita. Avete sentito bene, per il Pd far vivere le persone in quel modo è carità e costringere i cittadini a degrado e insicurezza è buon governo». Poi chiede polemicamente: «Davvero il Pd pensa di pulirsi la coscienza facendo vivere le persone sui marciapiedi, lavarsi nelle fontanelle e vestirsi in mezzo alla strada?». Intanto però, si iniziano a vedere gli effetti indesiderati dello sgombero, al quale è seguito ieri l’intervento delle forze dell’ordine che hanno liberato l’ex Hotel Cinecittà, occupato dalla gang di «latinos» ritenute responsabili di gran parte dei borseggi che avvengono sulle metropolitane della Capitale.
Alcuni dei senza tetto che abitavano nella tendopoli di viale Pretoriano si sono infatti spostati a poche centinaia di metri, nel quartiere San Lorenzo, tra piazza dei Siculi e il Parco dei caduti. I residenti da tempo raccolgono firme per protestare contro il polo di accoglienza che l’amministrazione Gualtieri vorrebbe realizzare in un immobile di proprietà di Rfi, a Porta San Lorenzo, a pochi passi dal tunnel che passa sotto i binari della stazione Termini. Inizialmente il Campidoglio aveva previsto una tensostruttura da 70 posti proprio sulla piazza davanti allo scalo ferroviario. Al netto della contrarietà dei residenti della zona e di quelle limitrofe, il rischio è che questo rimpallo di soluzioni lasci i senza fissa dimora sgomberati da Gualtieri letteralmente in mezzo a una strada. L’immobile individuato dal Campidoglio è infatti ancora della disponibilità di Rfi, che dovrebbe concedere il comodato d’uso all’amministrazione, che dovrebbe poi e fare un nuovo bando per una struttura più piccola, da 30 posti, realizzata con dei container. Il tutto a circa 90 giorni dall’inizio del Giubileo, durante il quale, si fa fatica a immaginare interventi delle forze dell’ordine a sgomberare tendopoli o palazzi occupati, con il rischio di scontri di piazza che avrebbero una risonanza mondiale. Il rischio quindi è che il degrado si sposti di quartiere in quartiere. Che ormai alimenta le tensioni anche in quartieri che tradizionalmente sono roccaforti della sinistra, come appunto San Lorenzo, già da anni alle prese con problemi legati alla movida e allo spaccio di droga che la accompagna. Sulle pagine della cronaca di Roma del Corriere della Sera di ieri è apparsa una dichiarazione di Cristiano Morgante, membro del direttivo del comitato di quartiere che racconta come i tempi stiano cambiando anche a «San Lollo»: «Temiamo che si crei un ghetto. Per tanti anni con un gruppo della parrocchia ho seguito alcune persone senza fissa dimora, le abbiamo aiutate a reinserirsi e a ricongiungersi con la famiglia. Siamo sensibili al problema, ma dobbiamo anche dare risposte ai cittadini e agli studenti che sopportano già una forte pressione».





