2022-07-18
Clemente Mastella: «Basta “dittatura” dell’emergenza, basta governi tecnici»
Clemente Mastella (Getty Images)
Il sindaco di Benevento: «Così si rischia la fine della democrazia. All’estero un banchiere centrale non diventerebbe premier...»«Hanno fatto il funerale al “campo largo”, e poi l’hanno gettato nell’inceneritore. Una cosa è certa: se Draghi se ne va, serve un patto con gli italiani. Basta tecnici a Palazzo Chigi». Clemente Mastella, segretario nazionale di «Noi di centro» e sindaco di Benevento, di crisi ne ha viste tante. «Ma come questa mai. Assistiamo a un tentativo disperato dei 5 stelle di recuperare consenso, dopo lo sfasciume che hanno realizzato. Vanno verso il disastro elettorale». Si aspettava che il governo di unità nazionale esplodesse a metà luglio?«Io avevo due zii: Diamante, la sorella di mio padre, e Giovannino. Lei era forte come una roccia, lui era pieno di problemi di salute. Però incredibilmente zia Diamante è morta quindici anni prima». Che vuol dire? «Che anche in politica l’apparenza inganna. Le maggioranze larghe muoiono prima, quelle fragili restano in piedi di più. Proprio come zio Giovannino». Se questa larga maggioranza sta morendo, adesso che succederà?«Dipende da Draghi. Con le sue ultime dichiarazioni si è messo in una condizione, diciamo così, un po’ respingente». Il premier sembra irremovibile. Da dove arriva secondo lei questa durezza? «Ha le sue buone ragioni e i grillini gli hanno fornito un alibi perfetto per andarsene. Ma fondamentalmente Draghi è ancora incazzato nero per la mancata elezione alla presidenza della Repubblica». Addirittura?«E forse anche gli attriti con Mattarella, di cui si vocifera in queste ore, potrebbero essere dovuti a questo risentimento personale, per la battaglia del Quirinale andata perduta». Una delusione che non lo abbandona. E oggi?«Legittimamente, Draghi tenta di conservare un suo standing, un suo aplomb. Non si fa scalfire. Ma dovrebbe capire che la politica è anche arte del compromesso».Cioè?«Il vizio di chi è estraneo alla politica è quello di ritenere che arrivare al compromesso comporterebbe l’accettazione di un ricatto. Non è così. Non sempre. Se ci sono esagerazioni è giusto respingerle, in altre circostanze invece, è bene mitigare le asprezze, addolcire gli angoli. Questa è la politica». Ma gli ex banchieri non sono abili a maneggiare certi rituali…«È vero che Draghi non ha l’esperienza del politico navigato, ma essendo in campo come presidente del Consiglio, diciamo che si piglia il virus». Si piglia il virus? «Comunque vada, stai nel Palazzo. Vivi a contatto con i partiti. Il virus politico te lo attaccano. E devi sapere gestire nel modo più giusto questo “contagio”». Pare che, di fronte a Mattarella, Draghi abbia motivato la sua decisione anche con il desiderio di difendere la sua credibilità. «Non so se è vero. Ma un politico che vuole entrare nella storia deve pensare alla credibilità del Paese prima che alla sua. Non è che possiamo mandare l’Italia a carte quarantotto per salvare il suo curriculum». Il presidente Mattarella proverà in tutti i modi a farlo tornare sui suoi passi. Lei spera in un ripensamento? «Conoscendo Mattarella, so che proverà in tutti a modi a ricucire la situazione. E gli verrà da sorridere vedendo il ministro Patuanelli che non vota la fiducia al governo ma resta comunque al suo posto al ministero. Una roba che neanche in Papuasia». Difficile immaginare il capo dello Stato sorridente, in questi giorni…«Magari Mattarella si ricorderà di quando, in disaccordo con la decisione di Andreotti di mettere la fiducia sulla legge Mammì, si dimise da ministro, insieme ad altri quattro esponenti della sinistra dc». Un esempio di stile? «Funziona così: se non condividi, ti dimetti. E lo dico io, che nella mia vita politica mi sono dimesso diverse volte, pagandone pure il prezzo». E i 5 Stelle?«Erano quelli del vaffa, e oggi camminano con la poltrona incollata. Affetti da poltronite acuta. Giuseppe Conte, poi, ha dimostrato grande incapacità politica. Ma anche qui, giriamo intorno allo stesso concetto». Quale concetto?«Io non vado a fare il docente universitario senza gli studi propedeutici. Conte invece, pur arrivando dalle professioni, si è convinto di essere diventato in un giorno un grande talento politico». Invece?«Invece, da questo punto di vista, anche la politica è una scienza esatta. Non ci si improvvisa. Per carità, magari puoi diventare un leader per caso, per una botta di fortuna. Ma prima o poi l’aureola scompare». Forse qualcuno, a sinistra e al Quirinale, ha sopravvalutato i pentastellati nel superiore interesse di evitare a tutti i costi le elezioni? «Forse i grillini hanno perso la testa anche dopo la scissione di Di Maio. Un incidente che ha accelerato la rovina». Parliamo di percentuali. Qual è la probabilità di precipitare verso le elezioni? «Vedo il voto intorno al 50%. Il boccino ce l’hanno in mano Berlusconi e Salvini. A Giorgia Meloni, determinatissima sulle elezioni, vorrei dire una cosa: attenzione, perché quegli italiani che si sono rotti le scatole e vogliono le urne, poi sono gli stessi che a votare non ci vanno». E dunque? «Se andremo al voto a settembre/ottobre, con l’inflazione a due cifre, con il gas a singhiozzo, con il Covid che restringe gli spazi di relazioni umane, qualche elettore potrebbe chiedersi: che facciamo? Ce ne strafottiamo di tutto, solo perché qualche politico vuole arrivare primo?». Insomma, lei cosa si aspetta?«Partiamo dal fatto che questa è una crisi scoppiata fuori dal parlamento: dentro le camere, Draghi, i numeri ce li ha». Quindi?«Bisogna anzitutto vedere se mercoledì Draghi fa una semplice relazione al Parlamento, oppure apre una discussione. In questo caso i 5 stelle potrebbero avere l’occasione per ridimensionare l’accaduto».E a quel punto Draghi dovrebbe fare finta di niente?«A quel punto un politico normale dovrebbe prendere atto della nuova situazione e rimettere in piedi il governo». Ma a quali condizioni?«Come quel fumetto sul Corriere dei Piccoli, Draghi direbbe a tutti: “La prossima che mi fai, io mi licenzio e tu te ne vai”. Al primo mal di pancia di M5s o Lega, lascio tutto».Difficile pensare a uno scenario simile, in queste ore. «Poi, detto questo, mi faccia pure sottolineare una cosa: ricordiamoci anche che Cincinnato, nei tempi antichi, durò solo sei mesi». Sarebbe a dire? «Il periodo di “dittatura”, tra virgolette, di governo emergenziale, non può nemmeno durare all’infinito. Sennò è la fine della democrazia. È vero che siamo in una fase particolare, però bisogna stare attenti». Anche lei vede il rischio di emergenza permanente?«Io dico che se Draghi se ne va davvero, ci vuole un patto con gli italiani: mai più un tecnico a Palazzo Chigi. Mai più». Serve un politico, insomma?«La gestione politica di un governo deve essere riservata alla politica. Ma secondo lei in Germania o in Francia avrebbero mai messo un banchiere centrale a fare il capo del governo?».No?«Con tutta la simpatia per Draghi: perché in Italia dobbiamo avere questa sorta di complesso di inferiorità della politica rispetto ai tecnici?».Forse perché la classe politica si è incartata da anni? «Per l’amor di Dio, in parte è vero anche questo. Ma non tutta la classe politica è da buttare via». Torniamo all’oggi. Il più terrorizzato dal voto è Enrico Letta?«Sì perché con l’uscita di scena, salvo soprese, dei cinque stelle, il Pd sul piano strategico si ritrova in un vicolo cieco». Un vicolo? Ma non doveva essere un campo largo?«No, diciamo che con questa crisi si celebra il funerale del campo largo. È finito nell’inceneritore. È diventato un campetto di periferia». Un consiglio a Letta? «Guardare all’esperienza di Puglia e Campania. Se il Pd vuole essere minimamente competitivo, deve essere una calamita per il centro. Sennò alle elezioni non ce la faranno mai». E lei con chi si allea alle prossime elezioni? Cercherà collegi uninominali? «Quasi quasi a Benevento corro da solo. Chissà. Nel ’94 lo feci e vinsi». E a livello nazionale?«Sogno la Margherità quattro-punto-zero. Con Renzi, con Toti, con Di Maio. Sono diverso da loro, ma ero diverso anche da Romano Prodi e Franco Marini. Il punto è che il centro esiste già, per il semplice motivo che gli altri hanno tutti fallito». Tutti?«Tutti, anche quelli del centrodestra, diviso tra filoamericani e filorussi. Potranno vincere sulla carta, ma faranno fatica a governare. Se poi pensiamo che al Senato, a naso, la maggioranza si giocherà sul filo di 3-4 senatori…». Ma non c’è più tempo per allestire il cantiere del «grande centro». O no? «Il centro c’è. Quanto sia grande, non lo sa nessuno».
Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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