2022-10-08
Appaltopoli regionale. Indagato Bardi, decapitata la giunta
Maxi operazione dell’Antimafia di Potenza: in 100 sott’inchiesta. Nei guai tre assessori e un ex. Spuntano anche i clan calabresi.«Mia moglie è calabrese, io basta che mando un messaggio “potete venire” e poi me ne vado in galera come cristo comanda. Loro lo sanno e per questo mi tengono», spavaldeggiava il consigliere regionale di Forza Italia Francesco Piro. Dietro le sbarre ci è finito davvero, su richiesta della Procura antimafia di Potenza, per un’inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Curcio e dal pm Vincenzo Montemurro che entra a gamba tesa nella giunta della Regione Basilicata guidata dal generale in pensione Vito Bardi, finito tra gli indagati (tentata concussione, traffico illecito di influenze e abuso d’ufficio) insieme a mezza giunta. L’assessore all’Agricoltura Francesco Cupparo (Forza Italia) e l’ex assessore alla Sanità Rocco Leone (ora con Fratelli d’Italia, ma all’epoca dei fatti in Forza Italia) sono stati esiliati nei loro paesi d’origine con un obbligo di dimora. Secondo l’accusa sarebbero stati «i principali protagonisti» delle «continue richieste di sistemazioni di amici». E sono indagati anche l’attuale assessore alla Sanità Francesco Fanelli e l’assessore alle Infrastrutture Donatella Merra (entrambi della Lega). Accusati, insieme a Bardi, di aver defenestrato l’ex direttore generale dell’Ospedale San Carlo (il polo sanitario più grande della regione) Massimo Barresi, sostituito da Giuseppe Spera, manager già scelto dal centrosinistra e subito tornato in sella. Ora è anche lui indagato, con divieto di dimora a Potenza e l’interdizione dalle funzioni pubbliche. L’accusa è di induzione indebita, per i desiderata del consigliere Piro nello spostare sullo scacchiere della Sanità dirigenti medici che avrebbero aiutato il politico a livello elettorale in quello che considerava il suo feudo: Lagonegro. Dove pure il sindaco, Maria Di Lascio, è finito nella ragnatela investigativa dei carabinieri del Ros e degli investigatori della Squadra mobile (il gip ha disposto gli arresti domiciliari). «Sulle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e l’elezione del sindaco del Comune di Lagonegro», si legge nell’ordinanza, «le decisioni strategiche provenivano dai soggetti politici indagati appartenenti al Consiglio regionale della Basilicata e in ragione delle funzioni da questi esercitate». In particolare, «il consigliere regionale Piro», è riportato negli atti, avrebbe cercato «di influenzare le elezioni del futuro sindaco mediante ingerenze illecite e favoritismi nelle nomine, trasferimenti e assunzioni in sanità e in società su cui i pubblici ufficiali potevano esercitare influenza abusando della carica». Il sindaco in cambio avrebbe chiesto ai gestori delle compagnie telefoniche di disattivare i ripetitori dei cellulari in determinate zone della Basilicata, così da impedire agli elettori che non sostenevano Piro di essere raggiungibili e quindi influenzabili da altri. Approfittando di alcuni lavori, Di Lascio ha chiesto a un tecnico: «Dovreste sospendere il funzionamento per il tempo dei lavori, uno o due giorni». La richiesta ovviamente è stata respinta dai gestori della telefonia mobile. Ma le strategie del consigliere forzista sarebbero andate ben oltre. Aveva in mente un progetto editoriale. Che pure è finito documentato nell’inchiesta. Per metterlo su era partito alla volta di Francavilla in Sinni, comune che qualche tempo fa ha anche celebrato le origini del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese con una conferenza in pompa magna, per incontrare un vecchio appartenente a Forza Italia: Guido Viceconte, ex parlamentare trombato dopo un veloce passaggio nel centrosinistra (non indagato). Il progetto editoriale era stato meditato da un altro ex parlamentare di Forza Italia, Vincenzo Taddei (non indagato), ipotizzando l’utilità di «una voce nostra da usare sul territorio». Anche perché, stando al racconto dei protagonisti, i rapporti con la stampa locale erano pessimi. Ed è in questo momento che Piro se ne esce ancora una volta con le sue relazioni calabresi. Visto che gli editori di un quotidiano che pubblica in Basilicata sono cosentini, tira fuori di nuovo le sue relazioni: «Non l’ho mai fatta questa cosa, però mi sa che la devo fare». Nel capoverso successivo, infatti, la Procura antimafia valuta «quantomeno in senso lato, la connessione con l’attività di associazioni di tipo mafioso». Ma c’è anche un episodio di cui si vanta il consigliere a telefono: in un cimitero avrebbe malmenato un ingegnere del Genio civile che l’aveva «fatto incazzare»: «Pigliai una pala, feci boomboom [...] 125 giorni di prognosi, stava morendo». E ancora: «Posso adottare tutti i sistemi che voglio, sanno da dove arriva mia moglie, lo sanno bene».Nell’inchiesta sono indagati in circa cento. Ma solo 39 nomi sono finiti nell’ordinanza di custodia cautelare. I fatti si sono snodati su tre filoni principali. Uno riguarda la costruzione di un nuovo ospedale a Lagonegro (cavallo di battaglia del consigliere Piro, che dopo la notifica dell’ordinanza si è dimesso), una struttura mai costruita perché il progetto non fu approvato dal ministero della Salute e perché l’area individuata non era idonea, con tanto di tentativi, sostiene la Procura, di imporre all’avvocato della Regione, che si oppose, di agire per il licenziamento di Barresi. Proprio dalla denuncia del manager che il centrodestra voleva allontanare dall’incarico, sono cominciate le indagini (che poi si sono avvalse pure della testimonianza di uno degli uomini più vicini al governatore lucano: Mario Araneo).Su questo punto Bardi ha spiegato che le delibere di giunta chiamate in causa in relazione ad alcune vicende sono «atti pubblici, senza secondi fini».In questo capitolo è indagato anche il neo eletto senatore di Fratelli d’Italia Gianni Rosa. C’è poi un’ipotesi di traffico di influenze a carico del governatore (che in passato è stato vice comandante generale delle Fiamme gialle) per aver tentato di favorire un giovane finanziere che voleva ottenere una destinazione più vicina a casa. E un’accusa di peculato per l’utilizzo a fini personali di tamponi acquistati da un’Asl. A marzo 2020, quando i tamponi erano di difficile reperimento, Bardi, secondo l’impostazione della Procura, ne avrebbe scroccati una manciata per sé. «Mi sono sottoposto per ragioni sanitarie, non per favoritismo», ha replicato il governatore (al quale è stato sequestrato il telefono cellulare): «La mia vita è sempre stata improntata alla legalità e al rispetto delle regole». Poi ha spiegato che la sua volontà è quella di andare avanti e di portare a termine il mandato. Ora però probabilmente dovrà pensare a rifare la giunta.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)