
Caos alle esequie di Maati, ucciso in strada nel Fiorentino. Ipotesi regolamento di conti.Nemmeno ai funerali ha avuto pace Maati Moubakir, il diciassettenne di Certaldo trovato morto per le strade di Campi Bisenzio, sempre nel Fiorentino, intorno alle 5.30 del 29 dicembre. Fuori dalla chiesa di Certaldo, dove il giovane viveva con il padre - cittadino italiano di origine maghrebina -, la madre italiana (nata e cresciuta lì) e la sorella minore, due ragazzi subito dopo la cerimonia si sono messi a litigare. Prima qualche insulto, poi è partita la zuffa e, a quanto risulta, uno dei due avrebbe estratto un coltello. I carabinieri sono quindi intervenuti per bloccarli e identificarli. «Vergogna, vergogna», «Figlio di p...», hanno inveito alcuni amici di Maati contro il giovane armato, «sei venuto col coltello al funerale dopo quello che è successo!».Il delitto risale ai giorni precedenti la fine dell’anno, quando Maati Moubakir è stato ucciso a coltellate dopo una notte in discoteca. Il corpo del ragazzo è stato ritrovato per strada la mattina presto del 29 dicembre. Per l’omicidio risultano indagati sei giovani, di cui tre arrestati (tra i 18 e i 22 anni) e tre ancora a piede libero. «Non ho fatto niente, non sono stato io», sono le ultime parole del diciassettenne, registrate dalle telecamere dell’autobus su cui ha cercato di fuggire prima di essere braccato dal gruppo di assassini. Secondo le forze dell’ordine, però, la rissa fuori dalla chiesa non avrebbe nulla a che vedere con l’omicidio. Da quanto emerso, un giovane si sarebbe recato apposta da Poggibonsi (Siena) a Certaldo, sapendo che al funerale avrebbe trovato un amico di Maati con cui doveva regolare dei conti. Nello specifico, si tratterebbe di un litigio per una ragazza, risalente però a qualche giorno prima. I due hanno cominciato a offendersi, finché il giovane venuto da Poggibonsi ha colpito l’altro con un pugno. Alcuni testimoni sostengono di averlo visto con in mano un coltello. Il tutto è avvenuto mentre il padre di Maati, Farid Moubarik, e gli amici portavano a spalla la bara del loro caro fino al cimitero. Lo stesso padre, oltre al maresciallo dei carabinieri, è andato a richiamare i giovani per portare calma. La lama, tuttavia, non è stata trovata. L’episodio, come detto, non pare legato all’omicidio, ma è senza dubbio indice di una situazione di tensione tra i giovani della provincia fiorentina. La vicenda di Maati, ritratto al funerale come un talento calcistico, sta intanto seguendo il suo iter giudiziario. Secondo gli inquirenti, potrebbe essersi trattato di un’azione punitiva dopo che alcuni suoi amici, durante la serata in discoteca, avrebbero sferrato sputi e offese a delle ragazze. Martedì scorso, si è tenuta l’udienza di convalida e gli interrogatori di garanzia per i tre giovani arrestati in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Tutti, in maniera diversa, negano di aver partecipato all’accoltellamento - al limite solo all’aggressione iniziale - rimbalzandosi le responsabilità tra di loro. Dalla ricostruzione della Procura, Maati sarebbe stato prima aggredito e poi «ripetutamente accoltellato in momenti diversi». Anche «quando era già gravemente ferito» e cercava di scappare salendo a bordo di un autobus di linea, gli aggressori lo avrebbero «fatto scendere con violenza per poi essere mortalmente nuovamente colpito». Oltre all’omicidio volontario, sugli imputati pesano dunque anche le circostanze aggravanti dall’aver agito per futili motivi e con crudeltà, «alla luce della particolare efferatezza dell’azione criminosa, palesata nell’azione delittuosa nonostante la giovanissima età degli indagati».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





