Nel duello Usa-Europa per i mega droni armati spunta il terzo incomodo russo

- C'è un'importante competizione in ambito militare della quale si parla poco ma che sta costringendo Usa ed Europa a rincorrersi sul piano tecnologico. È quella per la creazione dei velivoli armati a controllo remoto (Ucav, unmanned combat aerial vehicle), veri mostri tecnologici. Ora a calare l'asso è Vladimir Putin
- Mentre in India c'è rissa per piazzare i velivoli multiruolo. Una novantina di aeromobili saranno acquistati da una casa estera ma con la clausola che almeno l'85% di essi dovrà essere assemblato in loco. Boeing, Saab ed Eurofighter in lizza.
Lo speciale contiene due articoli, video e una gallery fotografica.
C'è un'importante competizione in ambito militare della quale si parla poco ma che sta costringendo Usa, Europa e Russia a rincorrersi sul piano tecnologico. È quella per la creazione dei velivoli armati a controllo remoto (Ucav, unmanned combat aerial vehicle), veri mostri tecnologici in grado di fare un lavoro più complesso rispetto ai droni armati, ovvero quello di volare operando in formazione con un aeromobile da combattimento tradizionale, costituendo per quest'ultimo dei veri e propri gregari della formazione ma agli ordini di un solo pilota, che guida l'attacco. Per poter arrivare a questo risultato, in termini tecnici è necessario sviluppare i migliori algoritmi, i computer più rapidi e meno vulnerabili agli ambienti ostili e sistemi di collegamento (data link) che siano robusti e criptati tanto da divenire sicuri, in modo che l'aeroplano madre non perda mai il contatto con gli Ucav, e che quando questo dovesse avvenire, essi siano in grado di eseguire manovre tali da ripristinare il collegamento o rientrare alla base.
Gli Usa nei 2001 avevano dato il via e poi costruito lo X-47 b sviluppato dalla Scaled composites e poi industrializzato per i militari da Northrop Grumman, un gioiello tecnologico che ha già dimostrato di poter operare dalle portaerei e di potersi rifornire in volo. Ha infatti volato in formazione con i Super Hornet e si è rifornito dalle aviocisterne KC-767 in modo completamente automatico. Le prove di simulazione in combattimento sono ancora in corso e la Navy spera di vederlo in servizio entro la metà di quest'anno, almeno stando ai programmi del dipartimento della Difesa, che però deve fare i conti con tagli di bilancio che hanno fatto dichiarare più volte all'azienda che al termine delle prove volo il prototipo finirà al museo Smithsonian di Washington. Resta invece fermo il suo fratellastro MQ-25 Stingray, una macchina volante derivata dall'X-47B ma destinata alla funzione di aerocisterna senza pilota.
Un X-47B completa l'atterraggio su una portaerei Usawww.youtube.com
Gli europei hanno invece il programma nEuron lanciato nel 2005, progetto nel quale la capofila è la francese Dassault che lavora insieme con l'italiana Leonardo, la spagnola Eads-Casa, la svedese Saab, la Hai greca e la svizzera Ruag. Sulla carta potrebbe essere il primo vero sistema Ucav europeo che per molti sistemi sviluppati con lo standard Nato potrebbe affiancare il progetto americano nell'equipaggiamento dei reparti. In questo caso, trattandosi ancora di un dimostratore tecnologico che dal 2017 sta completando le prove di volo in Francia, il nEuron ha finora volato in missioni tecniche arrivando però a trovarsi in formazione con un Dassault Rafale e un Falcon 8X, aeroplani che rappresentano quindi il meglio della produzione francese. Lasciando quindi ben poco spazio mediatico agli altri partner. Un modo per dire che se i fondi per proseguire dovessero mancare, Parigi sarebbe in grado di proseguire da sola. Stando a Dassault costerà circa 25 milioni di euro ad esemplare, ognuno dei quali porterà una coppia di bombe da 230 kg.
Terzo incomodo apparso per la prima volta alla fine di gennaio presso il centro di collaudo della Novosibirsk aircraft production organization (Napo), è il russo Sukhoi S-70 Okhotnik, che nella configurazione e disposizione degli impianti sembrerebbe molto simile agli altri due. Il nome significa "cacciatore" e anche lui è costruito con ampio utilizzo di materiali compositi e vernici radio-assorbenti, in modo da favorire le caratteristiche di invisibilità ai radar, dette stealth. Questa è una caratteristica presa in prestito dal caccia Su-57, mentre pare che il motore sia lo stesso AL-41FM1 installato sul Su-35s e dotato di spinta vettorabile (ovvero direzionabile). I russi hanno quindi cominciato a farlo rullare insieme con un Su-57 appositamente modificato, una sorta di aereoplano madre che proprio per l'occasione mostra sulle derive il simbolo dell'Ucav Okhotnik con una saetta che lo lega al caccia di quinta generazione. A difforndere le prime immagini delle prove di rullaggio un video postato su Youtube nel quale lo S-70 viene agganciato a un trattore K-700 del quale si conoscono le dimensioni e, in base a queste, è stato possibile stabilire che l'Ucav di Putin avrebbe un'apertura alare di circa 20 metri e un peso massimo al decollo di 19 tonnellate, parametri molto simili all'americano X-47B, ma con armamenti che prevederebbe anche missili aria-suolo oltre alle bombe a guida laser. A dare il via alla costruzione dello S-70 e non del MiG Skat (un progetto del 2006), fu il Ministero della Difesa russo alla fine del 2012. Sempre la Difesa russa per voce del viceministro Alexey Krivoruchko avrebbe in programma di cominciare i voli dell'Okhotnik ai primi giorni di marzo.
In India scoppia la battaglia industriale per i nuovi velivoli multiruolo
L'Aviazione indiana ha la necessità di acquisire ben 110 velivoli multiruolo per svecchiare l'attuale flotta composta da vetusti Su-30MKI, Mirage 2000,MiG-29, MiG-21 e Hal Tejas.
Così quella che si sta giocando tra Europa, Francia, Usa, Svezia e Russia è la più grande competizione oggi aperta al mondo per nuovi aerei da combattimento. E a parte lo Hal Tejas, che sarà soppiantato da un nuovo aeroplano realizzato internamente, tutti gli altri, ovvero una novantina di aeromobili, saranno acquistati all'estero ma con la clausola che almeno l'85% di essi dovranno essere assemblati in India nell'ambito di una partnership strategica. La richiesta di proposte finali provenienti da vari Paesi è ancora in fase di definizione, ma chi dovesse aggiudicarsi il contratto potrà guadagnare una cinquantina di miliardi di dollari, una cifra tale da spingere sei produttori a firmare accordi con altrettante aziende indiane alle quali affidare parte della commessa. Gli americani vogliono vendere all'India i Boeing Super Hornet potendo contare su Dynamatic Technologies, Mahindra Aerospace & Defense e Hindustan Aeronautics. Caratteristiche tecniche a parte, dal punto di vista industriale Boeing sta già costruendo una fabbrica di 42 acri nei pressi di Bangalore, sull'aeroporto di Kempegowda. Qui confluirebbero i già selezionati 160 fornitori che insieme contano 1.679 ingegneri e 6.000 operai. Anche Lockheed Martin partecipa alla gara con la proposta per gli F-16 Block 70 affidati a Tata Advanced Systems che ne sta già costruendo le ali a Hyderabad. Nel caso di vittoria di Lockheed Martin, le startup coinvolte sarebbero oltre 400. I francesi ovviamente ribattono con il Dassault Rafale che sarebbe prodotto da Reliance Group, Mahindra, Maini Group, TAL Manufacturing Solutions, Defsys Solutions. I transalpini mettono sul piatto anche un contratto per la manutenzione di motori turbofan, tecnologia che l'India vuole acquisire, e la possibilità di fornire anche la versione imbarcata del caccia francese in 57 esemplari.
Il resto d'Europa (Italia, Germania e comunque vada Brexit l'Inghilterra), vorrebbe che Dheli acquistasse gli Eurofighter Typhoon, che sarebbero in questo caso dalla Hindustan Aeronautics (HAL), con l'opzione di Airbus di far costruire in India parti dell'aeroplano da trasporto C295W dalla Tata e dalla Mahindra Defense, già attiva per assemblare gli elicotteri di Tolosa. In caso passasse questa scelta, la ricaduta per l'Italia sarebbe comunque minima.
Gli svedesi spingono il loro Saab Gripen E, il più economico tra i velivoli in gara, proposto in costruzione presso gli stabilimenti Adani Group. L'idea svedese è quella di replicare la partnership che ha sviluppato in Brasile negli ultimi dieci anni, riuscendo ad abbassare i costi di produzione del suo velivolo trasferendo tecnologia e know-how per il settore militare dei sistemi elettronici. Ma sul tavolo della Hal ci sono anche due proposte russe. Una per il MiG-35, che costituirebbe una scelta conservativa rispetto alla flotta attuale che porterebbe in India tecnologia dell'ultima generazione affidando alle maestranze locali l'intera costruzione e proseguendo sia gli scambi di forniture attualmente in corso tra Nuova Dheli e Mosca, l'altra per i Su-35 Flanker-E, versione moderna degli attuali Su-30MKI in dotazione all'aviazione indiana. Difficile dire chi vincerà, ma certamente oltre alle ricadute industriali contano le capacità tecniche e operative, che in quella zona del mondo privilegerebbero l'Eurofighter oppure il Mig. Ma come spesso avviene, il fattore determinante sarà il risvolto politico e quello non dichiarabile. Lo stesso che all'Italia, senza dimostrazione di esistenza, costò il contratto per gli elicotteri di Agusta Westland.





