
La Mattel sforna bambole ispirate a Frida Kahlo, Amelia Earhart e Katherine Johnson. Nell'era dello scandalo Weinstein l'omaggio a tre icone femminili è una geniale trovata di marketing. Per evitare boicottaggi a quello che è il simbolo della donna oggetto.Si dice, con efficace paradosso, che il gioco è una cosa seria. Oggi pare essere diventato una cosa serissima. La Mattel infatti ha appena realizzato per l'America una collezione di Barbie «celebri», ossia con le sembianze di Frida Kahlo, Amelia Earhart e Katherine Johnson (rispettivamente un'artista, un'aviatrice e una scienziata). La collezione si chiama inspiring women e vuole «rendere omaggio a delle incredibili eroine del nostro tempo, autentiche donne icona». La nuova collezione ha subito sollevato qualche polemica: gli eredi della Kahlo, per esempio, non hanno gradito la trasmutazione dell'artista - spirito libero e anticonformista - in una smancerosa Barbie; mentre alcuni pedagogisti ne contestano l'«intellettualismo» che sembra voler solleticare più le ambizioni del genitore che l'indole del bambino, in un'età dove il gioco dev'essere anzitutto spensierato; per altri invece si tratta di una geniale trovata di marketing, in concomitanza con il caso Weinstein e il movimento Metoo. Sembra che la Mattel - subodorato il clima di vendetta alla cieca - abbia voluto muoversi in anticipo rispetto a possibili critiche o boicottaggi («barbie», in tutte le lingue del mondo, è sinonimo di «donna oggetto»). Mettendo ben in vista sul mercato alla non modica cifra di 30 dollari (l'ispirazione ha pur sempre un prezzo) tali meritorie riproduzioni di «donne coraggiose che hanno preso dei rischi, cambiato le regole e aperto la strada a generazioni di ragazze, spingendole a sognare più in grande di quanto avessero mai fatto», l'azienda si è fabbricata un alibi su misura che le porterà pure dei bei quattrini.Fin dalla sua creazione nel 1959 - la Barbie - questa sorridente bamboletta di plastica (per numeri, quasi 1 miliardo, la più venduta di sempre) è stata una sorta di cartina tornasole della condizione femminile; anzi, legata com'è ai destini di gioia e dolore della donna, pare quasi la sua bambolina vudù. Durante il boom economico, Barbie era la benestante che assieme all'aitante Ken si gode la vita, nonché l'infinito guardaroba; poi, negli anni della contestazione, è stata bandita dalle femministe e tolta di mano alle bambine, in quanto figura donnesca superficiale e prona all'ideale maschile. Oggi è vietata in molti Paesi islamici. In Arabia Saudita, per esempio, è prescritto che «le bambole ebree Barbie, con i loro vestiti succinti, accessori e atti sgualdrineschi, sono un simbolo di decadenza del pervertito Occidente dal quale bisogna guardarsi»; alcuni terzomondisti non gradiscono la sua fisionomia smaccatamente nordica e la vorrebbero più negroide; di recente ne è stata persino rimodellata l'anatomia - dalle iniziali fattezze filiformi - per evitare che condizioni troppo gli archetipi estetici delle bambine, inducendole magari da grandi all'anoressia. Insomma, attraverso le sue trasformazioni e vicissitudini, è possibile comporre una minima, ancorché veritiera, storia della donna (non a caso la sua biografia italiana, scritta da Nicoletta Bazzano, s'intitola La donna perfetta. Storia di Barbie). Già Johan Huizinga, in Homo ludens, insegnava che «si possono negare quasi tutte le astrazioni (bellezza, giustizia, verità, bontà…) ma non il gioco» dentro il quale «si riconosce lo spirito». Ebbene, in queste nuove Barbie si riconosce lo spirito stravolto del nostro presente che trascina nel mondo dei bambini quello assai disastrato dei grandi, pensando che ciò rappresenti una «crescita» (è l'ultimo trend in fatto di educazione, dato che pure la Disney ha annunciato che la sua prossima eroina sarà una lesbica). Per tali motivi ci aspettiamo presto una collezione di Barbie-Metoo con i visi angelicati di Ashley Judd, Rose McGowan, Paz de la Huerta e - al posto del fido Ken - un Harvey Weinstein torvo e grassoccio, magari da evirare con delle forbicine accluse (d'altronde la stessa decapitazione inflitta da certe bambine alla propria Barbie viene interpretata dagli psicologi come un rito di passaggio all'età adulta). Senza tacere, infine, che ogni personaggio storico, per quanto osannato o posto sopra un alto piedistallo etico, ha sempre delle zone grigie, fecciose, inadatte all'infanzia: certi quadri sanguinolenti o crudamente ginecologici della Kahlo toglierebbero il sonno per giorni a qualsiasi bambina, anziché «ispirarla». Meglio dunque ripiegare su ben più collaudate principesse, sospirate da principi azzurri sopra bianchi destrieri, e lasciare che - almeno per i bimbi - il gioco resti un gioco. Ne avranno di tempo per trovare i loro modelli e disgustarsi del mondo.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






