2020-12-03
Bar e ristoranti potevano restare aperti. Conte li ha chiusi contro il parere del Cts
(Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images)
Per i tecnici, bastavano i protocolli esistenti. E ora gli hotel rischiano una doppia beffa.Ma che cosa mai avranno fatto di male i ristoratori, i baristi e gli albergatori, a Giuseppe Conte e compagni, per essere trattati come reietti se non proprio da nemici? Che cosa hanno combinato, le tre disgraziate categorie, per far sì che il governo giallorosso abbia dovuto addirittura mentire, pur di colpirli a morte? Ieri Il Tempo ha scoperto che il Comitato tecnico scientifico, l'olimpica entità che al tempo del Covid regola le nostre povere vite, non ha mai suggerito la chiusura di bar e ristoranti, poi decisa da uno dei troppi decreti del presidente del Consiglio dei ministri, il dpcm numero 22 del 25 ottobre. Al contrario, in una riunione del 17 di quello stesso mese, il Cts aveva ritenuto validi i protocolli in base ai quali ristoratori e baristi da maggio (spendendo e investendo) avevano messo in sicurezza i locali, e aveva proposto tutt'al più qualche controllo aggiuntivo sul rispetto delle prescrizioni di sicurezza. Nel verbale del Cts di due mesi fa, testualmente, il Cts si limitava a segnalare «la coerenza della limitazione già prevista dalle raccomandazioni vigenti per i contesti domestici relativa al numero massimo di persone che possono condividere il medesimo tavolo all'interno dei locali di ristorazione». Secondo i tecnici, insomma, baristi e ristoratori non avrebbero dovuto modificare di una virgola il loro lavoro, e avevano la possibilità di andare avanti tutto il giorno, a pranzo come a cena. Dovevano solo continuare a limitare gli affollamenti, disinfettando bene gli ambienti. Le cronache di fine ottobre, invece, descrivevano un governo preoccupato e costretto ad agire a causa dell'allarme del Cts. Insomma, era stato soltanto per quell'allarme se, dopo un ultimo consulto con il ministro della Salute Roberto Speranza, il 25 ottobre Conte aveva imposto a ristoranti e bar la chiusura dalle 18, e l'asporto come unica alternativa d'incasso. Oggi, invece, si scopre che il disastro dei pubblici esercizi di queste settimane è stato frutto di una scelta squisitamente politica, non motivata tecnicamente. La scoperta ha spinto Giorgia Meloni a una dura dichiarazione: «Conte deve chiedere scusa e deve risarcire le imprese che avevano investito i loro soldi per adeguarsi», ha detto ieri. «Se i protocolli di sicurezza imposti a queste categorie sono efficaci, le loro attività devono riaprire tutte, e subito».La leader di Fratelli d'Italia pone un'alternativa razionale. Purtroppo, va detto, non c'è razionalità nelle scelte del governo grillocratico (in quanto metà grillino e metà democratico). Per questo viene fatto di pensare che certe decisioni, a Palazzo Chigi e dintorni, vengano assunte in odio verso le categorie destinatarie. Ora, per esempio, la maggioranza ha avviato una paradossale discussione sugli alberghi di montagna, e da giorni il nuovo dpcm di Natale spacca in due l'esecutivo. La norma in preparazione è il solito passepartout onnicomprensivo: tratta di spostamenti, crociere, cenoni, forse anche di tombole e mercanti in fiera. A quanto si legge, però, il pomo della discordia sono gli hotel montani, un'altra categoria che in alcuni evidentemente riesce a suscitare lo stesso misterioso odio di bar e ristoranti. Il ministro di Leu Speranza e i colleghi piddini Roberto Gualtieri (Economia), Francesco Boccia (Affari regionali), Dario Franceschini (Cultura), con il grillino Alfonso Bonafede (Giustizia), vorrebbero chiuderli fino all'Epifania. Teresa Bellanova (Agricoltura) ed Elena Bonetti (Famiglia), di Italia viva, vorrebbero invece tenerli aperti. Sarebbe una beffa, in ogni caso. Se gli spostamenti tra regioni saranno vietati dal 20 dicembre al 6 gennaio, e se tutte le stazioni invernali saranno chiuse, chi ci va in montagna? E se, al contrario gli hotel restassero aperti, con un prevedibile crollo degli arrivi, resterebbero però esclusi dai ristori. Sarà bene chiedere lumi al Comitato tecnico scientifico.
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Giancarlo Tancredi (Ansa)