2023-03-17
Governo e Banca centrale svizzera fanno quadrato su Credit suisse
Il vicepresidente della Bce Luis de Guindos (Ansa)
Riunione dell’esecutivo sul futuro dell’istituto a cui è stata concessa una linea di credito fino a 50 miliardi. Negli Usa il contagio sembra allargarsi: indiscrezioni su un piano di salvataggio per First republic.In Svizzera governo e Banca centrale fanno quadrato attorno al Credit Suisse. Anche su pressing di Stati come la Francia il cui primo ministro, Élisabeth Borne, mercoledì ha chiesto alle autorità di Berna di «intervenire» direttamente. La prima mossa è stata fatta dalla Banca nazionale svizzera (Bns) che ha deciso di fornire all’istituto in difficoltà una linea di credito fino a 50 miliardi di franchi (circa 50,6 miliardi di euro e 54 di dollari) interamente garantita da «attività di elevata qualità», ha sottolineato in una nota mercoledì notte la stessa Credit Suisse annunciando che eserciterà l’opzione. A questo si aggiunge un’offerta pubblica di acquisto in contanti in relazione a dieci titoli di debito senior denominati in dollari Usa per un corrispettivo complessivo fino a 2,5 miliardi di dollari e un’Opa in contanti separata in relazione a quattro titoli di debito senior denominati in euro per un corrispettivo complessivo fino a 500 milioni di euro. Entrambe le offerte sono soggette a varie condizioni e scadranno il 22 marzo, dimostrando l’«approccio proattivo alla gestione della composizione complessiva delle passività all’ottimizzazione degli interessi passivi e ci consentono di approfittare degli attuali livelli di trading per riacquistare il debito a prezzi interessanti», ha dichiarato la banca. Il cui titolo ieri ha così potuto mettere a segno un rimbalzo sulla Borsa di Zurigo segnando un +19,15% dopo essere arrivato a guadagnare il 40% nel corso della giornata. Gli investitori scommettono anche su un intervento del governo federale che ieri ha tenuto una riunione speciale dedicata all’istituto elvetico, il secondo più importante del Paese, all’indomani di un calo storico del prezzo delle sue azioni. Sul mercato sono inoltre circolate indiscrezioni su un possibile intervento, su richiesta del governo, di un altro colosso elvetici come Ubs. Sarebbe la soluzione più probabile per mettere fine alla crisi, sostengono gli analisti di Jp Morgan, che tracciano tre scenari possibili. Oltre a un takeover da parte di Ubs, a cui seguirebbe uno spinoff delle attività bancarie svizzere per problemi di antitrust, gli analisti americani ipotizzano in alternativa un intervento della Banca centrale svizzera (Snb) volto a garantire tutti i depositi o a iniettare capitale - soluzione quest’ultima che si prospetta molto diluitiva per gli attuali azionisti -oppure una gestione autonoma della crisi da parte del Credit Suisse, con la chiusura dell’investment bank, che però potrebbe non essere sufficiente a calmare i mercati. Ieri in serata, però, l’agenzia Bloomberg ha riferito che sia Ubs sia il Credit Suisse sarebbero contrarie a una fusione spinta dalle autorità e dal governo elvetico. E che la prima sarebbe riluttante a farsi carico dei rischi correlati alla concorrente ora in difficoltà. La quale, a sua volta, vorrebbe proseguire da sola nel suo piano di ristrutturazione, dopo aver guadagnato tempo grazie alla linea di credito messa a disposizione dalla Banca centrale svizzera.A rassicurare il sistema è intanto intervenuto ieri anche il vicepresidente della Bce Luis de Guindos nella conferenza stampa che ha seguito il consiglio direttivo di Francoforte sui tassi. «Le esposizioni» delle banche europee «nei confronti di Credit Suisse sono limitate e non concentrate» e in ogni caso l’Eurotower ha «tutti gli strumenti per fornire liquidità nel caso servissero». Le banche europee, ha proseguito de Guindos, «hanno coefficienti patrimoniali elevati, robuste riserve di liquidità, esposizione limitata alle banche degli Stati Uniti e di conseguenza la valutazione complessiva è abbastanza chiara, ovvero che il settore bancario in Europa è resiliente».Mercoledì, ricordiamolo, si è abbattuta una raffica di vendite sul titolo innescata dalle dichiarazioni di Ammar Al Khudairy, presidente della Saudi national bank e azionista di maggioranza del Credit Suisse, che ha escluso un aumento della partecipazione nell’istituto svizzero oltre l’attuale 9,9%. Ieri Al Khudairy, in un’intervista a Class cnbc dopo il crollo del Credit Suisse in Borsa, ha gettato acqua sul fuoco spiegando che «quello che abbiamo visto nelle ultime 24 ore è solo una manifestazione della fragilità dell’intero mercato» e che si tratta di «panico del tutto ingiustificato», perché le misure adottate dalle autorità di regolamentazione permettono di isolare le banche sistemiche, come Credit Suisse, dalle ricadute su ampia scala di fallimenti come quello della californiana Svb che negli Usa rischia di non essere un caso isolato. Dopo il caso di Signature bank, ieri gli occhi si sono spostati sulla First republic bank che, secondo il Wall Street Journal, sarebbe al centro di un piano di salvataggio studiato da Jp Morgan, Morgan Stanley e altre big del credito americano. L’obiettivo sarebbe rafforzare il capitale di quest’altra banca californiana aprendo un paracadute da 25/30 miliardi di dollari.Gli analisti restano perplessi. Il ragionamento è semplice. Se da un lato è confortante che Credit Suisse abbia accesso alla liquidità di cui potrebbe avere bisogno, dall’altro è piuttosto preoccupante che ne abbia bisogno. L’iniezione di liquidità può inoltre essere una misura di supporto nel breve termine, ma difficilmente sarà sufficiente a garantire una soluzione ai problemi della banca che sta gestendo una complessa ristrutturazione e deve recuperare la fiducia sui mercati persa dopo una serie di scandali.
Jose Mourinho (Getty Images)