2020-12-25
Il doppio gioco di Biden nei ballottaggi in Georgia
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Joe Biden con Raphael Warnock e Jon Ossoff ad Atlanta, per la campagna elettorale in Georgia (Ansa)
Il destino del Senato americano passa dalla Georgia. È qui che, il prossimo 5 gennaio, si terranno i due ballottaggi che decideranno la maggioranza in seno alla camera alta. Nessun candidato è infatti riuscito a conseguire in loco una soglia superiore al 50% dei voti lo scorso 3 novembre: elemento che, secondo la legge del cosiddetto Peach State, impone un secondo turno. Si tratta, come accennato, di uno scontro duplice. Da una parte, il senatore repubblicano David Perdue è arrivato alla scadenza naturale del suo mandato di sei anni ed è al momento in competizione con il democratico Jon Ossoff. Dall'altra parte, abbiamo un'elezione speciale, visto che l'attuale senatrice repubblicana Kelly Loeffler ha ottenuto il seggio l'anno scorso su nomina del governatore dello Stato, Brian Kemp, dopo le dimissioni rassegnate dal precedente senatore Johnny Isakson nel 2019. A sfidare la Loeffler è un pastore battista, il democratico Raphael Warnock. Secondo i sondaggi pubblicati dal sito FiveThirtyEight, si tratta di una competizione serratissima. Perdue deterrebbe al momento un vantaggio dello 0,8%, mentre la Loeffler e Warnock risulterebbero appaiati al 48,4%.Tra l'altro, stavolta è anche difficile affidarsi troppo ai precedenti storici. L'ultimo democratico a rappresentare la Georgia in Senato è stato Zell Miller, che ha lasciato il suo incarico nel 2005. La tradizione degli ultimi quindici anni è dunque solidamente repubblicana, ma bisogna comunque tener presente il cambiamento che - alle elezioni novembrine - si è verificato sul fronte presidenziale. Per quanto d'un soffio, Joe Biden è infatti stato in grado di espugnare il Peach State, divenendo così il primo candidato democratico alla Casa Bianca a riuscire nell'impresa dal 1992 (dai tempi, cioè, di Bill Clinton). Ora, è pur vero che gli elettori americani adottino usualmente criteri diversi nel voto per la presidenza e in quello per il Senato: resta tuttavia il fatto che molto probabilmente la Georgia si stia trasformando da Stato repubblicano a Stato in bilico (soprattutto a causa dei cambiamenti demografici in corso nella vasta area suburbana di Atlanta). Un fattore, questo, che di per sé non favorisce evidentemente Perdue e la Loeffler.Dall'altra parte, tuttavia, i democratici non possono neanche gioire troppo. Perché, numeri alla mano, la loro strada per raggiungere la maggioranza in Senato appare fortemente in salita. In primo luogo, non dimentichiamo che l'asinello abbia goduto, nell'ultima campagna elettorale, di cospicui finanziamenti e di forte sostegno mediatico: risorse preziose che avrebbero dovuto produrre un'onda blu che ciononostante non si è verificata. In secondo luogo, teniamo anche presente che, in Georgia, ai repubblicani basterà vincere un solo seggio per mantenere la maggioranza in Senato, laddove i dem necessitano invece di due vittorie. Se l'asinello espugnasse entrambi i seggi, la camera alta risulterebbe infatti spaccata esattamente a metà e i dem ne acquisirebbero il controllo grazie alla vicepresidentessa, Kamala Harris (ricordiamo infatti che è il vicepresidente a intervenire in caso di parità al Senato). Insomma, se Atene piange, Sparta non ride. La confusione resta tanta e non è chiaro come questa intricata situazione andrà a finire.Non è innanzitutto chiaro quale sarà l'impatto del fattore Trump sui ballottaggi. Il presidente in carica sostiene infatti che si siano verificati dei brogli in Georgia e, anche per questo, si è finora rifiutato di riconoscere la vittoria di Biden. Le conseguenze alternative che questa linea può comportare sono due: o determinerà una forte mobilitazione degli elettori repubblicani che considerano il Senato come l'ultimo baluardo contro i democratici oppure vari settori dell'elefantino potrebbero rifiutarsi di votare, considerando il sistema elettorale corrotto. In secondo luogo, attenzione: perché, per quanto paradossale possa sembrare, non è affatto detto che Biden alla fine speri realmente in una maggioranza dem al Senato. Ricordiamo che, in base alla Costituzione, la camera alta si occupa di ratificare la nomina dei ministri. Il punto è che il presidente in pectore sta subendo da settimane le pressioni della sinistra del suo stesso partito, che pretende insistentemente dei dicasteri chiave: dicasteri che Biden non ha tuttavia assolutamente intenzione di concederle. Ecco: non disporre della maggioranza al Senato potrebbe garantire al presidente in pectore una sorta di alibi di fronte ai sostenitori di Bernie Sanders. Del resto, è abbastanza chiaro che Biden stia puntando a nominare una serie di profili non troppo lontani dall'establishment di Washington, nella speranza di ottenere qualche voto favorevole da parte dei repubblicani centristi. Di contro, se l'elefantino perdesse la maggioranza in Senato, Trump potrebbe beneficiarne politicamente: un simile scenario lo renderebbe infatti l'unica figura forte e riconoscibile nell'universo repubblicano, depotenziando al contempo quel Mitch McConnell che - riconoscendo pochi giorni fa la vittoria di Biden - ha già iniziato le manovre per sganciarsi dal presidente in carica. Insomma, una matassa aggrovigliata, che la Georgia potrebbe contribuire (almeno parzialmente) a districare.