2021-01-18
Fedriga: «Avremo il 54% di dosi in meno. Campagna vaccinale a rischio»
Massimiliano Fedriga (Ansa)
Il governatore del Friuli Venezia Giulia: «Decisione dell’azienda inaccettabile, Roma dovrebbe ridistribuire le forniture residue. Ma sono troppo presi a pescare voltagabbana»Massimiliano Fedriga, governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, è da mesi tra i più espliciti nell’indicare il comportamento ondivago e incoerente dell’esecutivo nella vicenda della pandemia, in particolare nel rapporto con le regioni. Dunque, siete stati classificati come regione arancione. Scelta giusta o sbagliata?«In questo momento la cautela è importante, non dobbiamo far alzare la curva. Però quel che avevo chiesto al governo, e purtroppo non sono stato ascoltato, è di iniziare a distinguere. Anche all’interno di uno stesso codice Ateco, ci sono situazioni differenti. Mi spiego con un esempio: perché sono state chiuse le palestre da ottobre, comprese le lezioni individuali? Non dimentichiamo che ci sono persone che, in base a queste decisioni, portano oppure non portano il pane a casa…».Se le cose vanno bene, è merito di Roma, e se vanno male è colpa dei cittadini e delle regioni? «Mi pare che questa - chiamiamola così - filosofia sia entrata nella narrazione dei partiti di maggioranza. Pensi che rispetto a una mia ordinanza contestata da una manifestazione di poche persone, si è presentato facendo il fenomeno il candidato sindaco del Pd per Trieste…». Sveliamo un retroscena. Come si svolgono queste riunioni della conferenza Stato-Regioni? Vi ascoltano e poi fanno come gli pare, oppure è una semplificazione troppo rozza? «Purtroppo molto spesso è così. Ci sono lunghe discussioni, ma poi viene recepito molto poco di quel che proponiamo. Mi pare che in questo momento il governo sia più occupato a dare risposte interne alla sua maggioranza anziché al Paese e agli altri interlocutori istituzionali. E nessuno dica che da parte delle regioni ci siano stati atteggiamenti ostili o pregiudiziali».Scuola, la Azzolina voleva riaprire. Lei è stato tra i più duri nell’indicare problemi e rischi«Intendiamoci: la scuola in presenza è fondamentale. E io vorrei riaprire, ma non per richiudere subito: voglio riaprire quando ci sono le condizioni per arrivare regolarmente a fine anno. Purtroppo al momento tutti i dati del mio gruppo scientifico attestano che le scuole, specie le superiori, presentano il rischio maggiore. E non si tratta dell’aula, ma di tutto ciò che c’è intorno, quando si tratta di istituti con 1.000 ragazzi più docenti e personale».Qualche dato?«A dicembre la fascia più colpita dal virus era quella tra i 10 e i 19 anni, malgrado che la parte tra i 14 e i 19 avesse già registrato una riduzione dei contagi grazie alla didattica a distanza. Come sappiamo, le conseguenze per i ragazzi sono lievi, ma il rischio del passaggio del virus ai familiari è altissimo».Tempistica delle decisioni. Da ottobre a oggi, siamo alla quinta o alla sesta volta in cui ai cittadini si danno appena 24-48 ore per adeguarsi a regole sempre più astruse. Si può andare avanti così?«Questa è in assoluto la cosa peggiore. Tra tutti gli imprenditori che incontro, quasi nessuno si dichiara indisponibile a sacrifici. Ma tutti chiedono con forza due cose: da un lato ristori degni di questo nome, e dall’altro sapere per tempo le decisioni per organizzarsi. Ad esempio, per la scuola, la mia regione ha preso le decisioni il 4 gennaio e varranno fino al 31. Ognuno ha diritto di sapere come organizzarsi».Ci dica la sua sui famigerati 21 parametri. A ottobre ci avevano spiegato che così non ci sarebbe stata più discrezionalità, che tutto sarebbe stato affidato a un algoritmo. Sta di fatto che, a prezzo di sacrifici, a inizio dicembre tutta Italia era gialla, al punto che il governo mise le penne del pavone e lanciò l’iniziativa natalizia del cashback. Poi è bastata qualche foto per scatenare l’ondata di chiusure…«Sin dal momento della prima divisione in colori, avevo detto che quei parametri e soprattutto il loro uso non mi convincevano: mi sembravano più retrospettivi che di prospettiva. Ad esempio, quando la mia regione è stata per la prima volta considerata arancione, i miei dati dicevano altro. E quando invece, in base a quei parametri, sarei dovuto ridiventare giallo, i miei dati indicavano un peggioramento. La realtà è che davanti a decisioni che incidono così tanto sulla vita dei cittadini, la politica non può deresponsabilizzarsi. E poi…».E poi?«Ora la situazione è oggettivamente cambiata. Da tempo ho proposto anche di prendere decisioni nazionali, se necessario superando le differenze regionali».Ma secondo lei, a Roma hanno idea di ciò che sta accadendo alle attività produttive? Solo nel 2020, ci sono state 300.000 aziende chiuse. Quest’anno avremo uno tsunami di fallimenti, e a cascata, quando finirà il blocco, anche di licenziamenti…«Secondo me non si rendono conto. Anche all’inizio dell’operazione ristori, erano convinti che le somme fossero adeguate, ma non è assolutamente così. Le racconto l’ultima: il titolare di una palestra chiusa da ottobre ha ricevuto appena 1.500 euro. Pazzesco, ci rendiamo conto? Le faccio un esempio per spiegarmi: sono commissario del progetto terza corsia A4, opera strategica. Se per ragioni di pubblica utilità devo espropriare un terreno, ho il dovere di pagarlo adeguatamente. La stessa cosa dovrebbe valere qui: se il governo ti fa chiudere, deve farti arrivare soldi veri».Però, ora che abbiamo illuminato le responsabilità del governo, mi permetta di essere esplicito anche verso le regioni. La scorsa primavera, foste bravissimi a spingere per riaperture ragionevoli. Stavolta, come mai non si ha la sensazione di un’analoga operazione delle regioni per favorire una riapertura, sia pure accompagnata da cautele, precauzioni e protocolli? «Però in questo momento la situazione della pandemia è molto diversa dalla scorsa primavera. Quando c’era la possibilità di aprire, ci siamo battuti per farlo. Oggi la diffusione del contagio è molto ampia, e la pressione ospedaliera è notevole. Annoti le cifre: nel momento peggiore della prima ondata, qui in regione eravamo a circa 250 ricoveri ordinari e 63 in terapia intensiva; oggi ne abbiamo 700 ordinari e 68 in intensiva…».La metto in un altro modo. Se però servirà quasi un anno per la campagna di vaccinazione, mica possiamo tenere l’Italia blindata per altri 10-11-12 mesi. «Io credo che con l’arrivo della stagione bella, come accade per tutti i virus influenzali e com’è già accaduto l’anno scorso, ci sarà un calo dei contagi, e questo ci aiuterà. Dopo di che, non c’è dubbio che l’Ue sia stata assolutamente lenta e poco reattiva anche rispetto alla partenza della campagna vaccinale. Qui a livello regionale siamo già organizzati bene, nonostante non ci siano stati inviati supporti di personale: ma se non arrivano i vaccini serve a poco…».Governatore, conferma che la sua regione ha subìto una riduzione maggiore delle altre delle dosi di vaccino Pfizer? Come pensa di reagire?«Sì è inaccettabile. Questa settimana abbiamo visto un taglio del 54% delle dosi, ne va della campagna vaccinale, rischiamo di doverla rallentare. Mi dicono che sia stata la Pfizer a decidere unilateralmente. È necessario comunque almeno provvedere alla ridistribuzione perché non è possibile che alcune regioni siano estremamente più penalizzate di altre».Tra oggi e domani Conte concluderà la sua caccia ai cosiddetti «responsabili» in Senato. Ma non si era scritto per anni che si trattava di odiosi voltagabbana? «È una situazione politicamente intollerabile. Ci troviamo di fronte a un M5s che sta facendo tutto quello contro cui diceva di voler combattere, e farà un’altra esperienza di governo insieme a quelli con cui dichiarava di non voler stare mai…».Come mai secondo lei, a inizio legislatura, nel lungo stallo postelettorale del 2018, non fu consentito al centrodestra di cercare responsabili? Sarebbero serviti 50 deputati e 20 senatori, e in quel clima sarebbe stato assai probabile trovarli…«Non aver consentito al centrodestra quel tentativo fu un errore. Il centrodestra era la prima coalizione, e quindi un’operazione del genere avrebbe avuto un legame con le scelte degli elettori, che ci avevano conferito, se non una maggioranza assoluta, almeno una maggioranza relativa. E fu Renzi ad ammettere che il suo partito aveva perso. Ora proprio a quel partito sconfitto nelle urne si consente di fare un governo di minoranza».Si può tenere un Paese inchiodato a questo Parlamento, perché «se no vincono Salvini e il centrodestra»?«Stanno facendo verso Salvini lo stesso errore fatto per anni nei confronti di Berlusconi. Pensano che demonizzando l’avversario, questo basti a governare un Paese: è evidente che non è così. E questo stallo è un danno che si fa all’Italia. Avere un governo forte sarebbe fondamentale anche per difendere i nostri interessi in sede europea e internazionale».E quindi?«E quindi servono elezioni chiarificatrici».Però voi vi sentite sicuri di aver fatto tutto il possibile per delineare un’alternativa? Qualcuno dice che sia le regioni governate dal centrodestra sia l’opposizione nazionale, pur dicendo cose spesso condivisibili, si siano per così dire accontentate di lasciare a verbale il proprio dissenso, senza spingere sull’acceleratore. Condivide questa critica o no? «No. Penso che abbiamo messo sempre davanti, come regioni e come centrodestra, l’interesse generale, senza strumentalizzare. Semmai, sono gli altri che non hanno colto questa occasione. Me lo faccia dire: fecero polemiche quando Salvini parlò di “pieni poteri”, quando era evidente che chiedeva solo di poter andare davanti ai cittadini a chiedere il loro consenso, e invece i pieni poteri se li sono presi loro, ma senza alcun consenso popolare. Non mi pare una differenza da poco…».
Charlie Kirk (Getty Images)
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