
L'azienda propone al personale di devolvere alcune ore del proprio lavoro in favore delle famiglie delle 43 vittime del crollo del viadotto Morandi. Ancora una volta i Benetton si dimostrano insensibili.«Cari Luciano, Giuliana, Gilberto, Andrea, Christian, Massimo, Leone, Paola, Franca, Daniele, Carlo, Alessandro, Mauro, Rossella, Rocco, Barbara e Sabrina, nel caso voleste devolvere volontariamente un po' dei vostri soldi a favore delle famiglie delle vittime della tragedia del crollo del ponte Morandi, rinunciando alla prossima grigliata a Cortina o a una festa in baita o anche solo a un'uscita in mare con il panfilo da 50 metri battente bandiera inglese di cui siete proprietari, vi prego di compilare il modulo qui di seguito riportato». Se io fossi un dipendente di Autostrade per l'Italia, risponderei così alla lettera inviata a tutto il personale dal capo delle risorse umane e delle relazioni industriali dell'azienda della famiglia Benetton. E non perché essendo un lavoratore della società che gestiva il viadotto crollato non vorrei dimostrare l'affetto e la vicinanza alle persone che nella strage di Genova hanno perso uno o più congiunti. Ma perché prima di chiedere ai dipendenti di mettere mano al portafogli per fare beneficenza, forse dovrebbero essere i fratelli di Ponzano Veneto e i loro figli a dimostrarsi generosi e «devolvere spontaneamente» un po' delle loro sostanze a chi a causa di quel disastro ha avuto la vita sconvolta per sempre.La lettera che io suggerisco di rispedire al mittente è arrivata nel trigesimo della morte di 43 persone ai dipendenti dell'azienda di proprietà dei Benetton ed è firmata da Carlo Parisi, che immagino essere un dirigente piuttosto in alto di Autostrade per l'Italia. Nel documento, che è classificato come «Comunicato al personale numero 14», si legge: «Gentili Colleghi, coloro che volessero devolvere volontariamente il valore di una o più ore di lavoro a favore delle famiglie delle vittime della tragedia del crollo del ponte Morandi, dovranno compilare il modulo qui di seguito riportato». Segue prestampato che il dipendente dovrebbe compilare per autorizzare l'azienda a trattenere l'equivalente di un certo numero di ore dalla busta paga del prossimo ottobre. Non so chi sia il genio che ha partorito la pensata, chiedendo ai lavoratori di fare il beau geste a favore dei parenti delle vittime. Se sia stato il suddetto capo del personale o se trattasi di una delle teste d'uovo ingaggiate in quantità dopo il 14 agosto per rifare l'immagine della famiglia di imprenditori dei maglioni. Chiunque sia, è probabile che abbia pensato di aver escogitato un'idea originale e popolare, che avrebbe dimostrato a tutti gli italiani che Autostrade non ha un casello a pedaggio al posto del cuore. Il dubbio circa l'assenza dell'organo cardiaco era venuto nelle primissime ore dopo la strage, mentre le televisioni di tutto il mondo mandavano in diretta le immagini delle vittime sotto le macerie. Invece di manifestare la propria partecipazione al dolore delle famiglie, Autostrade si era affrettata a diramare un comunicato per assicurare tutti quanti di non avere alcuna responsabilità. Pur essendo la società concessionaria del tronco viario, ossia il gestore, quello che incassa e si fa carico della manutenzione e della sicurezza, l'azienda controllata dalla famiglia Benetton era pronta a garantire che fino a un minuto prima del crollo aveva fatto il suo dovere. Punto. Non una dichiarazione di cordoglio, di partecipazione al lutto, non un'offerta di aiuto. Solo un paio di giorni dopo il freddo comunicato delle prime ore, l'azienda con l'anima a doppia corsia si è ricordata dei morti e pur senza scusarsi vi ha fatto cenno. Nel frattempo, però, i Benetton avevano trovato il tempo di festeggiare il Ferragosto a Cortina, di danzare sui tavoli per celebrare un compleanno e di fare un giretto in barca per godersi le vacanze. Al rientro dalle ferie, che si sono fatti «come gran parte degli italiani» (parole di Gilberto, il furbo della compagnia), esclusi ovviamente gli italiani morti sotto il Morandi, ecco che Autostrade e Benetton si mettono una mano sul cuore, cioè sul casello. E dunque, ricordando che il 14 è già passato un mese dalla tragedia, compilano una letterina da inviare ai dipendenti, sollecitandoli a devolvere una o più ore di lavoro a favore delle famiglie delle vittime. Un gesto simbolico e forte, che ha solo due controindicazioni. La prima è che la beneficenza, anche se uno è dipendente della società Autostrade, la fa privatamente e in genere senza bisogno di essere invitato a farla dal padrone dell'azienda in cui lavora. La seconda è che di solito l'esempio viene dall'alto e dunque, prima di chiedere agli operai e ai casellanti, forse a devolvere dovrebbero proprio essere i signori di Ponzano. Anche il pedaggio, quello che ha consentito in vent'anni di accumulare 9,5 miliardi di utili, lo hanno incassato loro, non quelli a cui ora si chiede di rinunciare «volontariamente» a una o più ore di lavoro.
Ursula Von Der Leyen e Kaja Kallas (Ansa)
L’esperto: «Tengono in vita il conflitto per salvare la poltrona. L’alternativa è tra una vittoria di Putin oggi o l’esplosione dell’Ucraina (e anche dell’Europa) domani. Senza più industria e con il caro energia, il riarmo voluto da Bruxelles è un piano da Sturmtruppen...».
«Siamo disposti a prendere atto che la Russia ha vinto, il che però ci consente di assicurare all’Ucraina la sovranità nazionale, o vogliamo portare Vladimir Putin al trionfo con la concreta opportunità che l’Ucraina esploda? Siamo lungimiranti da capire che se ci si ferma qui, concedendo alla Russia ciò si è già presa – a torto o a ragione non è questione – l’Europa si salva o vogliamo condurre l’Ue al rischio di dissoluzione?»
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 3 dicembre con Carlo Cambi
Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
La paura sta spingendo l’Occidente ad adottare i metodi degli autocrati. Diventando insofferente a principi, come libertà e democrazia, in nome dei quali afferma di lottare.
Quando si fanno i conti con un nemico esistenziale, si corre sempre un rischio: diventare come lui, pur di non lasciarlo vincere. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nell’intervista dell’altro ieri al Financial Times, in cui ha lanciato l’idea di un cyberattacco preventivo della Nato contro la Russia, ha svelato da dove nasce uno slancio che pare rinnegare la natura giuridica dell’Alleanza atlantica. Incursioni di droni, malware, campagne di disinformazione orchestrate dal Cremlino.
Federica Mogherini (Ansa)
Perquisiti l’ex ministro degli Esteri di Renzi, poi Alta rappresentante europea, e l’ex diplomatico noto per aver esposto la bandiera del gay pride all’ambasciata italiana. Una vita all’ombra di Prodi, Veltroni, Franceschini...
Naturalmente le accuse nei confronti di Federica Mogherini sono tutte da dimostrare. Così come devono essere provate quelle mosse dalla Procura europea nei confronti dell’ambasciatore Stefano Sannino. Secondo i magistrati, l’ex ministra degli Esteri della Ue e il diplomatico di stanza a Bruxelles avrebbero fatto un uso improprio dei fondi dell’Unione. Le contestazioni nei loro confronti andrebbero dalla frode in appalti pubblici alla corruzione e tra le imputazioni ci sarebbe pure il conflitto d’interessi. Per questo la polizia avrebbe perquisito le abitazioni e gli uffici di Mogherini e Sannino, sottoponendo entrambi al fermo giudiziario.






