2019-05-28
Autonomia, flat tax e sì alla Tav. Salvini detta la sua lista della spesa
Il segretario, che incassa 2,2 milioni di preferenze, mette all'angolo il governo: «Noi leali ma le cose vanno fatte». Messaggio all'Ue: «Abbiamo mandato per ridiscutere i parametri». Totonomi per il commissario, c'è Giancarlo Giorgetti.Alla cerchia degli amici più stretti Matteo Salvini confida che il 34,33% non se lo aspettava nemmeno lui: dopo l'attacco giudiziario e mediatico delle ultime settimane, le più ottimistiche stime leghiste per il voto europeo si fermavano al 30%. Domenica, invece, quello che un tempo veniva chiamato il Carroccio s'è trasformato in un carrarmato e ha incassato 9.153.634 voti, ben 3,1 milioni in più rispetto al Partito democratico e 4,6 in più del Movimento 5 stelle. Basta un solo confronto per cogliere le dimensioni della vittoriosa rivoluzione salviniana: alle politiche del febbraio 2013, dieci mesi prima dell'uscita di Umberto Bossi e del passaggio delle consegne al nuovo capo, quella che ancora si chiamava Lega Nord aveva ottenuto 1.390.000 voti, meno del 4,1% del totale; da allora, gli elettori sono aumentati di quasi sette volte e Salvini è un candidato che, da solo, sfiora i 2,2 milioni di preferenze.Ieri il leader leghista ha manifestato soddisfazione per la vittoria che gli porta in dote almeno 28 seggi nel nuovo Europarlamento, 23 in più rispetto al 2014: «Con gli alleati dovremmo riuscire a costituire un gruppo di 150-200 eletti», ha preannunciato Salvini. Dato che i partiti riuniti sotto il simbolo dell'Europa dei popoli e delle nazioni (a partire dal Rassemblement national di Marine Le Pen) dovrebbero arrivare a una settantina di seggi, è evidente che la Lega punta ad allearsi alla destra europea dei Conservatori e riformisti, che domenica ha ottenuto una sessantina di deputati (cinque quelli di Fratelli d'Italia), ma anche ai 29 eletti a Strasburgo dal Brexit party di Nigel Farage e anche ai 14 grillini.Ovviamente, tutti i riflettori adesso sono puntati proprio sul rapporto tra Lega e M5s, e si cerca di capire che riflessi avrà il voto europeo sugli equilibri romani. Ieri Salvini è stato rassicurante: ha confermato «lealtà al governo», sottolineando che nessuno dei due alleati ne possiede «la golden share», cioè il controllo privilegiato, ma «le cose ora vanno fatte». Ha voluto specificare che «nulla è in discussione», negando esplicitamente di puntare a «riequilibri di potere a livello ministeriale». Ha aggiunto che la somma di Lega e M5s «supera il 50% e rappresenta un unicum a livello continentale». Da leader vittorioso, però, Salvini ha voluto anche tracciare la rotta governativa dei prossimi mesi. E ha preannunciato la riapertura di un negoziato con Bruxelles: «Sappiamo che è in arrivo una lettera della Commissione europea sull'economia italiana», ha ricordato, «ma il voto ha consegnato a me e al governo un mandato forte per ridiscutere i parametri vecchi e superati che hanno portato il nostro Paese a livelli di precarietà senza precedenti». Salvini ha scelto tre avverbi per indicare come intende portare avanti la «ridiscussione» di quei parametri: «totalmente, pacatamente, costruttivamente». Chissà se sarà possibile, visto che la lettera della Commissione dovrebbe arrivare già il 5 giugno e conterrà l'avvio di una procedura d'infrazione per debito eccessivo. Sull'Italia, come non bastasse, dal gennaio 2021 incombe l'incremento automatico dell'Iva dal 22 al 25,2%. Alla trattativa da riaprire con Bruxelles si fonde il secondo grande tema che secondo Salvini merita più incisività da parte del governo: «La riduzione della pressione fiscale è un dovere», ha sottolineato il vicepremier leghista, «e per questo ora ci metteremo al lavoro per una manovra che abbia uno choc fiscale positivo, in settimana presenteremo le nostre proposte a Conte e a Di Maio». Salvini ha riproposto il tema dell'autonomia impositiva delle Regioni, progetto-bandiera leghista. Ma per tornare alla crescita ha rilanciato anche le grandi opere: «Il voto italiano e francese», ha dichiarato, «permetterà all'Europa d'investire ancora più soldi sulla Tav e sulle infrastrutture stradali, portuali e aeroportuali». Il problema è che questo è uno dei punti del programma di governo sul quale gli attriti con l'alleato grillino sono stati più intensi. Ieri ha cominciato a girare anche l'ipotesi che il prossimo commissario Ue italiano debba spettare alla Lega, e anche questo tema rischia di aprire contrasti nell'alleanza. Certo, per ora si tratta di un ballon d'essai: prima sarà necessario vedere quale sarà la nuova maggioranza nell'Europarlamento, e se i popolari di centrodestra e i socialdemocratici (indeboliti dal voto di domenica) confermeranno l'alleanza, inevitabilmente allargandola ad altri gruppi. Ma intanto ieri, come commissario, ha cominciato a girare il nome di Giancarlo Giorgetti. A lanciare l'idea di trasferire a Bruxelles il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, negli ultimi tempi l'esponente governativo più critico nei confronti dell'alleato grillino, è stato Claudio Borghi, presidente leghista della commissione Bilancio della Camera: «Giorgetti sarebbe sicuramente un buon commissario», ha detto, «ma dipende da quale sarà il dicastero che verrà assegnato all'Italia: bisogna proporre la professionalità più mirata». L'ipotesi Giorgetti è stata condivisa dal ministro leghista della Famiglia, Lorenzo Fontana, che ha citato anche Luca Zaia, governatore del Veneto, e poi lo stesso Borghi.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità dell'1 dicembre 2025. Il nostro Alessandro Rico commenta l'ipotesi che la Nato lanci attacchi ibridi preventivi contro la Russia.
Le riceveranno oltre 16 milioni di pensionati e circa 20 milioni di lavoratori pubblici e privati.
Secondo la Cgia di Mestre, la mensilità aggiuntiva garantirà all'erario un gettito Irpef stimato in 13,8 miliardi. La gratifica natalizia resta quindi un'importante entrata per lo Stato.
Il campo largo non vuole il premio di maggioranza. Meglio l’ingovernabilità