2024-08-07
Auto cinesi in Italia, timori per l’indotto
Reuters parla di trattative avanzate per la costruzione di un sito di Dongfeng. Il ministro Adolfo Urso: «Non si decide in un giorno». Sindacati preoccupati: «Userà fornitori italiani? Deve aggiungersi e non sostituire l’ex Fiat». Oggi vertice con le parti sociali.Probabilmente tutto sarà molto più chiaro oggi, quando i sindacati incontreranno al Mimit il ministro Adolfo Urso e gli chiederanno conto delle indiscrezioni, fonte Reuters, che ieri davano il governo impegnato in colloqui avanzati con Dongfeng Motors, azienda automobilistica dello Stato cinese, per la realizzazione di uno stabilimento produttivo in Italia che faccia da hub per tutta Europa. Non solo. Perché, sempre secondo le notizie in possesso dell’agenzia, il progetto potrebbe coinvolgere, tra gli investitori di riferimento, anche imprese italiane del settore della componentistica e prevedere una partecipazione pubblica di minoranza. Boom. La notizie ha fatto subito il giro delle redazioni e dei giornalisti impegnati a seguire i tavoli di crisi che coinvolgono il ministero dell’Industria e a Urso è stato immediatamente chiesto un chiarimento. «Domani (ieri, ndr) abbiamo il tavolo automotive, per impegni industriali di questo tipo non si decide in un giorno né in un mese, è un processo produttivo che richiede i suoi tempi. Il ministero è in campo, come dimostrano le riunioni di questi giorni, anche in questa settimana di agosto: ieri i segretari confederali, oggi il tavolo della moda, domani l’automotive, dopodomani Confindustria. Nel frattempo i tavoli di crisi, il ministero è pienamente attivo». Urso l’ha presa alla larga. Ma non si può non notare che la mancata smentita corrisponda a una mezza conferma e che il riferimento al vertice sull’automotive di oggi sia un indizio sul fatto all’incontro con le parti sociali potrebbe sbottonarsi. Anche perché al di là del possibile arrivo di una casa automobilistica cinese in Italia, notizia circolata ormai diverse volte, conta quello che la casa asiatica verrà a fare da noi. «Senza conoscere i particolari», spiega alla Verità Gianluca Ficco, responsabile del settore auto della Uilm, «è difficile dare un giudizio. Se Dongfeng dovesse arrivare in Italia per sostituire Stellantis non mi sembra una grande mossa. La vedo difficile che possa garantire i 40.000 lavoratori attuali e le migliaia di addetti dell’indotto. Diverso invece il discorso se dovesse rappresentare una risorsa produttiva aggiuntiva». E poi sul tema della componentistica. «Si parla di hub per l’Europa», aggiunge, «vorrei sapere cosa si intende. Se il riferimento è a un sito che produce vetture possiamo essere d’accordo, se invece l’obiettivo è creare un polo di assemblaggio e smistamento sulla falsariga di quello che fa Dr con i componenti che arrivano dalla Cina, allora non ci siamo. Sarebbe un grosso problema anche per il nostro sistema di fornitori». «Lunedì il ministro Urso», spiega alla Verità il segretario generale della FimFerdinando Uliano, «ha ribadito che nel recente viaggio in Asia è stato sottoscritto un memorandum che riguarda anche la mobilità con la Cina, ma nulla di più. Noi sappiamo che Dongfeng è uno dei tre più grandi produttori d’auto cinesi e che tra le altre cose è anche un’azionista di Stellantis (era presente nell’azionariato di Peugeot al momento della fusione), ma un discorso è avere la certezza che verrà a produrre auto da noi agganciandosi a fornitori italiani, altro è raccogliere informazioni che ci fanno intendere che agirà da mero assembratore di componenti che arrivano da Pechino. In questo caso non andremmo da nessuna parte. Al momento non c’è chiarezza e chiederemo spiegazioni oggi al ministro». Ecco, è probabile che nell’incontro di questo pomeriggio alcune di queste domande troveranno una risposta. Nell’attesa vale la pena ricordare quanto successo poco meno di quattro mesi fa (eravamo a metà aprile). In occasione del Design Week di Milano,Qian Xie, capo europeo di Dongfeng, aveva annunciato l’inizio dei colloqui con il governo italiano per valutare la possibilità di costruire le proprie automobili nel nostro Paese.«I contatti sono molto positivi», commentava Xie. «Riconosciamo all’Italia la sua lunga cultura automobilistica a cui si aggiunge la sua collocazione geografica che facilita il trasporto verso altre regioni, sia di prodotti che di componenti». Per Bloomberg, l’altra agenzia che aveva dato l’esclusiva, «i cinesi ipotizzavano di creare un impianto in grado di produrre fino a 100.000 veicoli ogni anno».Se così fosse, la notizia di ieri rappresenterebbe una sorta di passo avanti virtuale della trattativa. E vista la crisi che sta attraversando il settore in Italia e in Europa, non dovremo attendere a breve prima di sapere se e quando ci sarà davvero un sito produttivo di una casa cinese in Italia. Chissà cosa ne penserà l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, che non perde mai occasione per ricordare che la concorrenza asiatica va considerata «un rischio». Il problema è che il suo gruppo ha fatto poco o nulla per evitarlo.
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