
Barba non tanto curata, modi bruschi, camminata da montanaro: il ministro dell'Interno ha molti tratti del «selvadego» descritto da Leonardo da Vinci. Cioè l'uomo che difende i confini e ricorda l'importanza del limite.Un uomo con la barba non tanto curata, i modi bruschi e la camminata da montanaro si aggira nell'inconscio degli italiani. La cosa viene raccontata sempre più spesso in terapia, all'analista attento e partecipe. Il sognatore dice di essere spesso impaurito; altre volte invece decisamente sollevato dall'incontro. In altre ancora addirittura fugge o prova a nascondersi: quel tipo lo inquieta. Le «associazioni mentali» che il terapeuta gli chiede rimandano sulle prime a compagni di scuola sbruffoni ma in fondo generosi, o anche a nonni burberi che parlavano in dialetto, a artigiani laboriosi, ostinati e sbrigativi. Dopo un po' di associazioni il sognatore sputa il rospo: beh, quel tipo gli fa venire in mente uno che, spesso, non è proprio in cima ai suoi ideali, Matteo Salvini. Molte delle persone in terapia (spesso borghesi liberali, cattolici o intellettuali impegnati) sono stupefatti di incontrarlo sulla propria strada, addirittura nei propri sogni. Tuttavia questi incontri onirici finora proseguono abbastanza bene. Alla fine (dopo vicissitudini diverse per ognuno) il sognatore si sente più forte, e meno sperduto di prima. Ha l'impressione che quel tipo lo possa aiutare.Quando personaggi reali prendono frequentemente posto nell'inconscio delle persone significa di solito che sono entrati nell'inconscio collettivo. Il Matteo Salvini dell'inconscio, è un aspetto «Ombra», finora rimosso dalla coscienza di molti, che adesso si presenta e prende spazio nella psiche delle persone. Quando non scappano, svegliandosi, ma accettano di accoglierlo tra gli altri contenuti personali, raccontano spesso che ciò dia loro una sensazione di maggiore forza e energia.Come mai ciò accade e di che energie si tratta? La risposta più semplice, quindi forse vera, è che in genere una persona in terapia ha bisogno di forze, e Salvini evidentemente dà l'impressione di averle. Il sogno è un contatto profondo, inconscio, che può risvegliare energie analoghe dentro di te. Quando sogni una persona, questa non è, infatti, solo il personaggio della realtà, ma un aspetto della tua personalità e della tua psiche. Se finora l'hai rimosso o rifiutato, sei sorpreso e hai paura. Ma se alla fine del sogno hai fatto amicizia e ti senti meglio, probabilmente condividi con quello della realtà degli aspetti, delle energie, riconoscere le quali ti dà appunto forza.Di che si tratta, però? La barba poco curata, il nonno burbero, la camminata da montanaro, e il disagio che suscitano, fanno capire che siamo agli antipodi dagli aspetti più curati e conformisti della personalità, ossessivamente celebrati da media e istituzioni. Siamo piuttosto dalle parti di forze più istintive, vicine al mondo naturale e a quello delle origini. Insomma non Il piccolo lord Fontleroy di Francis E. Burnett, e tanto meno il vanesio Peter Pan di James Matthew Barrie, pilastri del narcisismo maschile contemporaneo con lo sguardo sempre fisso a cosa gli altri pensino di te. Con questo altro tipo umano entrano invece in campo il coraggio e il bisogno di esprimerti per quello che sei, perché sei istintivamente convinto che essere è sempre meglio che recitare una parte. L'uomo contemporaneo è schiacciato da politically correct, Me too e altri codici comportamentali sempre più artefatti e costruiti per la società dello spettacolo, quindi deprimenti perché lontani dal semplice istinto vitale. Il ritrovare nella propria psiche e all'esterno di sé un'immagine maschile vicina all'archetipo del mondo selvatico e dei suoi abitanti dà quindi, e non solo al maschio, energie prima insospettate. Sono, ad esempio, quelle già mosse in passato da film come Il gladiatore, Master and commander, da certi supereroi, dall'epopea del West americano. È il maschile istintivamente in contatto con l'archetipo del Selvatico (di cui potrebbe peraltro anche ignorare l'esistenza): una fonte di energia indispensabile a tutti, ma in particolare all'uomo che non ha quel rapporto fisico e simbolico con la vita sempre presente invece nella donna, che la porta dentro di sé.Si tratta del tipo umano oggi più scandaloso per il manierismo contemporaneo (e quindi molto vivo nell'inconscio in cui è stato ricacciato), sia per la sua vicinanza alle energie primordiali che per il suo rapporto con il passato e la tradizione, cui quel mondo rimanda. La persona che ritrova dentro di sé quegli aspetti scopre allora di avere una famiglia, degli antenati, una storia, mentre il modello culturale «liquido» del mondo contemporaneo gli aveva creato una sensazione di sradicamento e di solitudine: una delle principali forme del malessere di oggi, che genera spesso il ricorso alla droga e l'incertezza sull'avvenire.Anche da qui nasce il bisogno di ritrovare un passato in cui appunto affondano le proprie radici, che l'uomo deve riconoscere e onorare, non rimuovere. La società dell'istante, che rifiuta ogni radice, non riesce a immaginare un futuro: non lo vede ed è depressa. I suicidi delle star (dello spettacolo, della finanza, della cucina, tra le altre) illustrano la mancanza di futuro delle vite costruite sull'attimo, sul presente. Che va certo colto, ma poi collegato al passato in vista di un futuro, non solo personale, ma anche sociale.La consapevolezza del passato, in cui si radica la tradizione, nutre l'altra condizione del benessere provocato dal recupero di questo maschile più naturale e istintivo: il senso del limite. Il «selvadego» che, secondo Leonardo da Vinci, è «colui che si salva», è l'uomo che nelle saghe tradizionali rimprovera i contadini quando prelevano dal bosco troppa legna, e gliela fa riportare indietro. Oppure che manda a quel paese i paesani quando vogliono sapere dove c'è oro nel fiume, ma si rifiutano di imparare a ricavare dal latte il formaggio e gli altri derivati. Il limite è il confine tra sviluppo e devastazione, benessere e malessere, salute e follia. E il selvatico è custode dei confini. Dal punto di vista psicologico il confine è ciò che dà forma alla personalità, attraverso il riconoscimento dei limiti. Per questo una politica che non riconosce la necessità dei confini genera malessere e psicosi, perché spinge la personalità a perdere la propria forma e precipitare nel marasma. Lo abbiamo visto in alcuni «asili antiautoritari» post Sessantotto, dove l'abbandono di qualsiasi norma e autorità, praticato in sperimentazioni imprudenti, lasciava regredire i bambini in forme ormai schizofreniche. La lotta contro le forme tradizionali, sostituite da vuoti formalismi e codici comportamentali e linguistici, è uno degli aspetti più gravi della tarda modernità, cui la psiche reagisce oggi (non solo in Italia) con un ritorno alle origini della vita e al recupero degli interpreti archetipici dell'istinto. Senza confini, senza forme e filtri, l'identità personale non riesce più, letteralmente, a «poggiare i piedi per terra» (immagine che anche ricorre nei sogni e nei racconti), non ha più un territorio di appartenenza. E la propria terra viene quindi occupata da altri, per il principio dei vasi comunicanti. Non si tratta di una questione ideologica ma, appunto, di un semplice principio di fisica elementare. La presenza dell'antenato/fratello barbuto e selvatico, con la sua difesa dei confini, fa allora sì che venga riscoperto il sentimento della comune appartenenza al territorio, alla terra dei padri. La Patria, parola prima non più pronunciata e difficilmente pronunciabile, può così, sorprendentemente, tornare ad essere un sentimento comune, un dato identitario condiviso, un oggetto d'amore e di comunicazione. Anche un riferimento nelle scelte politiche, e un'indicazione di politica internazionale per i governanti, altro dato andato invece perduto in momenti di smarrimento dei confini, fisici (il caso del «Tirreno smarrito» dal precedente governo in un accordo con la Francia), psicologici e culturali. A volte basta un sogno. E qualcuno che lo interpreti, nella realtà.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






