2018-08-07
Attentato a Mattarella? No, ai nostri diritti
Anche gli 007 smontano la bufala dei troll russi: i tweet contro il presidente erano farina del sacco dei cittadini italiani. I quali godono della facoltà di critica. Per cui il capo dello Stato non può tacere di fronte all'inchiesta dei pm che intendono sopprimerla. Se Sergio Mattarella è davvero il garante della Costituzione oggi non può tacere. Il capo dello Stato non può infatti far finta di niente e rimanersene zitto di fronte all'iniziativa della Procura che, come da comunicato ufficiale, sta procedendo contro chi lo ha criticato, ipotizzando il reato di attentato alla libertà del presidente della Repubblica. Chi nei giorni della formazione del governo lo ha attaccato, accusandolo di non rispettare il ruolo che la Carta gli assegna, non può essere fatto passare per un terrorista o per eversore soltanto perché non ha applaudito alle decisioni del Colle. Che si condividano o meno le critiche nei confronti del Quirinale, i tweet o i messaggi Facebook contro Mattarella non rientrano a pieno titolo in quella libertà di espressione che proprio la Costituzione tutela e che Mattarella dovrebbe assicurare anche quando la faccenda lo riguardi in prima persona? La decisione del capo dello Stato di opporsi alla nomina di Paolo Savona a ministro dell'Economia, come è noto, spaccò il Paese, perché una parte degli italiani la giudicarono una intromissione ingiustificata del Quirinale. Il presidente della Repubblica non si atteneva alle proprie prerogative, ma si arrogava il diritto di scegliere i ministri, bocciando il nome di uno stimato docente di economia politica solo per via delle sue opinioni. E così facendo era pronto a consegnare il Paese a un tecnico anziché alle forze politiche che avevano vinto le elezioni. Le polemiche che seguirono, come è noto, furono violente. Al punto che l'attuale ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, lanciò la proposta di mettere in stato d'accusa il presidente. Sul Web si alternarono le prese di posizione, molte delle quali piuttosto accese. Qualcuno ha provato a sostenere che quelle reazioni partirono da account stranieri, lasciando intendere che l'attacco avesse una matrice estera. In realtà l'ipotesi si è subito sgonfiata, perché i messaggi non erano partiti da Mosca o da qualche altro luogo giudicato nemico. Le critiche avevano tutte la targa italiana e allora alcuni giornali si sono spinti a ipotizzare l'idea di una strategia teleguidata. I troll, come li hanno definiti, quasi che a criticare il capo dello Stato non possa che essere un essere demoniaco che si nasconde nei boschi del Web, dovevano rispondere a una regìa, anzi a un complotto. E così è partita l'indagine. Al cui centro c'è la convinzione che alla base di tutto ci sia un forza oscura che intende condizionare l'attività del presidente. In realtà dalle prime risultanze pare che i tweet e le critiche siano farina del sacco degli italiani, la regìa cioè esisterebbe solo nella testa di chi insegue complotti, ma non vi sarebbero riscontri. Insomma, a criticare Mattarella erano gli elettori delusi e non un computer programmato da un esperto di cyberguerra. Chi ha preso di mira il presidente lo ha fatto perché si sentiva scippato del proprio voto, non perché avesse mire da eversore e volesse rovesciare gli assetti istituzionali. Se ciò sarà confermato, come pare, si torna dunque al concetto iniziale. Mattarella può stare zitto mentre i pm considerano eversori i suoi critici? Il presidente può accettare che si tappi la bocca a chi esprime il proprio diritto di critica? La nostra è una democrazia che consente a tutti di manifestare le proprie opinioni, a patto che non diffami e non insulti le persone. Dire che il capo dello Stato non rispetta il suo ruolo e invade quello del Parlamento, tuttavia, non può essere considerata un'offesa o un vilipendio ma semmai una critica. Dunque, ancora una volta, non solo non si comprende l'inchiesta della magistratura, ma ancor meno ci si capacita del fatto la più alta carica della Repubblica taccia dinnanzi a tutto ciò. In passato altri presidenti furono messi nel mirino. Come abbiamo ricordato ieri, Francesco Cossiga fu fatto passare per pazzo dalla stampa e dai partiti progressisti, mentre Giovanni Leone, pur innocente perché mai ebbe responsabilità nello scandalo Lockheed, fu fatto dimettere da una campagna politico-giornalistica tanto violenta quanto falsa. Tuttavia, a nessuno venne in mente di ipotizzare un attentato alla libertà di un organo costituzionale. Fu una dimenticanza dei pm dell'epoca? Oppure siamo davanti a un eccesso di zelo dei pm di oggi? Non sappiamo quale delle due sia la risposta, ma di una cosa siamo certi ed è che essendo il pomo della discordia, Sergio Mattarella non può stare zitto. Il silenzio del Quirinale infatti apparirebbe come un tacito avvallo di quel che sta succedendo. Anzi, qualcuno potrebbe pensare che sia stato proprio l'uomo del Colle a sollecitare l'indagine. Il che ovviamente significherebbe una sola cosa, ossia che la libertà di espressione in questo Paese è seriamente a rischio, come lo è nelle monarchie scarsamente illuminate.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Flaminia Camilletti
Charlie Kirk (Getty Images)