2022-10-25
Assalto a chiese e centri per la vita. Negli Usa scatta la violenza abortista
Dalle prime indiscrezioni sull’annullamento della «Roe vs Wade», un centinaio di episodi di devastazione contro gli attivisti pro life. L’Fbi investiga, ma senza un arresto. E Joe Biden usa l’odio per la campagna elettorale.Ci risiamo. Ormai a corto di argomenti in vista delle prossime elezioni di metà mandato, Joe Biden è tornato a parlare di rischi per la democrazia. In particolare, intervistato da Msnbc, il presidente americano ha accusato gli elettori trumpisti di «pensare che sia giusto minacciare l’uso della violenza». Ora, che nella destra americana ci siano alcune frange estremiste, è senz’altro vero. Sarebbe però opportuno che l’attuale inquilino della Casa Bianca si preoccupasse anche dei facinorosi presenti tra le file del Partito democratico. Eh sì, perché, su questo tema, Biden tende sempre a glissare. Qualcuno dovrebbe per esempio ricordargli che, da quando trapelò indebitamente la bozza della sentenza della Corte suprema sull’aborto lo scorso maggio, il numero di violenze e di atti vandalici ai danni di chiese e centri pro life si è fatto particolarmente allarmante. Secondo il monitoraggio del think tank evangelico Family research council, sono almeno 38 gli edifici religiosi che sono stati distrutti, saccheggiati o vandalizzati in tutto il Paese. Risulterebbero invece 58 le cliniche e i centri pro life che hanno subito la medesima sorte nello stesso arco temporale. Numeri ancora più impietosi sono quelli pubblicati dalla no profit Catholic Vote, secondo cui le chiese cattoliche vandalizzate da maggio sarebbero addirittura 86. Ricordiamo inoltre che, subito dopo la sentenza ufficiale della Corte suprema lo scorso giugno, una folla di facinorosi provò a fare irruzione nell’edificio che ospita il senato dell’Arizona, a Phoenix. Senza poi dimenticare le proteste organizzate da gruppi liberal al di fuori delle abitazioni private dei supremi giudici di nomina repubblicana. Ora, al di là di qualche generica condanna, non risulta che la Casa Bianca abbia fatto granché per fronteggiare questa situazione. Certo: l’Fbi -che fa capo al Dipartimento di Giustizia- ha reso noto che sta investigando su tali episodi. Tuttavia, come recentemente riferito dalla testata conservatrice Daily Signal, non si registrano al momento notizie (o anche solo segnali) di arresti in relazione a questi gravissimi fatti. Al contrario, il Bureau ha finora mostrato una notevole solerzia contro i pro life. Da settembre, i federali hanno già mosso accuse contro almeno 11 attivisti antiabortisti per presunte violazioni del Freedom of access to clinic entrances Act: una legge del 1994 che punisce chi ostacola l’accesso a una clinica abortista o a un luogo di culto. I casi più eclatanti, al momento, sono quelli di Paul Vaughn e di Mark Houck: due padri di famiglia che, poche settimane fa, hanno subito un’irruzione di agenti federali nelle proprie abitazioni. Ovviamente bisognerà capire se le prove contro queste persone siano solide o meno. E questo lo stabilirà eventualmente un processo. Ciò che stride tuttavia è il pugno duro del Bureau contro i pro life: un pugno duro che, almeno per il momento, non sembra essere invece usato nei confronti dei facinorosi di estrema sinistra. È anche in tal senso che, lo scorso 12 ottobre, alcune decine di parlamentari repubblicani hanno inviato una lettera ai vertici dell’Fbi, chiedendo spiegazioni sull’accanimento finora registratosi ai danni degli attivisti pro life. Il sospetto è quello di un certo doppiopesismo da parte del Dipartimento di Giustizia (quello stesso Dipartimento che, a ottobre 2021, aveva di fatto mobilitato il Bureau contro i genitori in disaccordo con l’indottrinamento liberal negli istituti e nei consigli scolastici). In tutto questo, non va dimenticato come le lobby abortiste stiano foraggiando i dem per le elezioni di metà mandato. La onlus Planned parenthood ha per esempio annunciato donazioni per 50 milioni di dollari all’asinello. Senza inoltre trascurare le porte girevoli tra il Partito democratico e i vertici di queste organizzazioni pro choice. Il presidente del board di Planned parenthood è, per esempio, Joe Solmonese, che ha lavorato nel comitato elettorale di Barack Obama nel 2012 ed è stato il Ceo della Convention nazionale democratica del 2020. Tutto questo, mentre la presidente di Naral pro choice America, Mini Timmaraju, fu dirigente nel comitato elettorale di Hillary Clinton sei anni fa ed è stata recentemente consulente per l’amministrazione Biden sui temi della diversità e dell’inclusione. A pensar male, verrebbe da credere che tali legami tra Partito democratico e organizzazioni pro choice siano alla base del perché l’Fbi sembri avere un occhio di riguardo per gli abortisti facinorosi. E comunque il fatto di puntare quasi esclusivamente sull’interruzione di gravidanza si sta rivelando una strategia fallimentare per i dem in vista delle Midterm. I repubblicani continuano infatti a guadagnare terreno, con un recente sondaggio Emerson che li dà avanti di ben cinque punti. Segno che agli elettori americani interessano principalmente altri problemi: inflazione, ordine pubblico e immigrazione clandestina. Tutti dossier rispetto a cui l’asinello appare oggi vulnerabilissimo. E a Biden intanto resta soltanto una strada: quella della demonizzazione degli avversari: una strada che rischia però di condurlo verso il baratro elettorale.