2020-10-03
Aspi, Ilva e Alitalia. Il governo uccide l’industria nazionale
Dopo gli annunci, il nulla: nuovi tavoli su Taranto, ennesimo ultimatum ad Atlantia, niente firme per la compagnia aerea.Autostrade, Ilva, Alitalia. Tre dossier diversi, stesso infausto destino: la palude. Finora il governo Conte non è riuscito a portare a casa un punto mentre più passa il tempo, più aumentano i danni dell'incertezza (e nel caso dell'ex compagnia di bandiera anche i soldi a carico dei contribuenti). Partiamo dal dossier più caldo, quello di Autostrade. Dove negli ultimi giorni sono tornati a volare gli stracci tra Palazzo Chigi e le società dei Benetton con l'ennesimo ultimatum (fino al 10 ottobre) lanciato da Giuseppe Conte sulla revoca della concessione. Un percorso assai accidentato con non pochi rischi di soccombenza legale per l'esecutivo. Tanto che di revoca non si parla nell'ultima lettera siglata dal segretario generale alla presidenza del Consiglio Roberto Chieppa e dai capi di gabinetto del ministero dei Trasporti e del ministero dell'Economia, inviata nei giorni scorsi ad Aspi e Atlantia, senza per altro fornire deadline temporali. Il termine di dieci giorni, filtrato alle agenzie di stampa e mai smentito dal governo, non trova quindi un riscontro nel documento ufficiale. Non a caso ieri il titolo Atlantia (che ha presentato un nuovo esposto alla Consob e alla Commissione Ue) ha arginato il calo in Borsa chiudendo con un +0,61%o. Il mercato e le banche creditrici tengono i radar sempre accesi sui rating junk delle società del gruppo, il rifinanziamento del debito di Aspi e la necessità di ridurre il debito nella holding (5 miliardi). Oggetto dello sconto resta la manleva: in pratica, un esonero dalla responsabilità di eventuali richieste di risarcimento dopo il crollo del ponte Morandi che nessuno vuole accollarsi. Né Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe diventare azionista di maggioranza di Aspi, né Atlantia, che una volta ceduta la concessionaria non vuole restare vincolata a eventuali cause risarcitorie perché, sostiene, ha ricostruito il ponte di Genova e ha accettato un intervento finanziario compensativo di 3,4 miliardi di euro. «Bisogna dar corso all'accordo del 14 luglio: operiamo su questa strada», ha detto ieri il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Mentre la collega che guida i Trasporti, Paola De Micheli, verrà ascoltata giovedì prossimo in audizione davanti alla commissione Ambiente della Camera.Dal casello al gate di Alitalia dove la newco ancora non riesce a decollare. L'ex compagnia di bandiera è già costata circa 13 miliardi euro negli ultimi 12 anni e si è perso il conto delle bad company che sono in circolazione, ma dopo i 200 milioni assegnati dal governo per i danni da Covid-19 il commissario straordinario Giuseppe Leogrande chiederà il rimborso per l'intero plafond stanziato. Quindi altri 150 milioni per arrivare a marzo 2021. Ma che probabilmente saranno «bruciati» già nel prossimo trimestre. Intanto la politica litiga sulle poltrone: secondo Il Messaggero, sarebbero oltre 15 i candidati proposti dai 5 stelle per il board di Alitalia. Tra questi c'è l'attuale direttore generale Giancarlo Zeni, sponsorizzato dalla senatrice Giulia Lupo, ex hostess della compagnia, ma non visto di buon occhio da una parte del movimento -il ministro Stefano Patuanelli in testa - e su un fronte diverso, dall'intero Pd. L'elenco avrebbe fatto storcere il naso sia al Tesoro sia ai vertici del ministero delle Infrastrutture, i due dicasteri che insieme al Mise si stanno occupando del dossier. Palazzo Chigi aveva annunciato il varo della newco a giugno. Siamo a ottobre e ancora mancano le firme sul decreto dei ministri competenti. Il tempo passa, le nomine restano bloccate, la compagnia vola a vista in un momento già devastante per il trasporto aereo e a pagare sono anche i contribuenti con la Cigs.Sul tavolo di Conte giace, infine, un altro dossier ancora in alto mare. Quello dell'ex Ilva. Entro questo mese era prevista la definizione del piano industriale e dell'assetto societario che vedrebbe lo Stato entrare nel capitale per il tramite di Invitalia. Intanto, però, i tavoli tecnici si stanno moltiplicando di nuovo tra ministeri del Lavoro, dell'Ambiente e dell'Economia. E il premier, anche in questo caso, accenna ultimatum ma risolve poco. «Il governo vuole consolidare la presenza di un partner industriale di livello, e per Arcelormittal è arrivato il momento di decidere se vuole essere all'altezza di questa sfida. Noi siamo al lavoro per fare di Taranto un polo di siderurgia verde e un gioiello tecnologico di cui essere fieri», ha detto Conte in una intervista pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Nel frattempo, il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ha firmato il decreto di proroga per la conclusione degli interventi di chiusura di nastri e torri dello stabilimento di Taranto. Un provvedimento che aumenta altresì le prescrizioni e le misure cui l'azienda deve adempiere per dare conto dello stato di avanzamento degli interventi. Adesso la nuova tempistica stabilita da Costa prevede l'ultimazione della intera copertura dei nastri entro aprile 2021 ed entro gennaio 2021 per i nastri trasportatori e le torri in quota. Quanto ai sindacati, dopo l'incontro di giovedì al Mise con il ministro Patuanelli e l'ad di Invitalia, Domenico Arcuri, chiedono «un cambio di passo e di natura al confronto in atto».