2024-02-02
Il «bene comune» secondo Askatasuna: costringere Cirio a vivere sotto scorta
Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (Ansa)
Il governatore minacciato dai violenti del centro sociale torinese che il sindaco dem vuole legalizzare. Matteo Piantedosi studia la stretta.Proprio quando l’aria dello sgombero cominciava ad aleggiare attorno al centro sociale Askatasuna l’assist è arrivato dall’amministrazione comunale di Torino: l’escamotage è trasformare l’immobile del Comune, un vecchio stabile scolastico occupato abusivamente da quasi 28 anni, in un «bene comune». Gli attivisti dovranno lasciare l’immobile (solo temporaneamente) per l’avvio dei lavori di ristrutturazione e partecipano alla progettazione, tant’è che si parla di «co-progettazione».Il governatore Alberto Cirio non l’ha presa bene: «Da sempre sono il primo a difendere la libertà di chiunque di esprimere il proprio pensiero, qualunque esso sia, però deve essere fatto quando viene garantito il presupposto della legalità che è per me fondamentale». D’altra parte, sui muri del perimetro del centro sociale quasi quattro anni fa erano stati appesi dei volantini con il suo volto in primo piano e sullo sfondo il simbolo delle Brigate rosse: un fotomontaggio che ricordava la foto del rapimento di Aldo Moro. Da allora Cirio vive sotto scorta. E ieri, intervistato dai cronisti del dorso locale del Corriere della sera, lo ha sottolineato: «Forse non sono la persona più indicata per dare un parere perché è da quattro anni che vivo sotto scorta. Dico solo che se non c’è legalità, non ci deve essere libertà».Anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha storto il naso. E in risposta a un’interrogazione alla Camera ha spiegato che «alla luce di quanto emerso in diverse indagini di polizia, il centro sociale Askatasuna risulta aver assunto una posizione di indirizzo e di coordinamento in diverse iniziative, anche violente, registrate con particolare riguardo alle proteste No Tav e alle più recenti manifestazioni studentesche sfociate in scontri con le forze di polizia, come in occasione della visita a Torino del presidente del Consiglio lo scorso mese di ottobre».Ce n’è quanto basta per dire «no» all’idea del sindaco Stefano Lo Russo. «Attualmente», ha spiegato Piantedosi, «i referenti storici del centro sociale, 26 persone, sono coinvolti in un processo nel quale sono accusati di associazione a delinquere». Inoltre, «in una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha evidenziato che Askatasuna avrebbe creato, soprattutto in Val di Susa, un vero e proprio “laboratorio di sperimentazione” per quanto riguarda le violenze, confermando così la sussistenza di un’organizzazione stabile che ha dimostrato di essere operativa in più ambiti». E con una base operativa: Borgo Vanchiglia, corso Regina Margherita 47. Ma non è finita: «Lo scorso 11 dicembre», ha ricordato Piantedosi, «la questura, insieme a vigili del fuoco e Asl di Torino, ha eseguito un decreto di ispezione della locale Procura della Repubblica, nell’ambito delle indagini sulle attività illecite di autofinanziamento svolte da Askatasuna, mediante l’organizzazione di eventi di pubblico spettacolo senza le necessarie autorizzazioni, con illecita somministrazione di alimenti e bevande, in assenza dei requisiti di sicurezza e salubrità degli ambienti e in violazione della normativa tributaria. Nel corso dell’attività ispettiva sono state riscontrate numerose violazioni delle normative in materia di sicurezza, di rischio di incendio e di idoneità igienico-sanitaria».Un rapporto, come disposto dall’autorità giudiziaria, è stato anche inoltrato al sindaco di Torino che, quindi, è informato. È stato rilevato anche «l’abbattimento di strutture portanti in assenza di adeguata verifica progettuale, che «potrebbe portare alla compromissione della sicurezza statica dell’intero edificio» ed evidenziata, altresì,« la totale assenza di regolari concessioni edilizie, di certificazioni di agibilità, abitabilità, prevenzione incendi e di sicurezza degli impianti». E siccome l’amministrazione comunale è proprietaria dell’immobile, anche se è occupato abusivamente, l’Asl ha chiesto al sindaco l’adozione di un’ordinanza urgente, «al fine di ripristinare in via definitiva le condizioni di sicurezza richieste, provvedendo, nel frattempo, allo sgombero degli occupanti dall’edificio per la loro tutela». E invece è spuntata la delibera che punta a trasformare il centro sociale in un bene comune. Piantedosi ha chiesto «elementi di approfondimento» alla prefettura.E Lo Russo, per difendere la sua scelta, è salito in cattedra: «È opportuno che gli atti prodotti dalla giunta comunale vengano innanzitutto letti. Siamo disponibili a fornire tutti i chiarimenti del caso», dicendosi disposto a incontrare i rappresentanti sindacali delle forze di polizia. Dai quali, però, si è beccato un «niet», fatta eccezione per Silp Cgil e Consap che, nonostante i giochi siano conclusi, si sono seduti al tavolo convocato dal sindaco. Sap, Siulp, Coisp, Fsp e Siap hanno declinato l’invito, definendo la scelta municipale «scellerata»: «Trattare un tema così importante, che coinvolge la sicurezza della città... Andava discusso all’origine e non dopo aver già votato ed espresso la volontà politica della stessa giunta comunale».
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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