Il Cirrus SF50 Vision è il primo velivolo personale a essere certificato dalle autorità di Usa ed Europa. Costa 2 milioni di dollari, ha un abitacolo da berlina di lusso con tutti i comfort ma soprattutto è molto semplice da pilotare grazie alla strumentazione digitale. L'abbiamo provato per voi dall'Olanda a Padova in meno di tre ore.
Il Cirrus SF50 Vision è il primo velivolo personale a essere certificato dalle autorità di Usa ed Europa. Costa 2 milioni di dollari, ha un abitacolo da berlina di lusso con tutti i comfort ma soprattutto è molto semplice da pilotare grazie alla strumentazione digitale. L'abbiamo provato per voi dall'Olanda a Padova in meno di tre ore.Il jet personale è ancora considerato icona di lusso e di eccesso. Eppure la tecnologia è pronta e sdogana un sette posti pensato per poter essere usato come fosse una berlina o una barca. Per ogni aviatore che si rispetti essere chiamati a provare un nuovo aeroplano direttamente da chi lo costruisce o lo vende rappresenta una grande dimostrazione di stima. E lo è ancora di più se si tratta di una macchina volante destinata a lasciare un segno nell'evoluzione dell'aviazione generale, per intenderci quella dei privati. Perché l'aeroplano in questione è il Cirrus SF50 Vision, il primo personal jet moderno della storia dell'aviazione a essere stato certificato dalle autorità aeronautiche di Usa ed Europa, e quindi a poter essere venduto e consegnato - finora - a una cinquantina di fortunati proprietari che per averlo hanno sborsato una caparra di 100.000 dollari una decina di anni fa e quasi due milioni per ritirarlo. Ho usato il termine moderno poiché a dir la verità l'invenzione del jet personale è italiana: l'ingegnere milanese Stelio Frati creò l'F5 Trento e lo F400 Cobra tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ma allora nessuno di questi avveniristici progetti arrivò ad avere successo commerciale. I francesi ci provarono con il Morane Saulnier Paris Jet, tristemente noto in Italia per essere stato l'aereo di Enrico Mattei, e gli americani hanno tentato svariate volte riuscendo a portare alla notorietà sul grande schermo il piccolo monoposto BD5J del film 007 Octopussy, arrivando a venderne qualche centinaio ma in kit di costruzione ai soli appassionati, esemplari che non si sono rivelati facili da pilotare né quindi destinati al pilota della domenica.Sullo SF50 Vision ci stanno invece cinque persone adulte e anche un paio di ragazzini in un abitacolo da berlina di lusso, pressurizzato e condizionato come gli aeromobili di linea, con tanto di schermo per l'intrattenimento e connessione Internet via satellite al costo di due dollari al minuto. I costi dei jet d'affari sono almeno tripli rispetto a quelli del Vision e quale sia il mercato di questo aeroplano è presto detto: nessun costruttore prima d'ora era riuscito nell'intento di realizzare un jet tanto semplificato nella sua gestione da poter essere facilmente pilotabile da un non professionista del cielo. Dunque, laddove la domanda di mobilità personale è tale da richiedere spostamenti di un migliaio di chilometri, farlo a 450 chilometri orari al posto dei 300 di un velivolo con motore a pistoni, ma con la stessa facilità d'uso, rappresenta un vero progresso. A onor del vero la semplificazione degli aeroplani è da sempre la filosofia di Alan e Dale Klapmeier, fondatori di Cirrus Aircraft, azienda di Duluth, nel freddo Minnesota, che in 15 anni hanno prodotto e venduto anche settemila quadriposto SR20 e SR22, dotando questi velivoli e anche il jet di una novità assoluta per l'aviazione: il paracadute dell'aeroplano (si chiama Brs Caps) che in caso di avaria viene «sparato» dal pilota e porta a terra il velivolo e i suoi occupanti. L'innovazione fu accolta con sospetto, un po' come avvenne per l'airbag delle automobili, ma oggi è stata riconosciuta come una delle invenzioni più importanti realizzate in campo aerospaziale: quasi il 90% delle vittime di incidenti aerei che usano il Brs Caps lasciano l'aereo con le proprie gambe.Dopo un paio di giorni a studiare il manuale di volo (per chi lo acquista il corso dura due settimane compreso il simulatore), mi avvicino allo SF50 presso l'aeroporto di Groningen Eelde, Olanda, da dove lo piloterò fino all'aeroporto di Padova. Mio istruttore e secondo pilota sarà Stefano Cestarelli, capo di Cirrus Emea con sede negli Emirati Arabi. La struttura dell'aeroplano è in carbonio con uso di metallo soltanto per alcune parti mobili come flap e alettoni, mentre il motore è la turboventola Williams FJ33 5A in grado di spingere quasi 900 chilogrammi l'aereo che a pieno carico supera di poco le 2,7 tonnellate.Per i controlli precedenti al volo non serve essere tecnici specializzati, neppure per rabboccare l'olio e in generale si comprende quale studio sia stato fatto per consentire a un pilota privato di gestire una macchina volante dalle ottime prestazioni e dall'aerodinamica ricercata. Dell'estetica sorprende la grande coda a «v», scelta che consente di fare spazio allo scarico del jet montato sopra la cabina e che ricorda i disegni futuristi del fumettista e regista giapponese Hayao Miyazaki, noto in Italia per Nausicaa, Ponyo, Porco Rosso e vincitore del Leone d'oro alla carriera nel 2005.Il segreto della facilità di gestione dello SF50 sta nella strumentazione completamente digitale che il pilota si trova davanti su tre grandi schermi frontali e altri tre più piccoli che si manovrano in modo tattile, esattamente come un moderno telefonino. Districarsi tra le icone per programmare il piano di volo, regolare la climatizzazione, calcolare pesi e centraggi, carburante, comunicazioni e autopilota, una volta compresa la logica di funzionamento diventa in fretta una questione di abitudine. E per non sbagliare, anche la lista dei controlli di ogni fase del volo (check list), appare a video e va «smarcata» punto per punto per far capire al cervello elettrico dell'aeroplano che cosa stiamo facendo. Non soltanto: come su altri aeromobili moderni l'autopilota sorveglia anche il volo manuale impedendo al pilota di mettere l'aereo in assetti eccessivi o pericolosi.Tanta integrazione di sistema significa quindi meno carico di lavoro mentale per il comandante-papà che porta moglie e figli in viaggio con l'aeroplano di famiglia. Il numero di queste persone negli Usa è di circa 900.000, in Europa un terzo, in Italia non si arriva a 500 e tra questi ci saranno presto almeno un paio di utenti del Vision jet.Premendo «Start» parte il motore e seguendo le procedure descritte da manuale e schermi mi ritrovo pronto al decollo in pochi minuti ripensando ai calcoli manuali, tabelle alla mano, che per un decennio abbondante dovevo fare sul jet privato di un editore sul quale volavo. Per non tediarvi con piedi, libbre, galloni e nodi, vi dico che qualche minuto dopo ci ritroviamo in rotta per l'Italia a quasi 9 chilometri di altezza, filando a poco meno di 500 chilometri orari consumando circa un litro di cherosene per ogni due chilometri di cielo attraversato, mentre sul monitor innanzi a me vedo graficamente tutto l'altro traffico aereo che mi circonda con tanto di didascalia su quale tipo di aeroplano e volo si tratta. Per esempio, da destra, più in alto di tre chilometri incrociamo un B737 Ryanair partito da Bergamo e diretto a Cracovia. E dopo due ore e venti di volo abbiamo già superato le Alpi e stiamo ormai sorvolando la Pianura padana verso il radiofaro di Vicenza, punto dal quale saluteremo il controllo radar di Milano per volare, questa volta rallentando e a vista come su un aeroplano molto più piccolo, fino alla pista dell'aeroporto Gino Allegri di Padova, dove appoggiamo le nostre due tonnellate alla stessa velocità con la quale si atterra con un aeroplano della scuola di volo. Non ho due milioni di dollari e mi sento privilegiato per aver potuto vivere questa esperienza, ma certo pensare di caricarci i parenti e usarlo per raggiungere da Milano l'amata isola di Pantelleria, arrivandoci per nulla affaticato, fa capire quale sia la vocazione del Vision.
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