2023-10-24
L’Argentina al ballottaggio: il libertario Milei tifa dollaro e sfida il peronista pro Cina
A sinistra Javier Milei, a destra Sergio Massa (Ansa)
Il ministro dell’Economia, Sergio Massa, che ha portato il Paese vicino a Pechino ha raggiunto il 37%, ma se l’«homo novus» si allea con i conservatori può vincere.L’Argentina andrà al ballottaggio il prossimo 19 novembre. Nessuno dei candidati presidenziali che si sono scontrati alle elezioni dell’altro ieri ha infatti raggiunto la soglia del 45% dei voti, necessaria per vincere direttamente al primo turno. E adesso la situazione è caratterizzata da una significativa incertezza. Con il 37% dei consensi, si è classificato al primo posto l’attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, che è un esponente della coalizione peronista Union por la Patria. La medaglia d’argento è invece andata al candidato libertario, Javier Milei, che ha conquistato il 30% dei voti. Al terzo posto, più distaccata, si è invece piazzata Patricia Bullrich: rappresentante della coalizione conservatrice, Juntos por el Cambio, che ha conseguito il 24%. La campagna elettorale si è rivelata piuttosto accesa. D’altronde, la politica argentina è caratterizzata da divisioni e risentimento verso le élites nazionali. Senza trascurare che l’inflazione nel Paese ha raggiunto il 138%. «So che molti di coloro che hanno votato per noi sono quelli che soffrono di più. Sappiate che non vi deluderò», ha dichiarato Massa. «L’obiettivo è porre fine al kirchnerismo. È la cosa più disastrosa che la storia della democrazia moderna ci abbia dato. Se tutti noi che vogliamo il cambiamento non siamo insieme, affonderemo. O si cambia o si affonda», ha invece affermato il candidato libertario. Indubbiamente i peronisti sono andati meglio del previsto. Non è un mistero che molti si attendessero la conquista del primo posto da parte di Milei: quel Milei che, autodefinitosi anarco-capitalista, propone ricette energicamente liberiste (auspica la dollarizzazione dell’economia nazionale, chiede la chiusura della banca centrale argentina e spinge per una riduzione del numero dei ministeri). Ora, se si guarda all’immediato, è ovvio che per i peronisti si sia registrato un risultato tutt’altro che negativo. E molti parlano infatti della deludente performance di Milei. Eppure attenzione: non è tutto oro quello che luccica. Innanzitutto la coalizione peronista ha perso notevolmente terreno rispetto alle elezioni del 2019. All’epoca, l’attuale presidente argentino, Alberto Fernandez, vinse direttamente al primo turno col 48% dei consensi e con quasi 13 milioni di voti. Massa, al contrario, ha dovuto accontentarsi del 37%, raccogliendo poco più di 9,6 milioni di voti. D’altronde, alcuni dei gravi problemi economici che affliggono l’Argentina non possono non essere collegati (anche) alle responsabilità dei peronisti: Fernandez è infatti alla guida della presidenza dal dicembre 2019. In secondo luogo, i dati mostrano che la somma dei consensi di Milei e della Bullrich supera di gran lunga i voti ricevuti da Massa. Non a caso, secondo La Nacion, il candidato libertario ha iniziato a strizzare l’occhio all’ex presidente argentino, Mauricio Macri: il leader, cioè, di Proposta Repubblicana (un partito che è il perno della coalizione Juntos por el Cambio). Milei sta, in altre parole, chiedendo ai conservatori di unirsi a lui nella lotta politica “contro il kirchnerismo” (ricordiamo che l’ex presidente peronista Cristina Fernández de Kirchner è attualmente vicepresidente dell’Argentina). Non è dunque affatto escluso che, in vista del ballottaggio, libertari e conservatori si alleino per sconfiggere la coalizione peronista. È vero: alcuni non sembrano proprio digerire Milei. Certa stampa internazionale e nostrana lo definisce spregiativamente «di estrema destra» e «populista». Eppure attenzione. Innanzitutto è assai problematico definire «populista» un anarco-capitalista. Come ha spiegato alla Verità Raimondo Cubeddu, docente di Filosofia politica all’Università di Pisa, Milei, almeno in linea teorica, è avverso a ogni interventismo statale in economia. È poi chiaro che bisognerà vederlo all’opera e si dovrà capire se sarà capace di scegliersi uno staff adeguato. Ma, almeno sulla base delle idee che professa, il populismo c’entra molto poco. Anzi, qualora arrivasse alla presidenza, sarebbe probabilmente il primo caso in cui delle ricette autenticamente libertarie vengono adottate. In secondo luogo, chi oggi osteggia per partito preso Milei forse ignora o finge di ignorare che il peronismo di Fernandez ha portato Buenos Aires sempre più vicino alla Cina e alla Russia. La settimana scorsa, il presidente argentino ha partecipato al Forum della Belt and Road a Pechino e, incontrando Xi Jinping, ha definito la Cina «un vero amico dell’Argentina». Sempre la settimana scorsa, la banca centrale argentina ha rivelato che Pechino ha attivato una linea di swap di valuta con l’Argentina per un totale di 6,5 miliardi di dollari. Era inoltre agosto, quando è stato annunciato che Buenos Aires entrerà a far parte dei Brics. Infine, pochi giorni prima dell’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina, Fernandez si recò a Mosca per incontrare Vladimir Putin. E nell’occasione invocò una minore dipendenza dell’Argentina dal Fmi. Al contrario, Milei, oltre ad auspicare la dollarizzazione dell’economia argentina, è un duro critico di Pechino. Il candidato libertario avrà insomma i suoi difetti. Ma non ci sembra che i peronisti, tra politica economica ed estera, si siano rivelati granché lungimiranti.