2020-12-04
Arcuri sbaglia i conti. Le «siringhe d’oro» per il vaccino Covid
Invece di quelle standard, il commissario ha scelto un modello che costa 5 volte di più. E che i cinesi stanno già replicando.Il piano vaccini in Italia è in alto mare anche perché mancano le siringhe. Ci sono, per la verità, ma non quelle che piacciono al commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. Nel solito bando fatto in fretta e furia, con scadenza il 9 dicembre, ai fornitori sono state richieste siringhe che costano cinque volte tanto, rispetto alle standard, ma non ci sono stampi per produrle nel nostro Paese così finiremo per utilizzare quelle cinesi. Ieri a Tagadà, programma condotto da Tiziana Panella su La7, l'inviato Alessio Schiesari era nello stabilimento Pentaferte di Campli, in provincia di Teramo, dal quale escono mezzo miliardo di siringhe l'anno. L'azienda italiana, un colosso a livello internazionale che opera nel mondo medicale e dell'automazione industriale, ha partecipato alla «richiesta di offerta aperta» di massima urgenza effettuata da Arcuri per la fornitura di dispositivi medici (siringhe ed aghi) con i quali somministrare il vaccino anti Covid. Per l'esattezza, più di 157 milioni di siringhe e altrettanti aghi. Durante il collegamento, Antonio Masseroni, responsabile dello stabilimento, ha mostrato la differenza tra una normale siringa vaccinale e quella che ha ordinato l'Italia. «La cosiddetta “tubercolina", comunemente reperibile nelle farmacie e di produzione standard, da 1 millilitro, e che può essere venduta con o senza ago», precisava Masseroni, «non è la siringa che abbiamo trovato nel bando». Quella richiesta dallo staff di Arcuri, infatti, è una monouso luer lock. «La differenza sostanziale è nella connessione tra il cilindro e l'ago», spiegava il responsabile del controllo qualità, «in questo tipo di siringa è ad avvitamento e non a pressione». Tradotto in termini pratici, «è più performante», ma ha costi e reperibilità ben diversi «ed è un prodotto atipico per i vaccini». Il costo, secondo Masseroni «è anche 5-6 volte superiore a quello di una siringa standard». Per quanto riguarda la reperibilità «essendo un prodotto non standard, la messa in produzione partirebbe tra due o tre mesi». Da settembre la Pentaferte, che si occupa di ogni aspetto, dallo stampaggio alla sterilizzazione e al trasporto, sta già producendo delle siringhe per la vaccinazione: un paio di milioni al mese «per il ministero della Salute francese». Ma, udite udite, sono «siringhe standard». Quindi la Francia sta ordinando prodotti di uso corrente, a costi contenuti, invece al nostro Paese il commissario Arcuri farà pagare cifre elevatissime per siringhe che non sono reperibili. Ci vorranno due tre mesi perché parta la produzione. La Francia sta facendo scorta, vuole essere pronta quando arriverà il vaccino, invece noi saremo in coda ad aspettare le siringhe belle e impossibili. Già il 29 novembre durante la trasmissione Non è l'Arena, Gianluca Romagnoli, titolare di Pentaferte, in collegamento telefonico commentava: «Il bando prevede delle caratteristiche tecniche delle siringhe che non sono reperibili sul mercato». Aggiungeva che «sono prodotti di super nicchia che costerebbero di più e che non servono per il vaccino». Alla Verità oggi Romagnoli confida di non essere più sicuro di partecipare al bando. «Con l'Artsana, siamo le uniche due aziende italiane che producono siringhe: mi sembrava giusto esserci. Ma nessuno mi ha interpellato per chiedere un consiglio sui prodotti richiesti». Romagnoli non riesce a capire perché «Francia, Germania, Spagna utilizzino siringhe standard, mentre in Italia ci si è intestarditi sulle luer lock. Stiamo parlando di una differenza notevole di costi: mentre la “tubercolina" viene venduta a 8 centesimi, l'altra richiesta dallo staff di Arcuri può costare 40 centesimi. Ma non è solo questo il problema. Per fare lo stampo, dovrò aspettare febbraio e nel frattempo già ci sono importatori cinesi che stanno mettendo sul mercato prodotti di bassa qualità e a prezzo irrisorio». Il titolare dell'azienda sta valutando se valga la pensa investire in uno stampo per siringhe «che quasi nessuno chiede. Per vaccinare non servano. E come se volessi andare a fare la spesa con la Ferrari invece che con la Panda». Sui tempi che il bando impone, l'imprenditore è ancora più critico: «Perché si è aspettato il 24 novembre, quando già da settembre si sapeva che servivano siringhe per le vaccinazioni? Ci hanno dato 14 giorni per presentare l'offerta, a fine dicembre dovrei già consegnare milioni di siringhe. Non si può lavorare in questo modo. Purtroppo andrà a finire che al bando risponderanno solo cinesi con i loro prodotti da pochi centesimi e di scarsa qualità». Intanto in Gran Bretagna il Jcvi, Comitato congiunto per la vaccinazione e l'immunizzazione, ha sconsigliato alle donne incinte di assumere il vaccino perché non ci sono ancora dati sulla sua sicurezza in gravidanza «né da studi sull'uomo né su animali». Nel suo parere tecnico, il comitato ha raccomandato di avvisare la popolazione femminile «di non farsi avanti per la vaccinazione se possono essere incinte o stanno pianificando una gravidanza entro tre mesi dalla prima dose». Perplessità anche sul fronte statunitense: secondo Anne Lyerly, ostetrica e bioetica presso l'Università della Carolina del Nord, «le donne incinte sono ora esattamente nella popolazione ad alto rischio».
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Ernesto Maria Ruffini (Ansa)