2021-01-03
Ma Arcuri ha pronta la strategia: sfornare flop e incolpare le Regioni
Il commissario scarica sui territori anche i ritardi della campagna vaccinale: ma è stato lui ad acquistare i farmaci non ancora validati da Ema e Aifa e ad aprire i bandi per il personale sanitario solo a dicembre.«La campagna dei vaccini sarà nazionale, manderò un libretto di istruzioni alle Regioni». La frase di Domenico Arcuri il 13 dicembre non lasciava dubbi: sarà lo Stato a salvare il Paese. Il riassunto era lampante: il settimo cavalleggeri arriva da Roma con le strategie del ministero della Salute, con i tempi e i modi dettati dal Commissario per l'emergenza (lui) e con le dosi che l'Europa ci manda. Non per niente il viaggio del furgone-fiaccola, idealmente sorvolato dalle Frecce tricolori, è stato Brennero-Roma; quando fa comodo, essere sovranisti come Angela Merkel non guasta.Nel definire il perimetro dell'operazione c'era anche un evidente dato levantino: Bruxelles procura le fiale che abbiamo ordinato, palazzo Chigi le mostra come il santo Graal attribuendosi i meriti e approntando tendoni con le primule. Le Regioni le distribuiscono secondo regole centrali e condivise. Già nella suddivisione dei compiti si nota qualcosa di furbescamente anomalo, con una conseguenza scontata e in via di moltiplicazione sui media governativi: «La colpa dei ritardi nel vaccinare è delle Regioni». Ovviamente non di tutte, quelle di centrodestra ne hanno di più. E la Lombardia molte di più, scommettiamo? Poiché in primavera si vota a Milano, dunque il Pd è pronto a sfruttare il vaccino elettorale come ha sfruttato con ali da condor il virus politico.Anno nuovo, vizio vecchio: è ricominciato il gioco dello scaricabarile. Eppure «la campagna dei vaccini sarà nazionale». Arcuri detto Gerundio (il suo slogan preferito è «stiamo provvedendo») aveva scolpito il concetto nella pietra. Questa volta il suo slalom sistematico - dalle mascherine ai banchi, dagli scandali sulle forniture ai bandi per le terapie intensive - funziona ancora meno per quattro motivi. Il primo è comico. La campagna è cominciata simbolicamente il 29 dicembre e i dati indicano i 10.808 vaccinati nella Regione Lazio (con beatificazione per proprietà transitiva di Nicola Zingaretti) su 45.805. Il giornalista algoritmico, ultima moda di redazione, non tiene conto del trasporto nei territori e delle differenti tempistiche organizzative fra Regioni più o meno grandi, più o meno popolose. La voglia di azzannare è tale da trasformarsi in ansia per chi è in astinenza da qualche settimana.Il secondo motivo è strutturale. Mentre la Germania e molti altri Paesi hanno puntato su Pfizer, Arcuri ancora una volta ha sbagliato cavallo. Oltre a 27 milioni di dosi Pfizer, su direttiva del ministero retto da Roberto Speranza, dell'Istituto superiore di sanità e del Comitato tecnico scientifico, il Commissario ha acquistato pacchetti importanti di vaccini anche da Astrazeneca (40 milioni di dosi), Curevac (30 milioni) e Moderna (10 milioni) che non sono stati ancora validati dall'Ema, ente europeo del farmaco, e Aifa, l'agenzia italiana. Se non ci sarà uno sblocco sollecito dei tre prodotti, i presunti ritardi vaccinali di oggi aumenteranno. E non certo per colpa delle Asl regionali o del direttore sanitario dell'ospedale in fondo a sinistra, come vorrebbero far credere i media orchestrati da Rocco Casalino.Il terzo motivo dell'inutile scaricabarile è organizzativo, la specialità della casa. Arcuri si è addormentato (come spesso gli succede) nella tempistica, decisiva nelle campagne di massa. Ricordate la risposta sprezzante di Giuseppe Conte a un giornalista: «Se lei ritiene di poter far meglio di Arcuri la terrò presente»? Ecco, gli errori precedenti non hanno lasciato traccia. Così lo Speedy Gonzales calabrese ha aperto il bando per reclutare 15.000 operatori sanitari, 3.000 medici e 12.000 infermieri, decisivi per implementare le vaccinazioni, solo a inizio dicembre. Con una postilla che mette i brividi: «Gli operatori economici potranno richiedere ulteriori informazioni inerenti la presente procedura di gara entro e non oltre il 22/12/2020». Insomma, alla vigilia di Natale stavano per arrivare i primi vaccini e non c'erano ancora medici e infermieri. La ricerca era già diventata una corsa affannosa contro il tempo. Con nessuna possibilità di deroga o di aggiustamento locale perché il bando firmato dalla presidenza del Consiglio dei ministri ha prerogative nazionali. Dare la colpa alle Regioni se manca personale sarebbe semplicemente un'infamia. Il quarto punto delle responsabilità della struttura governativa è contenuto nelle parole di Giacomo Lucchini, responsabile operativo della Regione Lombardia per le vaccinazioni, che aiuta a cogliere l'essenza del quadro in via di definizione. «Non si può pensare di raggiungere i nostri nove milioni di cittadini lombardi per lettera. Pensiamo di incrociare i dati delle anagrafi sanitarie con medici di famiglia, gestori telefonici, ed enti locali in modo da poter individuare il recapito telefonico delle persone alle quali proporre la profilassi. Più problematico sarà per gli anziani che potranno essere contattati attraverso i Comuni e le famiglie». Fin qui una situazione che presuppone notevole impegno organizzativo sul territorio, qualcosa che va ben oltre i proclami di Arcuri, i selfie con le scatole di dosi e le primule da asilo di Stefano Boeri. Ma la sottolineatura decisiva per capire chi ha in mano il pallino e lo tiene stretto arriva adesso. «Questo è un piano nazionale», chiarisce Lucchini. «Stiamo aspettando dalla struttura commissariale il nuovo software che consentirà di organizzare il lavoro. Speriamo che tutte le Regioni vadano avanti insieme». E chi deve fornire il software? Chi è il webmaster dei prodigi che stupì il mondo con Immuni? Indovinato. «Stiamo provvedendo». È ancora lui, Gerundio.
Jose Mourinho (Getty Images)