2025-01-17
«Oltre 1 miliardo bruciato in mascherine non conformi». L’atto di accusa ad Arcuri
In commissione Covid, la Jc electronics ha parlato dei contratti annullati. Poco dopo il manager si è difeso ma non ha chiarito il problema delle certificazioni. Verrà risentito.La commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid-19 ha dedicato le audizioni di ieri all’importazione delle mascherine nel periodo in cui queste risultavano introvabili in Italia. Accanto al presidente Marco Lisei di Fratelli d’Italia si sono seduti prima Dario Bianchi, fondatore e amministratore della Jc electronics, azienda di Colleferro che all’inizio aveva stipulato un contratto con la Protezione civile (quando ancora non era stata istituita la struttura commissariale per l’emergenza) e che poi si è vista revocare il contratto (faccenda che è finita in tribunale, dove in primo grado la presidenza del Consiglio è stata condannata a risarcire oltre 200 milioni di euro alla Jc), poi Domenico Arcuri, ex commissario straordinario per l’emergenza. La vicenda si è intrecciata, anche a livello penale (l’inchiesta si è chiusa con un’archiviazione per Arcuri), con la fornitura da 1,2 miliardi di euro, questa andata a buon fine, mediata, sostiene l’accusa in un procedimento in cui Arcuri è ancora imputato per il reato di abuso d’ufficio (e per il quale ha chiesto il rito abbreviato), che è ancora in corso. Sul tavolo della commissione insomma ci sono le dinamiche che hanno accompagnato le procedure per l’importazione dei dispositivi di protezione provenienti dalla Cina. Bianchi ha fornito la sua ricostruzione delle vicende che hanno portato alla risoluzione del contratto. Le sue parole, supportate dai documenti burocratici, commerciali e dalle pagine di informative giudiziarie che ha mostrato in aula, hanno tracciato un quadro che ha sollevato più di una questione tra i commissari (non si potevano fare domande per i tempi stabiliti per le audizioni, ma ci sarà una seconda convocazione per l’esame incrociato). Arcuri ha replicato punto su punto, anche lui mostrando slide con i documenti e difendendo le scelte adottate dalla struttura. «Il nostro contratto è stato firmato il 23 marzo 2020», ha spiegato Bianchi, aggiungendo: «Due giorni dopo, il 25 marzo, Arcuri inviava il primo ordine al consorzio Wenzhou e Luokai, al prezzo di 2,20 euro a mascherina. Lo stesso prezzo che avevamo concordato noi. Successivamente, la struttura commissariale ha ordinato 100 milioni di pezzi a 2,16 euro». Bianchi ha sottolineato che le mascherine proposte dalla sua azienda erano conformi e validate dall’Inail. Tuttavia, il 26 giugno 2020 arrivò una contestazione da parte della struttura commissariale: le merci sarebbero risultate non conformi. «Abbiamo inviato cinque email e due Pec per chiarire la situazione, ma ci è stato risposto che si erano “dimenticati” di rispondere», ha detto Bianchi. In effetti nella sentenza che ricostruisce la vicenda si afferma che Antonio Fabbrocini, braccio destro di Arcuri nella struttura commissariale, non aveva girato una delle Pec al Cts con i documenti inviati dalla Jc per la validazione del materiale. Nel frattempo, le forniture provenienti dai consorzi Wenzhou e Luokai andavano avanti, nonostante, secondo quanto dichiarato da Bianchi, le mascherine di questi fornitori fossero accompagnate da certificati non a norma. «La dogana italiana», ha affermato Bianchi, «sapeva che i documenti non erano validi e anche il governo cinese aveva segnalato che le certificazioni erano problematiche. Ma le forniture proseguivano». Un elemento che Bianchi ha descritto come inquietante riguarda proprio la Luokai, un’azienda che, secondo quanto afferma il numero uno di Jc, è stata fondata il 10 aprile 2020. Nonostante ciò, il primo ordine della struttura commissariale è stato inviato il 15 aprile 2020. Ma non è finita: «Sui documenti doganali compariva il nome Luokai trade, ma l’azienda si chiamava Luokai trading. Il 19 maggio 2020 qualcuno corre a cambiare il nome della società alla Camera di commercio cinese», ha sottolineato Bianchi. Che subito dopo si è chiesto: «Ma come potevano i documenti antecedenti a quella data riportare già il nuovo nome della società? Hanno il dono della veggenza?». E c’è un altro particolare: «Il 5 maggio», evidenzia Bianchi, «Arcuri, lo apprendiamo da fonti aperte, si incontra con Benotti e Mauro Bonaretti, al tempo vice di Arcuri nella struttura commissariale. Io sarei curiosissimo di capire cosa si sono detti quando si sono incontrati. Ma non si saranno detti che i documenti riportavano il nome della Luokai trade ma visto che la società non si chiamava si è corsi a cambiare il nome dell’azienda?». Nella ricostruzione di Bianchi la Jc riceveva ordini per la fornitura di mascherine esattamente in parallelo al consorzio Wenzhou e alla Luokai. Il contratto con la Jc electronics, tuttavia, secondo Bianchi viene risolto il 3 agosto 2020. Si trattava di un accordo calibrato su misura, ma la struttura commissariale decise di non pagare le forniture con la motivazione che queste non fossero state validate dal Cts. E mentre la Jc veniva sottoposta a numerosi controlli (Bianchi ne ricorda 28), la struttura commissariale, secondo Bianchi, avviava un nuovo contratto con le aziende mediate da Benotti, «nonostante le evidenti problematiche legate alla qualità e alla conformità delle mascherine fornite». Ultima questione: «Nel corso della fornitura», secondo Bianchi, il costo delle mascherine fornite da Wenzhou e Luokai» sarebbe «triplicato». Ed ecco la replica di Arcuri, che ha liquidato la ricostruzione di Bianchi come una «spy story». Sulla lentezza delle consegne di Jc: «Dal 18 marzo al 26 maggio Jc aveva consegnato solo il 4,9% delle mascherine previste dal contratto. Al 15 aprile la percentuale era ancora del 4,9%, mentre al 26 giugno era salita al 12%, ma di queste, un altro 12% non era stato validato». Sull’accusa di favoritismi: «Ho subito un procedimento penale basato sulla cervellotica ipotesi che la risoluzione del contratto con Jc fosse preordinata a favorire un altro fornitore. Tuttavia, il pubblico ministero ha richiesto l’archiviazione, affermando che il commissario Arcuri non aveva un interesse a creare una sorta di esclusiva delle importazioni di altri fornitori”. Ha inoltre concluso che “si può avere il sospetto, ma si resta nel campo dell’intuizione personale e non della prova penale”». Sulle decisioni del giudice: «Il gip ha dichiarato che non emergono collegamenti da parte dell’indagato (il sottoscritto) per orientare il comportamento dei dipendenti e non risultano provati interessi personali nel danneggiare Jc electronics». Sul presunto monopolio delle aziende cinesi: «Hanno consegnato 800 milioni di dispositivi, pari al 7,6% del totale acquistato dalla struttura commissariale. Una percentuale lontana dal “monopolio” di cui alcuni continuano a parlare». Confronto tra Jc electronics e i fornitori cinesi: «Il 25 maggio le aziende cinesi avevano già consegnato 223 milioni di mascherine, mentre Jc electronics 494.000. Al 30 giugno le cinesi avevano raggiunto 611 milioni, la Jc solo 3,2 milioni. Al 16 luglio i fornitori cinesi avevano completato le forniture, mentre Jc era ferma a 3,2 milioni». Tempistica delle risoluzioni contrattuali: «La risoluzione parziale del contratto con Jc è del 22 luglio 2020, riguardava 1 milione di mascherine non conformi. La risoluzione totale è arrivata il 3 agosto. I fornitori cinesi avevano già completato le consegne tre mesi prima».Uno dei nodi centrali, che restano irrisolti con le audizioni, è il costo delle forniture. Bianchi ha evidenziato come il prezzo delle mascherine acquistate dalla struttura commissariale, in totale 1,2 miliardi di euro, sia triplicato nel corso delle operazioni, per mascherine che, a suo dire, non erano a norma (tant’è che sono poi state sequestrate dalla Guardia di finanza). Ed era stata proprio la Guardia di finanza a sostenere in una informativa che «la scrupolosità della struttura commissariale per le mascherine della Jc non sembrerebbe essersi registrata con gli acquisti in Cina dei Dpi nell’ambito delle commesse intermediate da Benotti. [...] In particolare i Dpi importati da Wenzhou e Luokai presentavano delle criticità sia in fase di sdoganamento sia in relazione all’autenticità delle certificazioni». Bianchi, dopo l’intervento di Arcuri, ha commentato: «Ha dedicato il cento per cento del tempo a disposizione a una fornitura che definisce dello 0,1 per cento del volume totale delle commesse. Perché non ha parlato di Wenzhou e Luokai o di Benotti?». Inoltre per Bianchi «le forniture sono tutte avvenute nei tempi stabiliti: Arcuri dice che tra aprile e maggio non avevano consegnato niente, ma abbiamo le Ddt (i documenti di trasporto, ndr), e tra il 15 aprile e il 25 maggio abbiamo eseguito 18 consegne». Infine ha ribadito che «il contratto era a misura». Intanto, le parole dei due in commissione hanno alimentato il dibattito politico. Il dem Francesco Boccia ha bollato le questioni affrontate come «marginali, rispetto alla pandemia». Mentre la deputata di Fratelli d’Italia Alice Buonguerrieri ha dato un peso diametralmente opposto alle audizioni, sollecitando una nuova verifica della magistratura. Dopo i lavori i pentastellati hanno alzato le barricate. Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 stelle: «Arcuri ha riportato la scienza al centro dell’inchiesta, smontando le accuse della destra con documenti e riscontri». Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato: «È vergognoso che un organo istituzionale diventi il palcoscenico per accuse infondate e propaganda politica». Ma per Fratelli d’Italia «Arcuri non ha fatto altro che minimizzare e denigrare invece di rendere conto di ciò che ha fatto o omesso di fare la struttura commissariale da lui gestita». Ieri La Verità ha provato a contattare Arcuri ma né lui né il suo avvocato hanno risposto.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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