
Il vicepremier: «Ci siamo visti e l'ho convinto che bisogna evitare i conflitti tra i poteri. Ora via un altro pezzo di Jobs act».«La notizia è questa: tra pochi giorni demoliamo un altro pezzo importante del Jobs act imposto da Renzi».Quale?«Torniamo a tutelare il mondo del lavoro invece che gli interessi dei soliti noti. Reintroduciamo la Cassa Integrazione straordinaria in caso di licenziamento».Quando?«Da subito. Non c'è tempo. Ci sono tanti tavoli aperti, centinaia di lavoratori che rischiano di finire in mezzo ad una strada in questo autunno caldo. Lo vareremo in tempi rapidissimi, con un emendamento apposito inserito nel decreto Urgenze, il primo spazio utile che avevamo a disposizione per intervenire».Ovvero?«Si voterà in questi giorni e il provvedimento sarà esecutivo da subito. Dobbiamo fare presto, in primo luogo per salvare i lavoratori della Bekaert. Ma ovviamente non solo per loro».Varrà per tutti?«Per tutti. Sarà una modifica strutturale e definitiva alla legge. Un altro pezzo di Jobs act che smontiamo. Un altro passo avanti».Stanno già arrivando le prime critiche. Però...«Critiche ridicole, me lo lasci dire. Trovo assurdo che queste obiezioni arrivino dal Pd, il partito che si vantava di difendere i lavoratori, e che invece aveva fatto questo danno».Vi danno dei «conservatori».«Stiamo restituendo dignità alle persone. Stiamo restituendo diritti che la sinistra aveva tolto a chi lavora. Capisco che siano nervosi. Sono i loro stessi elettori che li insultano per quello che hanno fatto».Entriamo nel merito degli attacchi: gli uomini del Pd dicono che loro avevano abolito la cassa in caso di cessazione attività per evitare il rischio di «assistenzialismo».«È il contrario semmai: questo strumento serve proprio per guadagnare il tempo necessario per trovare le soluzioni migliori. Tutti i lavoratori che ho incontrato vogliono lavorare, non essere mantenuti».Dicono che questo provvedimento sarà un costo per le casse pubbliche.«Questa è davvero un'altra balla. La Cigs, come è noto, è pagata quasi totalmente da un fondo compartecipato di lavoratori ed imprese. Non peserà sulla nostra manovra. Ma risolverà l'assurdo creato del Jobs act in virtù del quale conveniva licenziare tutti piuttosto che trovare una soluzione salva-azienda».Luigi Di Maio - vicepremier e ministro dello Sviluppo economico - ha scelto di intervenire con un nuovo strappo. In una estate in cui non si è fermato un minuto, Di Maio vara un altro provvedimento che continua il piano di ridefinizione della legislazione sul lavoro avviato con il decreto Dignità.Il racconto del modo in cui è nato questo progetto, e del clima in cui verrà votato, spiega molto della fase di emergenza in cui il governo del cambiamento sta muovendo i primi passi. Ma il vicepremier parla anche dell'accordo con l'Ilva, spiegandone i retroscena, e della polemica tra Salvini e i magistrati.Ministro, cominciamo dalla Cigs: come mai questo annuncio, quasi a sorpresa?«Era un promessa che avevo fatto davanti ai cancelli della fabbrica di Figline Valdarno. Sono stato da loro il 10 agosto, e da allora meditavo questa soluzione, l'unica utile per questo tipo di crisi».Ma era preventivato questo secondo pezzo di riforma dopo il decreto Dignità?«Continuiamo a fare in un'altra forma quello che abbiamo iniziato. Stiamo correndo veloci, dobbiamo bruciare le tappe».In che senso?«Per risolvere la vicenda Ilva c'è stata una trattativa durata 18 ore, abbiamo lavorato giorno e notte. Non abbiamo dormito per trovare questa soluzione, e adesso continuo a lavorare per finire il lavoro alla Bekaert: che per me significa trovare un nuovo compratore per quella società».Sembra che stiate vivendo in un clima di continua emergenza.«Sì. Siamo passati da una catastrofe all'altra, di ora in ora, di giorno in giorno. Abbiamo passato l'estate sul ponte Morandi, sull'Ilva, sulle fabbriche in crisi. E nel frattempo ci occupavamo delle altre vertenze aperte. Il 10 agosto quando ho incontrato quei lavoratori della Bekaert ho appreso i dettagli di una vicenda incredibile. Sono rimasto impressionato dalla loro voglia di lavorare. E dal problema enorme che quella vicenda ci segnalava».Cioè?«Con il Jobs act era stata abolita la cassa integrazione straordinaria in caso di licenziamento. Una scelta dissennata che privava il sistema di un ammortizzatore importante».Perché?«Nel caso della Bekaert è quasi clamoroso: abbiamo delle offerte di acquisizione, degli interessamenti che arrivano anche da aziende importanti, desiderose di rilevare la fabbrica. Ma in base al Jobs act i lavoratori sarebbero finiti tutti in Naspi, cioè con il sussidio di disoccupazione, dopo aver perso tutto»Sull'Ilva Calenda attacca. Dice che è il vostro è il suo stesso accordo. In un tweet scrive: «Sono contento che Di Maio abbia cambiato idea».(Risata). «Ah sì? Se è lo stesso accordo come mai i sindacati con lui si erano alzati dal tavolo e se ne erano andati, invece in questo caso hanno trattato insieme a me con l'azienda giorno e notte e sottoscritto il nuovo accordo?».Questa è una prova contrario. Mi spieghi le differenze più importanti.«Con il precedente accordo venivano assunti 10.000 lavoratori in Ilva. Con questo ne vengono presi 700 in più. Ma tutti quelli che non vengono assunti ora o magari vengono assorbiti in altre società, avranno comunque il diritto di essere ripresi dall'azienda, al termine di quei percorsi. È una bella differenza».E sul piano ambientale?«Le coperture dei parchi minerari e le altre tutele, che per noi erano la vera emergenza, vengono anticipate. La salute delle famiglie di Taranto, e dei bambini che sono i più esposti alle emissioni e alle polveri, era la nostra priorità».È vero, però, che in una parte degli elettori del M5s c'è la protesta di qualcuno che sognava la chiusura totale.«Capisco questa posizione, ma io ho spiegato che si tratta del miglior accordo possibile nelle peggiori condizioni immaginabili proprio per questo motivo».Questo che vuol dire?«L'accordo era già chiuso dal precedente governo. Il 15 settembre Mittal sarebbe entrata negli impianti. Abbiamo esercitato tutta la pressione possibile per migliorare delle condizioni di partenza che non avevamo fissato noi. Però....».Cosa?«Sul terreno ambientale abbiamo migliorato quel testo introducendo anche uno strumento di controllo decisivo: se Ilva non termina le coperture entro quella data del gennaio 2019 - un anno prima del vecchio accordo! - il contratto diventa nullo».Alla fine Autostrade costruirà il nuovo ponte o no?«Io ho detto che per me non lo deve fare. Trovo incredibile che degli indagati per omicidio vadano ancora in giro a far danni. Noi su questo saremo inflessibili, anche con chi ha governato prima di noi».Cosa significa questo, è minaccia?«Vuol dire che presenteremo un esposto per danno erariale alla Corte dei Conti per far pagare i ministri che hanno gestito le concessioni in questo modo».È una vendetta sulle persone?«È un atto di giustizia dovuto anche verso chi ha perso la vita. È quello che ho promesso alle famiglie delle vittime».Parliamo del messaggi di Salvini sui magistrati senza giri di parole?«Non ho alcun problema ma devo fare una premessa».La faccia.«Noi abbiamo condiviso tutte le scelte del ministro Salvini in campo di immigrazione ma anche sulla vicenda della Diciotti: su questo siamo solidali con lui».Cosa intende?«Sapevamo che imboccare quella strada voleva dire anche prendere decisioni forti. Ma abbiamo sostenuto Salvini sapendo che quello che stava facendo lo avremmo rivendicato come governo».C'è un però?«Sì, ed è questo. Condividere le scelte non può significare condividere gli attacchi alla magistratura».Cosa non condivide?«L'idea di scatenare una guerra tra la politica e la magistratura, un conflitto tra poteri. Anche a noi è capitato di essere stati colpiti da provvedimenti dei magistrati. Anche noi abbiamo difeso e proclamato la nostra innocenza, perché questo è un diritto, ma non abbiamo messo in discussione la legittimità di quelle indagini».La Lega è colpita da due inchieste.«Questo lo capisco. Stanno attraversando un momento difficile, ma quando è accaduto ai nostri rappresentati e ne sono usciti, come nel caso recente di Nogarin, senza scatenare conflitti».La differenza tra questo atteggiamento e l'altro quale è?«Che la gente ci ha votato per essere diversi rispetto ai politici del passato. E su questa strada non ci capirebbe e non ci seguirebbe».
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.
Ansa
Per la sentenza n.167, il «raffreddamento della perequazione non ha carattere tributario». E non c’era bisogno di ribadirlo.
L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.
Ansa
Sfregiata anche la targa dedicata a Gaj Tachè, il bambino di due anni ucciso nel 1982 da terroristi palestinesi. Solidarietà bipartisan alla comunità ebraica. Mattarella telefona al presidente Fadlun. Silenzio da Albanese.
In Italia la scia di ostilità contro luoghi e simboli dell’ebraismo continua a espandersi. Nella notte tra domenica e lunedì due individui hanno imbrattato le mura della sinagoga di Monteverde, a Roma, tracciando frasi come «Palestina libera» e «Monteverde antisionista e antifascista». Le scritte sono apparse lungo via Giuseppe Pianese, a pochi passi dalla targa dedicata a Stefano Gaj Taché, il bambino assassinato nell’attacco terroristico palestinese del 9 ottobre 1982, anch’essa ricoperta di vernice nera.






