2025-04-14
Antonella Sberna: «È ora di rivedere il Green deal. E un cambio di passo già c’è»
L’europarlamentare di Fdi, vicepresidente dell’Aula di Strasburgo: «Zero tariffe tra noi e gli Usa? Un orizzonte a cui mirare, ma tutelando la qualità del nostro agroalimentare».Antonella Sberna, eurodeputata di Fratelli d’Italia e vicepresidente dell’Aula di Strasburgo, dopo che Stati Uniti e Europa hanno congelato l’arma del dazio, come prevede che si svilupperanno i negoziati?«La sospensione reciproca dei dazi sembra segnare l’inizio di un dialogo vero e proprio, fondamentale per disinnescare le tensioni economiche degli ultimi giorni e per riconsiderare gli equilibri della bilancia commerciale. Come ho avuto modo di dire anche a Vinitaly pochi giorni fa, dazi, burocrazia e barriere non tariffarie non sono mai stati la soluzione alle esigenze del mercato. Ma preferisco concentrarmi su ciò che l’Europa può fare per sé stessa. Questi 90 giorni rappresentano un’opportunità per riflettere su chi vogliamo essere e dove vogliamo andare nella nostra visione comune. E la leadership che l’Italia sta interpretando è di grande lungimiranza e di buon auspicio affinché l’Europa prenda coscienza di sé stessa. Anche in ottica di una semplificazione della burocrazia interna e di rilancio della competitività che, in questa fase, può sicuramente consentirci di dialogare meglio con chiunque». Come deve sfruttare l’Italia e l’Europa i 90 giorni concessi da Trump?«Pensare solo a questi 90 giorni mi sembra quasi riduttivo. Sono gli ultimi due anni e mezzo del governo Meloni ad aver visto l’Italia di nuovo protagonista autorevole e affidabile nel mondo. Ed è questo il bagaglio che l’Italia può portare ad ogni confronto. Per sé stessa e per tutta l’Europa. Questo vale certamente nel dialogo con gli Stati Uniti d’America sul tema dei dazi ma ha senso anche, in generale, guardando ad altre aree geografiche. Penso ad esempio al Piano Mattei per l’Africa. L’Italia sta dimostrando di voler assumere responsabilità anche verso i propri vicini. E questo viene osservato con attenzione da tutti i più importanti attori internazionali». Che cosa si aspetta dalla missione del 17 aprile del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Washington?«Innanzitutto, mi permetta di dire una cosa: quando il presidente Giorgia Meloni invitava ad evitare crisi di panico, aveva perfettamente ragione. Così come aveva ragione nel chiedere di scongiurare guerre commerciali. È stata la voce più forte, chiara e determinata in Europa. Questo già le conferisce autorevolezza nel dialogo con gli Stati Uniti e nella comprensione delle rispettive ragioni».È realmente possibile puntare allo «zero a zero», cioè al cancellazione reciproca dei dazi?«Ad oggi pare uno scenario lontano ma un orizzonte a cui mirare, senza rinunciare ad alcuni capisaldi della nostra economia. Mi riferisco, ad esempio, alla tutela degli alti standard di qualità che caratterizzano il nostro settore agroalimentare e alle denominazioni di origine, un patrimonio che vale decine di miliardi di euro all’anno solo di export. Difendere questi valori è un qualcosa di diverso da una posizione protezionista, è un atto di responsabilità verso la nostra identità economica e culturale». Che ne pensa dei malumori filtrati da ambienti francesi circa la visita di Meloni, giudicata «divisiva»?«È del tutto naturale che l’Italia sottolinei la propria la capacità di dialogare con il mondo e naturalmente anche con gli Stati Uniti. Lo riconosce anche l’Unione europea e non mi sembra che da parte dei governi dei Paesi membri ci siano state polemiche in tal senso. Sono sicura che la visita del presidente Meloni servirà a rafforzare l’Europa e tenerla unita, nell’interesse dell’Italia e di tutti gli Stati membri dell’Unione europea». La guerra commerciale tra Usa e Cina è senza precedenti. Trump conferma i dazi contro Pechino. Non pensa che l’Europa – Francia e Germania hanno forti interessi cinesi – si presenti ancora una volta divisa in merito a questo scontro?«In passato ci sono state certamente delle divergenze di vedute tra gli Stati membri, come ad esempio le posizioni riguardo alle tariffe europee sulle auto elettriche, per capire che la discussione è tutt’altro che teorica. E non è l’unico dei settori con cui ci sono delle criticità. Penso ad esempio alla ceramica e ai prodotti siderurgici. Si tratta di tutelare le nostre imprese da una concorrenza fuori mercato che è spesso causa di perdita di posti di lavoro. Ed a questo deve pensare l’Europa, innanzitutto. La vera questione, quindi, è di coerenza e consapevolezza». Sembra che gli Stati Uniti, con la loro condotta, stiano quasi costruendo una coalizione anti-Cina. Nel caso, l’Italia non dovrebbe schierarsi saldamente con Washington?«Anche in questo caso il ruolo del governo italiano sembra essere sempre di più al centro delle complesse dinamiche attualmente agli onori della cronaca. Sono certa che l’autorevolezza di Giorgia Meloni rappresenterà, anche in questo frangente, un valore aggiunto al dialogo e all’individuazione di posizioni di politica estera e commerciale coerenti con il nostro interesse nazionale ed europeo». Uno dei simboli della vicinanza europea alla Cina sono i provvedimenti «green», che hanno certamente avvantaggiato, nel caso dell’auto elettrica, aziende cinesi. È arrivato il tempo di archiviare la legislazione ambientalista, che ha danneggiato l’automotive italiano?«Già, diciamolo chiaramente: è arrivato il momento di fare il tagliando al Green deal. Serve capire con onestà intellettuale se ci sono misure che hanno funzionato e riconoscere, invece, tutte quelle che creato danni concreti. Mettiamo da parte le norme che, di fatto, costringono le imprese europee a competere sul mercato globale ad armi impari. E il Clean Industrial Deal è la prova di un primo cambio di passo. Va anche riconosciuto che Fratelli d’Italia, al Parlamento europeo, ha già ottenuto risultati significativi. L’“omnibus”, ovvero il pacchetto che prevede la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e l’esonero da alcune normative ambientali, è una battaglia che portiamo avanti da tempo ed alcune delle misure previste dovrebbero entrare in vigore subito, ben prima del 2029». In tanti chiedono una revisione profonda del Patto di stabilità, per affrontare le nuove tensioni economiche. Quale tipo di modifiche proporrebbe?«Il Patto di stabilità è come un vestito europeo su misura, peccato che la misura venga presa sulla taglia di qualcun altro. A parte l’ironia, credo che questo sia un buon esempio della maggiore flessibilità che dovrebbe caratterizzare il Patto, il quale, troppo spesso, ha escluso l’utilizzo di una buona spesa pubblica, come ad esempio quella per ricerca e sviluppo. Lo spirito di come dovrebbe essere riformato il Patto è stato recentemente mostrato dal vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto in relazione alla politica di coesione. Quella sì che è veramente un’opportunità su misura per i territori e al passo con i tempi, in quanto individua delle priorità e agevola gli Stati che decidono di investire in quella direzione, senza obblighi troppo stringenti e con procedure semplificate. Si dovrebbe partire da lì per affrontare ulteriori sfide. Infatti, è già cominciato il dibattito sul prossimo bilancio dell’Unione europea. Sembrano temi distanti e complicati, ma hanno un grandissimo impatto sulla vita quotidiana di ogni cittadino». Al Vinitaly si è parlato della difesa del vino italiano. Quali sono gli strumenti in campo per proteggere questa eccellenza del made in Italy?«Proprio nei giorni del Vinitaly, la Commissione europea ha presentato il cosiddetto “pacchetto vino”. Un inizio incoraggiante ma che può essere ulteriormente migliorato dal Parlamento europeo con l’obiettivo di essere più vicini ancora alle esigenze del settore. Il Parlamento ha l’opportunità di lavorare in questa direzione. Tanti gli strumenti e tante le misure che saranno oggetto di trattazione legislativa nei prossimi mesi. Dall’etichettatura agli investimenti sostenibili, dalle autorizzazioni alle campagne di promozione, sono tutte misure che, come ha molto ben spiegato il ministro Francesco Lollobrigida, andranno nella direzione delle tutela di un comparto fondamentale per la nostra economia. Infine, vorrei concludere con un dato importante: una bottiglia su cinque nel mondo parla italiano. Il vino, e l’agroalimentare in generale, non è solo economia, è storia, cultura e qualità, ed è fondamentale che l’Unione europea lo riconosca e lo sostenga, soprattutto in un momento in cui le sfide globali impongono nuove strategie di valorizzazione e tutela del settore».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.