2024-05-01
Taglio ai vitalizi, la carica dei ricorsi ci può costare circa 80 milioni l’anno
La battaglia di 650 deputati e 350 senatori contro la stretta del primo governo Conte va in porto. La mossa dell’avvocato Paniz vale 40 milioni per entrambe le Camere. E salta pure il sequestro ai politici condannati.Sul Parlamento italiano, negli ultimi mesi, è tornata a svettare su tutte le altre una bandiera bipartisan: quella del privilegio del ceto politico rispetto al resto dei lavoratori. Si stanno delineando infatti, sentenza dopo sentenza, i costi mostruosi per il contribuente derivanti dall’abolizione ai tagli ai vitalizi decretati circa sei anni fa da Camera e Senato e cancellati da una serie di sentenze delle toghe e di delibere degli organi di autogoverno delle Camere. Per farla breve, nel 2018, sotto la spinta del Movimento 5 stelle, che all’epoca era il partito di maggioranza relativa, Montecitorio e Palazzo Madama decidono di introdurre anche per i parlamentari eletti prima del 2012 il sistema contributivo, già valido per gli eletti dopo il 2012. Piccola postilla: per tutti i lavoratori dipendenti italiani il retributivo era già stato abolito da anni, e in questi anni per una cospicua fetta di ex-parlamentari valeva la regola secondo la quale dopo una manciata di mesi lo stipendio da deputato o senatore veniva perpetuato. Appena disposto il taglio, un ex parlamentare e principe del foro, il bellunese Maurizio Paniz, si è posto alla testa della rivolta e ha raccolto circa 1.000 ricorsi (di 650 deputati e 350 senatori), depositati presso gli organi interni competenti di Camera e Senato (in base al famoso principio dell’autodichia) che per la parte senatoriale hanno già avuto piena soddisfazione, mentre per quella della Camera si avviano alla vittoria completa un caso alla volta. A luglio dello scorso anno, infatti, la commissione di garanzia del Senato, che è un organo inappellabile, ha cancellato la delibera con cui la precedente presidenza aveva introdotto i tagli. I ricorsi di Paniz, infatti, avevano portato la questione in commissione contenziosa, dopo un primo tentativo di ripristino fatto in Consiglio di presidenza, a cui si era opposto il segretario generale, prima di soccombere definitivamente la scorsa estate. Ma il risultato più concreto è che tutto finirà ancora una volta sulle spalle dei contribuenti, con cifre monstre, anche nelle stime per difetto fatte dagli stessi uffici parlamentari. A Palazzo Madama il risparmio stimato, nella scorsa legislatura, era stato di circa 40 milioni l’anno, quindi in tutto di circa 200 milioni. Una cifra più o meno equivalente è stata stimata per la Camera, perché l’ammontare totale dipende dagli anni passati in Parlamento dagli ex deputati e non solo dal loro numero, ma in questo caso non tutte le sentenze sono state pronunciate, e per avere un dato definitivo sul peso nelle casse statali dello stop ai tagli bisognerà ancora attendere. Partiamo dunque dai dati certi: 851 ex senatori e 444 familiari di senatori deceduti, sono già tornati a ricevere i loro vitalizi integrali, per un totale - come detto - di 40 milioni l’anno. Tra qualche mese ne sapremo di più sui deputati, ma se si prendono in considerazione le stime sui risparmi fatti dagli uffici della Camera quando fu discusso il taglio sei anni fa, più o meno le cifre saranno simili a quelle di Palazzo Madama, per cui l’aggravio sui contribuenti sarà raddoppiato, per un totale di circa 80 milioni in più l’anno tra Camera e Senato.A questo, che è sicuramente un danno economico per i cittadini, si aggiungono anche delle beffe, come quella che emerge da una sentenza relativa all’ex assessore regionale del Veneto, Renato Chisso, anche lui assistito da Paniz. Per avere le dimensioni esatte della sproporzione di trattamento tra cittadino comune ed eletti, basta infatti illustrare il caso recente di Chisso, che nel 2014 era stato arrestato in seguito allo scandalo Mose. Il politico chiese di patteggiare la pena, la quale viene fissata in due anni e 22 giorni di reclusione tra l’istituto penitenziario di Pisa e gli arresti domiciliari. Nel patteggiamento rientra anche la confisca di 2 milioni di euro, ma la linea di Paniz è stata di non considerare il vitalizio un privilegio collegato a una ristretta casta, bensì un normale trattamento pensionistico e come tale sottostante alle norme che regolano le pensioni, compresa la loro impignorabilità. E quando la Guardia di finanza è andata a bussare al Consiglio regionale del Veneto e ha confiscato tutto quanto era dovuto a Chisso (332.287 di vitalizio), si è dovuta scontrare con la forza del privilegio reclamata da Paniz: una sentenza dice che è possibile pignorare al massimo un quinto e la Finanza dovrà restituire a Chisso quattro quinti della somma citata più gli interessi e la rivalutazione. Ed è fin troppo facile prevedere che la sentenza sul ricorso di Chisso costituirà un precedente per una valanga di prossimi ricorsi da parte di altri politici nella sua stessa posizione, condannati a risarcimenti e sequestri, che solo in una minima parte potranno attingere ai vitalizi, di fatto oltre che generosi, ora anche impignorabili.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)