2022-02-11
«L’Europa voleva che mentissi su Omicron»
La ricercatrice sudafricana scopritrice della variante Omicron, Angelique Coetzee (Ansa-iStock)
Clamorosa denuncia di Angelique Coetzee, la ricercatrice sudafricana scopritrice della variante più contagiosa: «Scienziati e politici mi dissero che dovevo farla apparire pericolosa, ma non mi sono piegata. Il loro scopo era tenere alto l’allarme».Esiste un vasto consenso, ormai, nella comunità scientifica sul fatto che la variante Omicron generi nelle persone che la contraggono sintomi meno gravi rispetto alle precedenti. Tra i tanti esperti intervenuti in questi mesi al riguardo, si può per esempio citare quanto dichiarato al National Geographic da Carlos del Rio, epidemiologo e infettivologo dell’Università Emory di Atlanta, in Georgia, secondo il quale questa variante, pur avendo una contagiosità elevatissima («non ho mai visto niente di così infettivo in vita mia»), presenta «sintomi più simili a quelli del raffreddore». Gli stessi numeri osservati in molti Paesi, inclusa l’Italia, consolidano questa impressione. Ciò nonostante, qualcuno voleva creare - o mantenere - un clima di terrore sulla pandemia. Ad affermarlo in modo chiaro, in interviste rilasciate nelle scorse ore a varie testate internazionali, dal quotidiano tedesco Welt al britannico Daily Telegraph, è una persona che di Omicron se intende, dato che si tratta della dottoressa sudafricana Angelique Coetzee, vale a dire di colei che il 18 novembre 2021 scoprì questa variante, poi ribattezzata nel modo che tutti sappiamo dall’Oms. Beninteso: questa scienziata fin dall’inizio, quand’era interpellata anche da Repubblica, aveva sempre asserito che «la variante Omicron non deve preoccupare» dato che «i sintomi sono molto lievi».Il fatto è che Coetzee avrebbe ricevuto pressioni per esprimersi in senso opposto. «Mi è stato detto di dire che si trattava di una variante pericolosa», ha infatti spiegato, «e di non dichiarare pubblicamente che Omicron causava principalmente una malattia lieve». Una richiesta a cui, come appena detto, la dottoressa ha scelto di non conformarsi: «Ho rifiutato perché non è quello che stavo vivendo in prima persona». Nelle sue esplosive dichiarazioni, la donna precisa che i «suggerimenti» ricevuti non venivano dalle autorità del suo Paese, ma dall’estero.Da dove? Dall’Europa, da governi e scienziati del Vecchio continente. I riferimenti più precisi, su questo punto, la dottoressa li ha forniti nell’intervista con il Welt, tirando in ballo scienziati dei Paesi Bassi e del Regno Unito che, stando alle sue parole, l’avrebbero criticata per aver definito «lieve» la malattia causata da Omicron. Altre informazioni sull’accaduto sono emerse sul Daily Telegraph, a cui Coetzee ha detto: «A causa di tutte le mutazioni presenti, scienziati e politici - al di fuori del Sudafrica - mi hanno contattato dicendomi che avevo torto, che in realtà provocava una malattia grave, mi dicevano che non avevo idea di cosa stavo parlando».Dato che il tentativo di mettere a tacere le parole rassicuranti della specialista sudafricana, della quale era difficile sminuire l’autorevolezza - dato che è pure presidente della South african medical association (Sama) -, è fallito, ci hanno pensato direttamente le autorità occidentali e in particolare, sempre secondo la ricostruzione della dottoressa, a diffondere allarmismo. «C’è stata molta pressione da parte di scienziati e politici europei, che erano certi di aver ragione», ha infatti dichiarato Coetzee, aggiungendo che però costoro «hanno sicuramente esagerato».A scanso di equivoci, va sottolineato come la dottoressa in questione, scienziata di primo livello come si diceva, non solo non sia una no vax, ma resti apertamente convinta che i vaccini servano anche con Omicron. Che, parole sue, «può comunque essere grave» per «i non vaccinati o in altri casi», anche «se per la maggior parte di coloro che la contraggono causa una malattia lieve». Proprio questa sua visione equilibrata e aliena da ogni tifoseria rende attendibile la dottoressa Coetzee quando afferma - sia pure, va detto, senza far nomi, e quindi non consentendo, per ora, una verifica delle sue parole - che la si voleva ridurre al silenzio, quando parlava della variante del Covid-19 da lei stessa scoperta.Uno scenario, questo del tentativo di tener volutamente alta la tensione sulla pandemia, che meriterebbe di essere approfondito. I governi e gli scienziati europei temevano forse che Omicron potesse essere comunque severa per l’Europa, che come noto ha una popolazione di età più anziana, anche di molto, rispetto a quella sudafricana? Oppure c’era il timore che le rassicurazioni di Coetzee generassero un clima di distensione diffusa, con conseguenti condotte a rischio o il sabotaggio delle campagne vaccinali in corso? Gli scenari alternativi a quello d’una deliberata volontà, da parte di alcuni, di mantenere un clima di paura fine a sé stesso non mancano. E sarebbe incauto, comunque la si veda, trarre conclusioni azzardate dalle parole dalle dottoressa sudafricana. Che tuttavia ha offerto una testimonianza preziosa e inattaccabile almeno su un aspetto, e cioè sull’esistenza di una trama internazionale di contatti e relazioni che pare volta, più ancora che a contrastare la pandemia, a scegliere come raccontarla. E già questo è poco confortante.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.