2018-06-20
Anche quando Salvini la spara grossa, Pd e soci riescono a fargli un regalo
Il ministro dicendo che «purtroppo i nomadi italiani dobbiamo tenerceli» aveva esagerato. Peggio di lui, però, ha fatto il solito esercito di indignati speciali. Espertissimi solo nel non capire cosa vuole il Paese.Bisogna riconoscere che Matteo Salvini è un uomo fortunato. Non soltanto perché ha preso la Lega ai minimi e in 4 anni l'ha portata ai massimi, facendola diventare, secondo i più recenti sondaggi, il primo partito italiano. Ma perché anche quando gli scappa la frizione e la spara grossa, gli altri la sparano più grossa di lui e alla fine a far bella figura è il barbuto ministro dell'Interno.È il caso delle dichiarazioni sui rom. Il giovanotto aveva in gola le frasi sui campi nomadi da settimane. Ma siccome era costretto a parlare di governo e di equilibri con i 5 stelle non era riuscito a sputare il rospo. Che i rom gli stessero sul gozzo, o meglio stessero sul gozzo a molti dei suoi elettori, era cosa nota, anche perché prima che cominciasse la campagna elettorale si era messo a girare tutti gli insediamenti abusivi, promettendo a chiunque abitasse nei paraggi che una volta diventato presidente del Consiglio avrebbe provveduto a far pulizia, radendo al suolo le baracche con la ruspa. Per rendere meglio il concetto, si fece fotografare alla guida di un bulldozer e tanto bastò perché quei bravi ragazzi dei centri sociali alla prima occasione lo accogliessero con sassi e manganelli, distruggendogli l'auto. Come dicevamo, pur avendo un conto aperto con la faccenda degli insediamenti abusivi dei nomadi, Salvini nelle scorse settimane ha dovuto concentrarsi su altro. Di recente è stato costretto a occuparsi delle navi pronte a sbarcare centinaia di profughi e poi c'era da prendere le misure con il nuovo incarico al Viminale. Risultato, fino a lunedì la questione rom era passata in secondo piano. Tuttavia, alla prima occasione il ministro dell'Interno ha trovato modo di tirarla fuori e di annunciare un censimento, promettendo di cacciare gli abusivi. «Purtroppo», ha aggiunto, «quelli che sono italiani ce li dovremo tenere». La frase finita nel mirino di chi la spara più grossa di lui non è stata però quest'ultima, ma quella che lasciava intendere la schedatura dei nomadi. Salvini non aveva ancora finito di parlare che già le sue dichiarazioni avevano fatto il giro del Web e, soprattutto, delle redazioni dei giornali. In un battibaleno sono cominciate a piovere dichiarazioni indignate e prese di distanza. A sinistra non vi dico. I compagni devono aver pensato che quella era la loro grande occasione per resuscitare dall'oltretomba in cui li hanno confinati gli italiani il 4 di marzo. Anche la brigata della sinistra giornalistica si è data da fare, armando i computer di editoriali carichi di disgusto. Alla fine, la gragnola di colpi ha indotto perfino Luigi Di Maio a dire la sua e a prendere le distanze, lasciando intravedere la prima crepa nella maggioranza di governo.Sulle prime si deve essere spaventato lo stesso Salvini, il quale ha provato a rinculare, dicendo come ogni bravo politico di essere stato frainteso, ma il can can non ha dato segno di volersi placare, tanto che perfino i Casamonica, noti testimonial del bon ton e dell'ordine, hanno pensato di impartire una lezione al ministro dell'Interno cui era scappata la frizione.E però, come spesso accade, il troppo stroppia. Così, dopo essere stato maltrattato da tutti, quasi che avesse emanato nuove leggi razziali, il capo della Lega deve aver riflettuto sulle cose dette, documentandosi meglio. Ne è venuto fuori che prima di lui a sollecitare un censimento sui rom per capire quanti siano e dove vivano erano stati fior di compagni, sempre pronti a difendere qualsiasi causa persa. Da Giuliano Pisapia all'assessore alle politiche sociali di Milano, Pierfrancesco Majorino, passando per Vasco Errani, allora governatore della rossa Emilia Romagna, tutti hanno fatto la radiografia ai rom. «Fu solo per mandare i bimbi a scuola», pigola oggi il braccio destro di Beppe Sala, che nel capoluogo lombardo si è intestato la battaglia in difesa dei nomadi. Poi si scopre che perfino la Croce rossa, l'Associazione italiana dei Comuni, l'ente contro il razzismo e l'Istat si sono dati da fare per «schedare» i rom e scoprire dove vivano e se siano italiani o d'importazione. Insomma, il tanto esecrato censimento, quello che ha fatto evocare la resurrezione di Mussolini e le persecuzioni razziali, inducendo Roberto Saviano a dichiarare serio di temere nientepopopodimeno che per l'Italia, l'hanno fatto tutti, perfino i preti e le associazioni di volontariato.Così Salvini, che forse lunedì sera si era convinto di averla sparata grossa, alla fine si è reso conto che a spararla più grossa di lui era la solita combriccola di indignati speciali, che ancora non si è accorta che il cambiamento non riguarda solo il governo, ma l'Italia. Paradossalmente, a forza di attaccarlo, stanno facendo al ministro dell'Interno la miglior pubblicità che egli potesse desiderare. Con il risultato che se domani si facesse un sondaggio, scopriremmo come anche sui rom gli italiani gli darebbero ragione. Altro che pietà l'è morta, come piange Mario Calabresi su Repubblica. La pietà la suscita chi insiste a non capire che l'Italia non s'è desta ma s'è rotta.
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