
Il massacro di migliaia di ufficiali polacchi fu rivelato il 13 aprile 1943 dai tedeschi, ma l'Urss rovesciò l'accusa sui nazisti contando sul silenzio degli alleati. Solo nel dopoguerra la verità. E chi condusse l'inchiesta fu ucciso.Magistrato ucciso davanti alla porta d'ingresso della sua abitazione: non siamo nella Sicilia di Leonardo Sciascia e neppure nell'Italia degli anni di piombo, ma nella Polonia appena uscita dalla guerra. L'eliminazione del procuratore generale di Cracovia Roman Martini (1909-1946) è molto probabilmente un omicidio politico per celare una delle verità più inconfessabili della storia: la responsabilità sovietica dell'eccidio di migliaia di ufficiali polacchi giustiziati con un colpo alla nuca e sepolti nelle fosse di Katyn. Il crimine era stato rivelato al mondo il 13 aprile 1943 dai tedeschi, ma L'Urss aveva subito rovesciato l'accusa sui nazisti. Una commissione internazionale formata da esperti aveva con chiarezza scientifica sancito tempi e modi di quella strage, attribuendola alla polizia segreta sovietica (Nkvd). Josif Stalin aveva reagito rompendo le relazioni con il governo polacco in esilio e minacciando di farlo pure con gli Alleati. Winston Churchill era intervenuto per mettere la sordina e salvare la tenuta della coalizione antihitleriana.Alla fine del 1945 il ministro polacco della giustizia Henryk Światlowski dà incarico al procuratore Roman Martini di aprire un'inchiesta sui fatti di Katyn. Ex ufficiale che si è battuto contro i tedeschi, pluridecorato, prigioniero di guerra, dalla fine del conflitto è impegnato nel perseguire i crimini nazisti nel Governatorato generale e quelli dei collaborazionisti. Martini ascolta testimoni, raccoglie prove e documenti, e chiude il fascicolo agli inizi del 1946, inviando il memoriale al ministro. Ma, prudentemente, ne trattiene una copia, che fa arrivare non si sa come a un notaio svedese: sulla busta sigillata c'è scritto che potrà essere aperta solo in caso di morte o di scomparsa. Nonostante Martini sia di simpatie comuniste, l'inchiesta è condotta con professionalità e le risultanze sono che la strage degli ufficiali polacchi è opera del Nkvd stalinista. Ma non avrà modo di sapere cosa farà il ministro con il suo scottante fascicolo. A marzo (non c'è assoluta certezza neppure sulla data: il 12, il 13, il 28, il 30) viene ucciso davanti alla porta della sua abitazione in via Krupnicza 10 dal diciannovenne Stanislaw Lubicz-Wróblewski con al suo fianco la fidanzata diciassettenne Jolanta Slapianka. La prima ricostruzione della polizia è che i due sarebbero stati sorpresi durante un furto nell'appartamento e avrebbero reagito colpendo a morte il magistrato. Arrestati, sono rinchiusi nella prigione Montelupich di Cracovia, già scenario di torture indicibili ai patrioti polacchi durante l'occupazione nazista. Di qui lui riesce incredibilmente a evadere, ed è impensabile abbia potuto farlo senza aiuti esterni e interni: era infatti detenuto in una cella con una canna fumaria chiusa con un cartone, e gli era stato facile fuggire da lì. I fidanzati sono iscritti al «Comitato per l'amicizia russo-polacca» e questo potrebbe essere un chiaro indizio, considerando il processo di sovietizzazione della Polonia. Solo che Wróblewski è un personaggio a dir poco ambiguo: ex giovanissimo combattente dell'Armia Krajowa (con falsa identità di Stanislaw Nowotarski e i nomi di battaglia Dan e Anglik), è poi entrato nella Milicja Obywatelska (Polizia di stato) e verso la fine del 1945 è confluito nell'organizzazione segreta anticomunista Wolność i Niezawislość (Win). Ma secondo storici polacchi tutta la cellula Win alla quale apparteneva Wróblewski sarebbe stata in realtà organizzata dall'Ufficio di pubblica sicurezza comunista (Ubp) per infiltrarla nella resistenza. La sua attività di cospiratore-spia viene interrotta dall'arresto a Legnica nel dicembre 1946. L'Ubp dà molta pubblicità all'omicidio di Martini, probabilmente per rendere credibile il ruolo di Wróblewski. Ma al processo lui tira fuori la versione secondo la quale avrebbe ucciso il procuratore per vendicare la fidanzata sedotta dal magistrato. Forse comprende di essersi messo in un gioco più grande di lui e cerca di uscirne. Accusato non solo dell'omicidio, ma anche di banditismo e attività sovversiva, viene condannato a morte dalle autorità comuniste e fucilato a Montelupich il 31 luglio 1947. Jolanta Slapianka è invece condannata a 15 anni di reclusione, ma beneficerà di uno sconto di pena in cambio della collaborazione con l'Ubp. Non dirà nulla su quella vicenda.Al processo di Norimberga i sovietici erano stati abili a manovrare le loro pedine con ritrattazioni, testimonianze compiacenti, depistaggi e false prove raccolte dall'apposita Commissione di esperti costituita in Urss e presieduta da Nikolaj Burdenko. La vicenda processuale si era chiusa con un assurdo: se i tedeschi non erano colpevoli del massacro di Katyn, allora lo erano sicuramente i sovietici. Ma il presidente Robert H. Jackson aveva ritenuto di doversi fermare lì perché il processo di Norimberga era stato intentato solo per i crimini nazisti. La copia del memoriale di Martini spunterà fuori anni dopo in Svezia grazie a un'inchiesta giornalistica di Julius Epstein, che lo pubblica. Gli Stati Uniti, nel 1952, insediano allora una nuova Commissione d'inchiesta presieduta da Ray J. Madden, alla quale però Urss e Polonia rifiutano di inviare loro rappresentanti per seguirne i lavori a Francoforte e ne condanneranno le conclusioni. Nella Polonia sovietizzata, anche se tutti sanno la verità, la parola Katyn non viene pronunciata neppure sottovoce. Il crimine staliniano verrà ufficialmente riconosciuto da Mikhail Gorbacëv nel 1990. Il regista Andrzej Wajda, il cui padre era stato ucciso e sepolto assieme ai colleghi ufficiali nelle foreste del massacro, ha dedicato alla tragedia di Katyn, nel 2007, un toccante film (Golden globe, European film awards e nomination all'Oscar 2008), trasmesso in tv in Italia in orari improponibili.
Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, insiste sulla rischiosa strategia di usare gli asset russi congelati. Il Belgio, tuttavia, resta contrario e chiede garanzie economiche agli altri Stati membri. Il che si traduce in nuove stangate sui contribuenti.
Il conto alla rovescia che ci separa dal Consiglio europeo del 18 dicembre prosegue inesorabilmente e le idee su come e quando finanziare le esauste casse di Kiev continuano ad essere poche e tutte altamente divisive.
A confermare la delicatezza del momento, ieri sono arrivate le dichiarazioni, quasi da ventiquattresima ora, del presidente del Consiglio europeo, António Costa, al settimanale portoghese Expresso: «Posso garantire che il Consiglio europeo di dicembre non si concluderà senza l’approvazione dei finanziamenti all’Ucraina per il 2026 e il 2027, indipendentemente dalla modalità su cui si baseranno tali finanziamenti. Ho già informato i miei colleghi che questa volta dovranno prepararsi, se necessario, a un Consiglio europeo più lungo».
Rame, filiere e prezzi in altalena. Congo, il cobalto resta limitato e la pace non si vede. In India arriva la prima gigafactory cinese. I ricambi auto cinesi invadono la Germania.
Andriy Yermak (Ansa)
- L’ira dell’ex plenipotenziario, coinvolto nel caso mazzette: «C’è chi conosce la verità eppure non mi sostiene». Via al risiko per la successione nel gabinetto del presidente. Sul quale il popolo mormora: poteva non sapere?
- Ancora raid sulle centrali: in 600.000 al buio nell’area della capitale. La resistenza colpisce petroliere nemiche.
Lo speciale contiene due articoli.
Rustem Umerov (Ansa)
Saltato il fedelissimo Yermak (che va al fronte), il presidente promuove l’ex ministro della Difesa Umerov, accusato di abusi nella gestione degli appalti. Sarà lui a prendere in mano gli accordi per chiudere con Putin.






