2024-09-02
Anche la Germania si ritira dal Niger
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I soldati della Bundeswehr lasciano la sua di Niamey (Getty Images)
Le forze tedesche hanno ufficialmente lasciato il Niger, concludendo una missione della durata complessiva di otto anni. Segno, questo, di un’ulteriore (e preoccupante) riduzione dell’influenza occidentale nella regione del Sahel.Secondo quanto riportato da Deutsche Welle, gli ultimi sessanta soldati della Bundeswehr hanno lasciato la base militare di Niamey la settimana scorsa, tornando in Germania nella serata di venerdì. La stessa testata ha riferito che “la base di Niamey era gestita da un massimo di 120 uomini e donne in qualsiasi momento. Il sito fungeva da centro logistico per la missione di mantenimento della pace Minusma delle Nazioni Unite, che si è conclusa alla fine del 2023”. Ricordiamo che, a seguito del golpe verificatosi l’anno scorso, il Niger si è progressivamente inserito nell’orbita russa, consolidando i suoi rapporti con Mali e Burkina Faso. Addirittura, con questi due Paesi ha siglato un patto di sicurezza che prevede mutua assistenza sul piano militare, infliggendo così uno schiaffo tanto alla Francia quanto all’Ecowas. Non solo. Al di là dei legami sempre più stretti con Mosca, Niamey sta intensificando anche quelli con Teheran, che dei russi è uno dei principali alleati mediorientali. Non stupisce che il completamento del ritiro tedesco sia avvenuto poche settimane dopo quello degli americani. Lo scorso luglio, le truppe statunitensi hanno infatti lasciato il Paese. “Il ministero della Difesa del Niger e il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti annunciano che il ritiro delle forze e delle attrezzature americane dalla base 101 di Niamey è ormai completato”, annunciarono all’epoca Washington e Niamey in una nota congiunta. A sua volta, lo scorso dicembre, anche la Francia aveva ritirato definitivamente i suoi soldati dal Paese. Al momento, l’unica presenza occidentale resta quella italiana. Il che offre lo spunto per alcune considerazioni. Da una parte, è indubbio che si tratta di una situazione rischiosa per le nostre forze. Tuttavia, dall’altra parte, il quadro dimostra che la capacità di influenza italiana nel Sahel risulta più solida rispetto a quella dei governi di Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Joe Biden. Ciò potrebbe innanzitutto rappresentare una base concreta su cui avviare il Piano Mattei: un progetto, questo, che, oltre a rilanciare il ruolo regionale del nostro Paese, sarebbe anche funzionale a contrastare la longa manus in loco di russi e cinesi. In secondo luogo, se Donald Trump dovesse arrivare alla Casa Bianca il prossimo gennaio, non è escludibile che potrebbe spalleggiare Roma per cercare di stabilizzare Magreb e Sahel. Il candidato repubblicano avrebbe infatti tutto l’interesse a conseguire un simile obiettivo per le ricadute positive che avrebbe sul Medio Oriente, soprattutto qualora venissero coinvolti alcuni Paesi africani negli accordi di Abramo. L'Italia potrebbe giocare, insomma, un ruolo cruciale nel Mediterraneo allargato.
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