2025-01-23
C’è un altro rinvio sulla Consulta. Santanchè alle corde, ma resiste
Il voto slitta al 30. Giorgia Meloni vede i vice, poi Lucio Malan e Galeazzo Bignami: «S’è parlato di autostrade».Un vertice di maggioranza durato due ore. «Uno come tanti altri», dicono da Palazzo Chigi, ma così non può essere. Troppi i dossier da affrontare, troppi i nodi da sciogliere. Dal terzo mandato al caso Santanchè, passando per le nomine alla Consulta, inevitabilmente sul tavolo di Palazzo Chigi. Sulle possibili dimissioni del ministro del Turismo a causa del rinvio a giudizio per Visibilia, si sono rincorse le voci per tutto il primo pomeriggio. La smentita è arrivata direttamente dal vicepremier Antonio Tajani: «Al vertice di oggi a Palazzo Chigi non si è affatto parlato del caso Santanchè. Ho già detto che noi siamo garantisti: finché una persona non è condannata in via definitiva è innocente, come prevede la nostra Costituzione. Poi, il resto sono scelte che farà la Santanchè», ha spiegato arrivando a Montecitorio per un convegno. «Abbiamo tutti l’ufficio a Palazzo Chigi, sia Salvini che io, oltre chiaramente al presidente del Consiglio. E facciamo spesso il punto della situazione».Per qualche minuto, l’ingresso, a margine del vertice di maggioranza, del capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, aveva portato a pensare che il presidente del Consiglio lo avesse scelto per un’eventuale sostituzione alla guida del Turismo. L’attuale ministro, Daniela Santanchè, aveva chiarito che le sue dimissioni sarebbero arrivate solo a seguito di una richiesta del premier Giorgia Meloni. Richiesta che fin qui evidentemente non deve essere arrivata. Le voci su Malan si sono placate quando è stato reso noto che insieme a lui c’era anche Galeazzo Bignami, il neo eletto capogruppo di Fdi alla Camera, che ha preso il posto di Tommaso Foti, ora alla guida del Pnrr. I due capigruppo «erano in riunione dal capo di gabinetto del presidente del Consiglio, Gaetano Caputi, per parlare di concessioni autostradali. Il resto sono solo fantasie», fanno sapere da Palazzo Chigi. Lo ripetono gli stessi onorevoli ai microfoni dei cronisti. «Abbiamo parlato di concessioni autostradali», ha risposto Bignami, che su Santanchè ha commentato: «Da avvocato ho fatto nella mia vita del principio d’innocenza uno degli elementi fondamentali». Quando poi gli è stato chiesto se quindi Santanchè non debba dimettersi, Bignami ha risposto: «È una valutazione che il ministro farà nella sua libertà individuale. Le contestazioni che le sono mosse, che hanno determinato il rinvio a giudizio, sono fondate su una mancata rivalutazione degli ammortamenti societari. Sommessamente, da avvocato, rilevo che è una materia molto tecnica, suscettibile di interpretazioni e che, come ha detto il gup stesso, deve formare oggetto di approfondimento». Sulla stessa linea anche Malan, che a chi chiede se ha fiducia in Santanchè risponde: «Certo, il ministro è ministro, abbiamo votato la fiducia». Si accoda il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che il giorno precedente aveva incontrato Meloni a Palazzo Chigi, suscitando qualche mormorio. «La riunione non era sulla Santanchè. Di conseguenza è priva di ogni riscontro la ricostruzione che ne fanno alcuni giornali». Nel pomeriggio poi altre dicerie su un incontro avvenuto all’ora di pranzo in Senato tra La Russa e la diretta interessata, smentito dall’ufficio di Presidenza. Insomma, più di qualcosa si muove, ma verosimilmente e salvo sorprese, il dossier Turismo è rimandato a data da destinarsi. Così come è stato rimandato anche il voto per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale. Il Parlamento in seduta comune avrebbe dovuto riunirsi oggi alle 11, ma le trattative ancora in corso tra maggioranza e opposizione sul nome del tecnico da individuare hanno indotto a posticipare la seduta di una settimana: giovedì 30 gennaio. Tra i nodi da sciogliere anche il nome del giudice in quota Forza Italia. Restano certi, invece, i nomi di Francesco Saverio Marini in quota Fdi, consigliere giuridico di Palazzo Chigi e padre della riforma costituzionale sul premierato, e quello, in quota opposizione, di Massimo Luciani, accademico dei Lincei, indicato dai dem.
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