2020-11-09
Altro che modello, la sanità di Speranza «vanta» il record di contagiati morti
Nessuno in Occidente ha il nostro tasso di letalità (4,7%). Quasi il doppio di Usa, Francia e Spagna. Anche se l'infettività è bassa.La gestione dell'emergenza da virus cinese cominciata il 31 gennaio scorso e mai finita è un terno al lotto. Lo è stata all'esordio quando l'Iss e il ministro Nessuna Speranza tiravano a sorte le terapie. Il paziente zero, che poi zero non era anche perché come ammonisce sempre il professor Giorgio Palù, unico virologo italiano riconosciuto a livello mondiale, la Cina sapeva da settembre e ha taciuto, fu scovato per un'impuntatura di una giovane anestesista di Codogno che volle fare una diagnosi ignorando i non protocolli nazionali. Erano i giorni in cui il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, diceva che la mascherina era inutile; forse perché il commissario Basettoni Domenico Arcuri le aveva mandate per solidarietà alla Cina invece che tenerle in Italia seguendo l'esempio di Sergio Mattarella, che aveva fatto visita ai bambini cinesi di una scuola per evitare «spinte xenofobe». C'era il divieto dell'Istituto superiore di sanità sulle autopsie per i morti per virus cinese - Gentile da Foligno, medico del Trecento, sconfisse la grande peste scrutando i cadaveri per sapere com'era andata - impedendo di capire che la morte sopraggiungeva non per polmonite, ma per trombosi e condannando così a morte decine di migliaia di italiani. Erano i giorni in cui Massimo Galli, il Catone catodico sui virus, diceva ai medici di base milanesi riuniti per ascoltare il suo oracolo: «La malattia da noi difficilmente potrà diffondersi». Per questi errori non ha pagato nessuno e il governo non pago del disastro combinato sin qui dà i numeri, ha inventato un algoritmo (che algoritmo non è) che come un interruttore automatico chiude o apre le regioni. Salvo intese però. Il ministro della Salute, che per dirla con Oriana Fallaci - si parva licet - è autore di un libro mai nato su come si cura il virus cinese, fa la voce grossa e dice, come Totò, che ogni limite ha la sua pazienza. E continua a compiacersi del modello italiano. Dai numeri però emerge una verità agghiacciante: in Italia non c'è un allarme infettività (il virus cinese circola meno o perlomeno colpisce in misura inferiore che nel resto d'Europa) ma c'è un'alta incapacità del sistema sanitario di curare le persone perché il tasso di letalità è di gran lunga il più alto dell'Occidente. È vero che da primi siamo scesi in Europa al terzo posto per infetti, ma restiamo primi per numero assoluto di morti e il tasso di letalità, cioè quanti tra gli infetti muoiono, è un atto d'accusa durissimo alla sanità italiana. Vuol dire che negli ospedali si salvano meno vite che in tutto il resto d'Europa e anche in America, la tanto vituperata sanità a pagamento, va meglio. Da noi la percentuale dei morti sul numero degli infetti è del 4,7%, negli Usa è la metà, così in Francia e anche la Spagna indicata da molti come la frontiera più debole dell'Ue sta al 2,9%. I dati vano letti nella loro interezza - non come fa il ministro Nessuna Speranza per chiudere o aprire le regioni secondo la convenienza politica travestita da dato scientifico - e danno un quadro drammatico dell'Italia. Siamo il Paese dove il virus viaggia di meno, ma dove si ha meno probabilità di salvarsi. La prova sta in questi due parametri. Il tasso d'infettività - il che rende meno giustificato l'allarme generalizzato sui contagi - è il più basso d'Europa, Germania esclusa, dove il virus sembra non trovarsi bene: siamo all'1,42% contro 2,8 della Spagna, il 2,9 degli Usa, il quasi 2,5 della Francia e addirittura il 4,25 del Belgio. Ma siamo il Paese dove chi s'infetta ha meno probabilità di cavarsela. A dire che l'allarme del virus cinese è interamente colpa del sistema sanitario e dei ritardi che il ministro della Salute ha accumulato insieme al super commissario Domenico Arcuri è un'altra cifra: il tasso di mortalità (cioè la percentuale dei morti rispetto alla popolazione) è dello 0,67%, alta sì, ma meno che negli Usa (0,71) o in Spagna (0,82). Dunque il governo dà i numeri, ma solo quelli che gli pare. E per dirla tutta si continua ad appellarsi al buon senso degli italiani, si continuano a fare forti raccomandazioni nello stile tartufesco di Giuseppe Conte zio, capace solo di fare gride manzoniane e di salvaguardare la sua poltrona perché sa di aver dato prova - come dimostrano questi numeri - di assoluta incapacità. Così fa lo scaricabarile con le Regioni. Il caso Calabria però ha dimostrato che il Conte zio è nudo, il caso vaccini dice che il ministero di Nessuna Speranza non ha provveduto ed è strano che si parli solo della Lombardia quando nel Lazio, governato dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti, i numeri dicono che la situazione è drammatica: hanno richiamato i medici in pensione, non ci sono più posti negli ospedali, non ci sono infermieri per l'assistenza domiciliare, nelle Rsa c' è fortissima preoccupazione, i vaccini per l'influenza sono introvabili. Così Giuseppe Conte zio ha escogitato di ripararsi dietro un algoritmo, ma se si giocando col pallottoliere il conto non torna.