
La terra non smette di tremare a Pieve Torina e Muccia, l'Appenino si «stira» e le casette non reggono. Sempre più dubbi sulla regolarità degli appalti: ci sono tre inchieste. Cgil e Lega locali insistono sui giri «renziani» dietro le assegnazioni degli appalti.L'Appenino si sta «stirando» a una velocità di mezzo centimetro all'anno, con una torsione da Sud Est a Nord Ovest e il punto di frattura è tra Marche e Abruzzo. Lo spiegano all'Igv (Istituto di geologia e vulcanologia) dove i sismografi tra martedì notte e ieri mattina parevano impazziti. La terra ha tremato in Toscana (a Monterotondo Marittimo, nel Grossetano sulle colline metallifere, con diverse scosse nella notte di 3,3 gradi) e nella zona jonica con scosse attorno al terzo grado d'intensità. Ma il territorio critico è e resta la provincia di Macerata, dove la terra ha continuato a tremare dopo la botta tremenda di due giorni fa, quando il sisma ha raggiunto i 4,6 gradi della scala Richter. Ancora 50 scosse nell'alto Maceratese: la più forte alle due della notte ha toccato intensità 3,4. L'epicentro a Pieve Torina, dove due giorni fa ci sono stati altri crolli, dove ci sono nuovi sfollati e i ragazzi non vanno a scuola. La scossa della notte è stata lunga e terribile perché era superficiale, replicata a distanza di pochi minuti da un'altra del terzo grado che ha avuto per epicentro Muccia, un altro dei borghi duramente compromessi da questo terremoto infinito. La gente si è riversata in strada. Si torna alla paura dell'agosto e dell'ottobre 2016, anche perché nulla è stato ricostruito e le nuove macerie si aggiungono alle vecchie e le paure di oggi amplificano quelle antiche. Anche nelle casette quelle dove due giorni fa sono saltati i pensili, si sono aperte fessure, sono crollati i muri di contenimento, dove durate l'inverno per il freddo sono saltati i boiler e i camini sono stati otturati dalle nevicate i «fortunati» che le abitano non si sentono più sicuri. Anche loro vogliono andarsene di nuovo. Dove? Nessuno lo sa. Perché nonostante il Commissario straordinario al sisma, Paola De Micheli, onorevole di stretta osservanza Pd come tutto quello che si muove e malissimo attorno al terremoto, continui a dire che si sta facendo tutto il possibile, nonostante il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, dica che ci sono i soldi, il terremoto è un disastro continuato e aggravato dalla burocrazia dall'incapacità e da affari che a questo punto paiono davvero poco trasparenti. A cominciare dalle famigerate casette. E a tremare ora dovrebbero essere i politici, i costruttori. La Cgil di Macerata all'indomani delle nuove fortissime scosse torna all'attacco. Dice Daniel Taddei, segretario del sindacato locale: «Siamo molto preoccupati perché se ci sono pesanti irregolarità nella costruzione delle casette, che è un appalto della protezione civile, pensiamo che la ricostruzione se e quando partirà sarà un affare per la criminalità organizzata e in questo territorio non siamo attrezzati per fronteggiare una simile offensiva». Irregolarità nell'appalto delle casette? «Non nell'appalto in sé, ma nel come è stato gestito».La Procura di Macerata ha in mano dal dicembre scorso un dossier della Cgil che ha denunciato lavoratori in nero, irregolarità nella costruzione, gravissime connessioni tra la presenza di immigrati e lo sfruttamento del caporalato nei cantieri. Da parte delle cooperative che gestiscono l'affare milionario delle casette. Ma il procuratore Giovanni Giorgio va con i piedi di piombo. C'è contrasto con la rapidità riservata nel caso di «nonna Peppina», l'anziana che si era costruita su un suo terreno edificabile una casetta in legno per non abbandonare il suo paese, Fiastra, dopo che il terremoto gli ha distrutto la sua abitazione, ma nulla si sa dell'inchiesta sulle irregolarità nei cantieri delle casette, come peraltro nulla si sa delle inchieste che riguardano l'evasione fiscale del Gus, la fabbrica dell'accoglienza ai migranti accusata dalla Finanza di aver sottratto al fisco guadagni per 40 milioni e di avere non versato Iva per 6 milioni di euro. L'inchiesta dorme da un anno e c'è il sospetto che gli immigrati che escono dal Gus una volta esaurito il programma d'accoglienza vadano a spacciare droga o a spaccarsi la schiena nei cantieri delle casette.E allora Cgil insiste: «Sappiamo che su 600 lavoratori che stanno costruendo le casette solo un terzo ha un contratto regolare, noi tuteliamo 50 immigrati che hanno denunciato, ma ce ne sono altri 100 che stanno sotto ricatto e non vogliono parlare e su 140 aziende, quasi tutte cooperative, che operano nel cratere solo 50 sono iscritte alla cassa edile».Le casette - saltate per aria con la scossa di due giorni fa - sono un affare privato delle Coop rosse e degli amici di Matteo Renzi. Se ne è accorta anche l'Anac di Raffaele Cantone e la Corte dei conti che stanno indagando sugli appalti dopo un esposto dei 5 stelle, dovrebbe accorgersene anche la Procura di Macerata. Al procuratore Giovanni Giorgio la Lega delle Marche e il deputato leghista maceratese Tullio Patassini hanno consegnato un dossier con i conti: cifre abnormi. Le casette - ne mancano da consegnare ancora 900, oltre il 30% - sono costate fino a 4.000 euro al metro quadrato e a far lievitare i costi sono i cantieri per le opere di urbanizzazione. A Pieve Torina si sono spesi oltre 2 milioni e mezzo, ad Arquata del Tronto 1,8 milioni. Ma tutto questo è avvenuto senza che nessuno dicesse niente. Anche perché i coinvolti nella ricostruzione delle casette per le Marche fanno storcere il naso a molti. Le strutture in ferro le ha fornite la Marcegaglia, le casette le ha costruite il consorzio Arcale di cui il dominus è Daniele Orsini gran capo della Sistem che è stato il primo finanziatore di Matteo Renzi, i materiali ce li mettono Italsistem e Cosp, che ha come presidente Danilo Valenti, vicepresidente nazionale di Legacoopservizi. L'appalto arriva dalla Consip, quando era presieduta dall'allora renzianissimo Luigi Marroni che lo ha affiato a Cns, il megaconsorzio di Legacoop che poi lo ha diviso con Arcale. Attorno a quell'appalto giravano personaggi del clan Lo Russo, accusati di camorra, Salvatore Buzzi (Coop 29 giugno, in galera per Mafia Capitale). E oggi la Cgil torna a raccontare di possibili infiltrazioni mafiose, di gestione poco trasparente mentre alla prima scossa le casette vengono giù. Forse stavolta a tremare non è solo la terra.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





