
Dopo Milano entra in campo Taranto. A fare l'esposto sono i commissari dell'Ilva: cercate reati contro l'economia nazionale. Luigi Di Maio: «Porteremo gli indiani in tribunale». Così la politica ammette l'impotenza.Dopo la procura di Milano si aggiungerà quella di Taranto. La morsa giudiziaria contro Arcelor Mittal sta prendendo forma. Ieri i commissari della gestione straordinaria hanno depositato in Procura a Taranto un esposto con al centro «fatti e comportamenti inerenti al rapporto contrattuale con Arcelor Mittal, lesivi dell'economia nazionale». Pertanto la richiesta alla Procura è di verificare la sussistenza di ipotesi di reato. A renderlo noto sono stati direttamente i commissari con un comunicato stampa, esattamente come ha fatto la procura di Milano venerdì mattina. Adesso il pm tarantino Carlo Maria Capristo avrebbe aperto un fascicolo per distruzione di materie prime o mezzi di produzione». Al di là dei dettagli è il messaggio che ne deriva da analizzare. Si è infatti subito agganciato il ministro degli Esteri, in qualità di leader dei 5 stelle, Luigi Di Maio: «Parlare del Piano B per Taranto significa dare la migliore via d'uscita ad Arcelor. L'azienda deve sentire la pressione di tutti i cittadini e del sistema Italia. Già parlare di piani sulla nazionalizzazione o altra cordata è un modo per dire: puoi andare, tanto abbiamo un'alternativa», ha spiegato Di Maio confermando di fatto di non avere tra le mani alcuna alternativa. «Per me», ha concluso il capo politico del Movimento, «il piano A, B o C passa da Arcelor Mittal e vedremo in tribunale tra settimane quale sarà l'esito della procedura d'urgenza».Chi si è spinto ancora più in là è ovviamente Michele Emiliano che da anni sul tema vuole avere l'ultima parola e soprattutto vuole dimostrare di mantenere il tono più alto. «Mittal sta cercando di mettere in crisi politica il governo italiano», ha detto il presidente della Regione Puglia. «Sta facendo qualcosa senza precedenti nella economia internazionale: una multinazionale che cerca, sia pur forse indirettamente, di far cadere un governo. Mai vista nella storia una cosa del genere». L'elenco di dichiarazioni dimostra che la politica ha esaurito le frasi e soprattutto ha abdicato al proprio ruolo di tutela degli asset nazionali. Primo, bisognerebbe far presente che da sempre le multinazionali cercano di far cadere governi. Solo che accade in Africa e accadeva in Centro America. Cioè in quei luoghi dove non esistono o non esistevano governi degni di tale nome. Dunque, se la sua affermazione fosse vera, dovrebbe ammettere che la Puglia e l'intera Italia sono ormai Terzo Mondo. Noi non ne siamo convinti e deploriamo il ricorso continuo ai doppisensi che rimandano al complotto. Troppo comodo. Chi governa una Regione deve prendersi le proprie responsabilità. Così come chi governa Roma dovrebbe caricarsi sulle spalle la strategia industriale di un Paese e non dovrebbe lasciarla nelle mani della magistratura. I pm hanno il dovere di perseguire i reati e siamo sicure che Milano farà quello che deve. Se l'ipotesi è depauperamento dell'azienda i vertici Mittal ne dovranno rispondere, ma immaginare che a valutare eventuali atti lesivi dell'economia nazionale sia un procuratore a Taranto e non il presidente del Consiglio dà l'idea del vuoto cosmico nel quale la politica è caduta. Con l'ingresso in campo delle due Procure si può dire che il ruolo del governo e della politica è finito. Basta quel vuoto è ora riempito dalle toghe che dovranno fare scelte industriali, dovranno fare scelte geopolitiche e trovare una soluzione sul futuro. Sulle spalle di due Procure c'è il futuro di circa 15.000 lavoratori (tra diretti e dell'indotto). Non spetterebbe ai magistrati fare tale scelte. D'altronde quando c'è un vuoto qualcuno lo va a riempire. E i giallorossi hanno contribuito a scavare la fossa e ci hanno fatto scivolare il Sud. Ora sperano che a suon di reati Arcelor ritorni sui suoi passi e tutto ritorni come prima. Se non fosse stato tolto lo scudo penale, il colosso franco indiano non avrebbe avuto il pretesto per andarsene. Se ne sarebbe fuggito lo stesso? Forse più avanti, ma la storia non si fa con i se, la politica con le soluzioni non con le minacce. I commissari di Ilva spa sono espressione politica a tutti gli effetti, con le loro future scelte misureremo la capacità del governo di sopravvivere al fermo degli impianti tarantini. Se anche i commissari attenderanno le scelte dei pm, allora si potrà dire che il governo si è suicidato. Magari durerà altri mesi ma si configurerà la fattispecie dell'accanimento terapeutico. Non a caso sta tutto sfuggendo di mano. Pensate agli operai abbandonati. «L'insubordinazione alla decisione dell'azienda di fermare gli impianti? È un'idea già emersa nell'ultimo consiglio di fabbrica, l'avevamo proposta anche noi. Sì, pensiamo ad una sorta di sciopero al contrario. Non vogliamo essere complici della morte della fabbrica. Ogni decisione, comunque, andrà condivisa con le altre sigle e i lavoratori», ha detto Francesco Brigati, coordinatore delle Rsu Fiom dell'ex Ilva. «Decideremo le iniziative», ha concluso, «nel consiglio di fabbrica convocato per domani». Nel frattempo chi arriverà con una soluzione in tasca e con la benedizione delle procure avrà fatto bingo. Potrà chiedere a Giuseppe Conte qualunque cose e potrà politicamente manovrarlo come vuole. La finanza cattolica sembra molto attiva in questi giorni. Potrà riservare delle sorprese.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






