2023-04-28
Altra imboscata per farci digerire il Mes
Il direttore del Mes Pierre Gramegna (Getty Images)
Nella riunione dell’Eurogruppo nuovo pressing su Giancarlo Giorgetti per la firma del Meccanismo di stabilità.È convocata per oggi a Stoccolma la riunione dei ministri delle Finanze degli Stati membri della zona euro, il cosiddetto Eurogruppo. L’ordine del giorno si presenta sostanzioso. Prima si farà il punto sugli sviluppi macroeconomici e sulla stabilità finanziaria, ospiti la Commissione e la Banca centrale europea. Poi, Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, e Dominique Laboureix, presidente del Comitato di risoluzione unico, relazioneranno in merito alla situazione del settore bancario. A seguire, dopo discussione, i ministri lavoreranno a una dichiarazione sull’Unione bancaria, su cui la Commissione ha presentato dieci giorni fa una proposta legislativa. Si parlerà anche dell’altro oggetto misterioso europeo, l’unione dei mercati dei capitali. Considerato il menu, è inevitabile che al ministro delle finanze italiano Giancarlo Giorgetti qualcuno prima o poi chieda a che punto è la ratifica da parte dell’Italia della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, il Mes guidato da Pierre Gramegna.Per la verità, già nei giorni scorsi un loquace e non meglio identificato funzionario Ue si era lasciato andare a dichiarazioni irrituali. Alle agenzie di stampa, l’impiegato misterioso confidava che durante l’Eurogruppo in merito al Mes «sarà posta una domanda al ministro italiano Giorgetti. Ora più che mai è cruciale assicurare la potenza di fuoco delle nostre istituzioni. La mancata ratifica sta in qualche modo bloccando anche ulteriori riforme. Sta avendo un effetto raggelante sulle discussioni».Trascurando qui la triste risonanza del concetto di potenza di fuoco, questa uscita si aggrega al coro mediatico avviato da qualche giorno, che vorrebbe l’Europa ostaggio di un’Italia riottosa e l’Italia sull’orlo di un abisso finanziario. Prima la banca Goldman Sachs, poi l’agenzia di rating Moody’s hanno fatto filtrare nei giorni scorsi un atteggiamento esitante nei confronti della sostenibilità del debito pubblico italiano, adeguatamente gonfiato dai media. Poi la Commissione ha presentato la riforma del Patto di stabilità.Ora arriva il funzionario mascherato a mettere fretta all’Italia sul Mes. È probabile che Giorgetti, essendo un ministro del governo e non un parlamentare, in sede di Eurogruppo risponderà alla domanda sulla ratifica del Mes rimandando alla sovranità del Parlamento italiano. Il ministro potrà forse annunciare che una proposta di legge per la ratifica è già stata presentata, anche se non dal Governo (Atto Camera 722, Marattin ed altri: «Ratifica ed esecuzione dell’Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, fatto a Bruxelles il 27 gennaio e l’8 febbraio 2021»). La proposta è all’esame della Commissione Affari esteri in sede referente, che ne ha già discusso lo scorso 29 marzo.Le pressioni sull’Italia perché ratifichi il nuovo trattato non sono nuove e sin qui la maggioranza parlamentare che regge il governo ha resistito. I motivi di questa ostilità sono stati spiegati da una voce autorevole e non sospettabile di antieuropeismo, ovvero il professor Francesco Giavazzi. In un editoriale del 4 gennaio scorso, il già consigliere di Mario Draghi nel precedente governo nota che «chiedere aiuto al Fondo significa ammettere che quel Paese non riesce più a finanziarsi sul mercato: un segnale di debolezza che potrebbe scatenare la speculazione. Un fondo come questo, con risorse ampie ma non illimitate, non può arginare una crisi bancaria. Per fermarla è necessario che lo Stato, o un suo fondo, siano disposti a impiegare risorse illimitate (whatever it takes). Se le risorse sono limitate sarà la speculazione ad avere la meglio». Prima ancora, il nuovo ruolo di agenzia del debito che il Mes assumerebbe porterebbe l’Italia all’immediato assoggettamento ai meccanismi di rientro del debito.Nel coro che invoca la ratifica del Mes poteva mancare la voce di Mario Monti? No, non poteva. Infatti, ieri, nel corso della discussione sul Documento di Economia e Finanza, il senatore a vita non ha mancato di farsi sentire. Con il caratteristico tono professorale, Monti ha affermato: «La tessera mancante del mosaico che va componendosi è quella del Mes, che è stata oggetto in passato dei giocolieri più spregiudicati che ne hanno cantato le virtù malefiche. Sotto il governo Conte i 5 Stelle avevano fatto qualche passo verso la de-demonizzazione del Mes, ma furono accolti dalla Lega con cartelli pittoreschi e molto critici. Forse è il momento di una sollecita, spassionata e demitizzata considerazione del Mes per evitare che in Europa si pensi che l’Italia ha un doppio pensiero da usare chissà quando verso i partner europei».Gli ha risposto poco dopo il senatore della Lega Claudio Borghi: «Con il Mes abbiamo già visto cosa è successo con la Grecia, abbiamo dato a suo tempo 50 miliardi ai creditori della Grecia, che rivedremo forse nel 2070».