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2019-12-24
Altra bomba dei giudici su Bibbiano: «Un peculiare tasso di criminalità»
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Le nuove valutazioni del gip sono un'ulteriore tegola sulla testa per due indagati per le storiacce di Bibbiano. Gli elementi di prova raccolti sono «cristallizzati» e «solidi», la fase delle indagini «è ormai avanzata verso la prossima conclusione» e, per questo motivo, le esigenze cautelari «posso essere soddisfatte». Federica Anghinolfi, ex responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza con una simpatia per le famiglie arcobaleno, e l'assistente sociale Francesco Monopoli sono tornati in libertà. Per loro che ormai - stando alle valutazioni del gip del Tribunale di Reggio Emilia Luca Ramponi - non possono più inquinare le prove, non è necessaria una ulteriore detenzione domiciliare. Ma, sottolinea il gip, «deve confermarsi appieno la gravità indiziaria a carico degli indagati per tutti i fatti oggetto dell'applicazione coercitiva». Anzi, precisa la toga, si può trarre «ulteriore corroborazione circa l'esistenza di un programma criminoso unitario». Al quale avrebbero partecipato anche Nadia Bolognini della Onlus Hansel e Gretel (guidata dal guru Claudio Foti) e la psicologa Imelda Bonaretti. Un programma criminoso che era finalizzato, secondo il gip, «a sostenere l'esistenza di abusi in realtà mai avvenuti». Ovvero: il cuore dell'inchiesta Angeli e demoni. I due, stando agli atti investigativi, erano andati in fissa per una rete di pedofili che agiva in Val d'Enza e che andava a tutti i costi smascherata. In realtà quella rete di pedofili era solo nella loro testa. Arrivando a sostenere perfino che giudici, magistrati e forze dell'ordine erano coinvolti nell'organizzazione occulta che stuprava bambini. La conferma è arrivata agli investigatori da alcuni testimoni. Anna Maria Capponcelli, consulente tecnico del Tribunale per i minorenni di Bologna, per esempio, ha raccontato: «Monopoli mi disse che vi era una cerchia di persone, che mi lasciò intendere essere molto potenti, dedita alla pedofilia. Una cerchia a cui le famiglie dei bambini da loro protetti avevano venduto i propri figli per soddisfare le pulsioni sessuali del gruppo». Una fantasia. Condivisa anche con altre persone. Cinzia Magnarelli, un'altra testimone, invece, ha ricordato che Monopoli le aveva parlato di «racconti dei bimbi da cui emergeva la sussistenza di omicidi di altri bambini, ma anche episodi di cannibalismo e rituali religiosi satanici». Monopoli cercava insomma di ricondurre tutto agli avvenimenti della bassa modenese. Anghinolfi, invece, aveva rivelato quelle inquietanti storie all'ex comandante della polizia municipale Cristina Caggiati: «La Anghinolfi da diversi anni mi parlava di una rete di pedofili che la stessa ipotizzava essere operante anche nel territorio della Val d'Enza». Nel racconto alla comandante dei vigili però la Anghinolfi aveva infilato, oltre a magistrati, carabinieri e poliziotti, anche gli «ecclesiastici». E per condirla ancora un po', aggiunse intrecci con la 'ndrangheta e collegamenti con il caso del piccolo Tommaso Onofri, rapito e ucciso nel 2006. Un bel romanzo creato ad arte per fare da contesto ai sospetti da lanciare sulle famiglie cui volevano strappare i figli. Altre conferme arrivano da due psicologhe. Anche i loro verbali sono finiti nel faldone dell'inchiesta: «Loro (riferendosi ad Anghinolfi e Monopoli, ndr), tenevano in mente prevalentemente l'obiettivo abuso sessuale, tutto ruotava attorno a tale obiettivo e su di esso ci veniva chiesto di orientare i nostri accertamenti anche quando vi erano versioni alternative all'abuso su cui lavorare e da approfondire». Il gip va a fondo sulla personalità di Anghinolfi: «Risulta mostrare un peculiare atteggiamento che denota il suo tasso potenziale di criminalità». E ancora: «È sicuramente fortemente corrispondente per indole anche per inclinazione personale e comunanza ideologica alle posizioni aprioristiche di cui risulta ispiratrice (al pari di Monopoli, Foti e Bolognini)». In più, «sono la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la causa dell'abuso da dimostrarsi a ogni costo». E in effetti, annota il gip, «la stessa ha così manifestato il suo atteggiamento verso soprattutto il genere maschile (cui appartengono in gran parte i genitori o altri soggetti presunti abusanti)». Quel ruolo da responsabile del servizio sociale, ricoperto con piglio «militare» e nel quale esercitava il suo «carisma», però, ora (a sei mesi dagli arresti) è venuto meno. E lo stesso, valuta il gip, può dirsi di Monopoli. I due, insomma, non possono reiterare. Anche perché «i contatti con il mondo politico e ideologico di riferimento», apprezza il giudice, «proprio in ragione dell'ampio risalto dato dai mass media alla vicenda non avranno verosimilmente in concreto esiti negativi (...), posto che il timore per la propria immagine pubblica che un appoggio diretto agli indagati comporterebbe costituirà un adeguato cordone sanitario più di qualsivoglia altra misura cautelare».
L’uomo di Bonaccini divide la sinistra
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Lo sa benissimo Stefano Bonaccini, che quotidiane sedute in palestra hanno ormai ben tornito. Tempra fisica e morale gli serviranno. La sua rielezione a governatore dell'Emilia Romagna, dove si voterà il 26 gennaio 2019, è ben più tribolata del previsto. Così il muscolare presidente s'affida a rocciosi candidati. Come Carlo Fagioli, punta di diamante del suo listino. L'imprenditore del reggiano ha fama di implacabile. Una delle aziende di famiglia, la Snatt Logistica, è negli annali delle controversie sindacali. Nel 2011 revocò un appalto alla cooperativa Gfe, Gruppo facchini emiliano, dopo che i 516 dipendenti, pagati 5 euro l'ora, avevano avuto l'ardire di chiedere l'applicazione del contratto nazionale. I soci, soprattutto migranti indiani, furono licenziati con un sms. Seguì straziante e turbolenta vertenza: manifestazioni, presidi permanenti e scioperi della fame.
Migranti & diritti. Terreno scivolosissimo per la sinistra progressista. Con alleati e sindacati lancia in resta. A cominciare da Coraggiosa, sigla che fa riferimento a Vasco Errani. L'ex presidente della regione, adesso senatore di Articolo uno, assalta: «Non si licenzia con gli sms, c'è un diritto del lavoro che noi vogliamo innovare. Il futuro non è nella precarietà». Tra i candidati del suo movimento c'è anche Sergio Guaitolini, già segretario Fiom a Reggio Emilia e provincia, che sbotta: «La notizia della candidatura di Fagioli non mi entusiasma affatto». Eufemismo condiviso da altri alfieri di Coraggiosa. «Ricordiamo ancora il dramma dei lavoratori che dormirono sul sagrato per giorni. Ci auguriamo che tutti si impegnino per dignità e diritti» attacca Silvia Prodi. Il cognome della battagliera ex consigliera regionale uscente non è un'omonimia: è la figliola di Quintilio Prodi, fratello di Romano. Insomma, Silvia è la nipote del Professore. Come lei, non maschera disappunto Gianguido Naldi, già a capo della Fiom emiliana e oggi segretario regionale di Sinistra italiana: «La candidatura di Fagioli è contraddittoria». O Umberto Franciosi, che guida la Flai, gli agricoli della Cgil: «Qui si va a caccia di voti e si sconfina andando a pescare personaggi del genere». Mentre è laconico Simone Vecchi, successore di Guaitolini al comando delle tute blu reggiane nonché fratello di Luca, sindaco dem del capoluogo: «La vicenda la conosco poco. Le darei una visione imparziale e scorretta».
C'è da capirlo. La conferma di Bonaccini è in bilico. Le polemiche sui facchini indiani non sono un gran viatico, specie in terra di sardine. Il coriaceo governatore però non arretra: «Fagioli resta in lista, ci mancherebbe. Non ho dubbi che saprà interpretare la necessità di qualità del lavoro». E i poveri migranti messi alla porta? «Il caso si sgonfierà. Lo sgonfieranno le stesse parole usate dall'imprenditore». Ovvero Fagioli, che con il fratello guida l'omonimo gruppo, specializzato in trasporti e sollevamenti eccezionali: «Non ho nulla da recriminare sul mio passato» assicura. «Sono certo di aver rispettato la legge e aver fatto del bene a molte persone. Ci sono stati diversi processi e abbiamo avuto sempre ragione. Le sentenze lo confermano». Intanto, su Facebook annuncia i suoi intendimenti politici: adoperarsi «affinché le aspirazioni di ognuno possano essere sorrette da una reale eguaglianza nelle opportunità».
Già, ecco però il passato che ritorna. È il 2011. A quell'epoca, Gfe lavora quasi in esclusiva per Snatt. Ma i 516 dipendenti della coop, ricostruisce ReggioSera, lamentano le loro condizioni: troppa flessibilità, paga incongrua, nessuna tutela per malattia o maternità, festività ridotte. I facchini, quasi tutti migranti, decidono dunque di applicare il contratto nazionale. Decisione non gradita all'impresa, che non vuole sobbarcarsi i costi. Vengono create così due nuove cooperative, ma è assunto solo chi accetta il salario ridotto. Molti riottosi non ci stanno: intentano causa all'azienda e finiscono in cassa integrazione.
Un'epopea su cui pure l'avversaria di Bonaccini, la leghista Lucia Borgonzoni, non rinuncia a maramaldeggiare: «Fagioli prima era venuto da noi. Ma avevo raccolto voci contrastanti, che non mi avevano convinto». L'interessato rettifica: una conoscente gli ha presentato l'aspirante governatrice, ma lui non si riconosceva nel programma. Vuoi mettere con la «piena e buona occupazione» promessa da Bonaccini?
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Il gip libera Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli, ma nel compilare il provvedimento accende i fari sul loro metodo grazie a numerose testimonianze: «piglio militare» nella gestione dei servizi sociali e «contatti» con la politica.L'uomo di Stefano Bonaccini divide la sinistra. Il candidato dem alle regionali emiliane mette in lista Carlo Fagioli, al centro di grandi controversie sindacali. Da Vasco Errani alla nipote di Prodi, i compagni insorgono.Lo speciale comprende due articoli. Le nuove valutazioni del gip sono un'ulteriore tegola sulla testa per due indagati per le storiacce di Bibbiano. Gli elementi di prova raccolti sono «cristallizzati» e «solidi», la fase delle indagini «è ormai avanzata verso la prossima conclusione» e, per questo motivo, le esigenze cautelari «posso essere soddisfatte». Federica Anghinolfi, ex responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza con una simpatia per le famiglie arcobaleno, e l'assistente sociale Francesco Monopoli sono tornati in libertà. Per loro che ormai - stando alle valutazioni del gip del Tribunale di Reggio Emilia Luca Ramponi - non possono più inquinare le prove, non è necessaria una ulteriore detenzione domiciliare. Ma, sottolinea il gip, «deve confermarsi appieno la gravità indiziaria a carico degli indagati per tutti i fatti oggetto dell'applicazione coercitiva». Anzi, precisa la toga, si può trarre «ulteriore corroborazione circa l'esistenza di un programma criminoso unitario». Al quale avrebbero partecipato anche Nadia Bolognini della Onlus Hansel e Gretel (guidata dal guru Claudio Foti) e la psicologa Imelda Bonaretti. Un programma criminoso che era finalizzato, secondo il gip, «a sostenere l'esistenza di abusi in realtà mai avvenuti». Ovvero: il cuore dell'inchiesta Angeli e demoni. I due, stando agli atti investigativi, erano andati in fissa per una rete di pedofili che agiva in Val d'Enza e che andava a tutti i costi smascherata. In realtà quella rete di pedofili era solo nella loro testa. Arrivando a sostenere perfino che giudici, magistrati e forze dell'ordine erano coinvolti nell'organizzazione occulta che stuprava bambini. La conferma è arrivata agli investigatori da alcuni testimoni. Anna Maria Capponcelli, consulente tecnico del Tribunale per i minorenni di Bologna, per esempio, ha raccontato: «Monopoli mi disse che vi era una cerchia di persone, che mi lasciò intendere essere molto potenti, dedita alla pedofilia. Una cerchia a cui le famiglie dei bambini da loro protetti avevano venduto i propri figli per soddisfare le pulsioni sessuali del gruppo». Una fantasia. Condivisa anche con altre persone. Cinzia Magnarelli, un'altra testimone, invece, ha ricordato che Monopoli le aveva parlato di «racconti dei bimbi da cui emergeva la sussistenza di omicidi di altri bambini, ma anche episodi di cannibalismo e rituali religiosi satanici». Monopoli cercava insomma di ricondurre tutto agli avvenimenti della bassa modenese. Anghinolfi, invece, aveva rivelato quelle inquietanti storie all'ex comandante della polizia municipale Cristina Caggiati: «La Anghinolfi da diversi anni mi parlava di una rete di pedofili che la stessa ipotizzava essere operante anche nel territorio della Val d'Enza». Nel racconto alla comandante dei vigili però la Anghinolfi aveva infilato, oltre a magistrati, carabinieri e poliziotti, anche gli «ecclesiastici». E per condirla ancora un po', aggiunse intrecci con la 'ndrangheta e collegamenti con il caso del piccolo Tommaso Onofri, rapito e ucciso nel 2006. Un bel romanzo creato ad arte per fare da contesto ai sospetti da lanciare sulle famiglie cui volevano strappare i figli. Altre conferme arrivano da due psicologhe. Anche i loro verbali sono finiti nel faldone dell'inchiesta: «Loro (riferendosi ad Anghinolfi e Monopoli, ndr), tenevano in mente prevalentemente l'obiettivo abuso sessuale, tutto ruotava attorno a tale obiettivo e su di esso ci veniva chiesto di orientare i nostri accertamenti anche quando vi erano versioni alternative all'abuso su cui lavorare e da approfondire». Il gip va a fondo sulla personalità di Anghinolfi: «Risulta mostrare un peculiare atteggiamento che denota il suo tasso potenziale di criminalità». E ancora: «È sicuramente fortemente corrispondente per indole anche per inclinazione personale e comunanza ideologica alle posizioni aprioristiche di cui risulta ispiratrice (al pari di Monopoli, Foti e Bolognini)». In più, «sono la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la causa dell'abuso da dimostrarsi a ogni costo». E in effetti, annota il gip, «la stessa ha così manifestato il suo atteggiamento verso soprattutto il genere maschile (cui appartengono in gran parte i genitori o altri soggetti presunti abusanti)». Quel ruolo da responsabile del servizio sociale, ricoperto con piglio «militare» e nel quale esercitava il suo «carisma», però, ora (a sei mesi dagli arresti) è venuto meno. E lo stesso, valuta il gip, può dirsi di Monopoli. I due, insomma, non possono reiterare. Anche perché «i contatti con il mondo politico e ideologico di riferimento», apprezza il giudice, «proprio in ragione dell'ampio risalto dato dai mass media alla vicenda non avranno verosimilmente in concreto esiti negativi (...), posto che il timore per la propria immagine pubblica che un appoggio diretto agli indagati comporterebbe costituirà un adeguato cordone sanitario più di qualsivoglia altra misura cautelare». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/altra-bomba-dei-giudici-su-bibbiano-un-peculiare-tasso-di-criminalita-2641674527.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="luomo-di-bonaccini-divide-la-sinistra" data-post-id="2641674527" data-published-at="1765818483" data-use-pagination="False"> L’uomo di Bonaccini divide la sinistra Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Lo sa benissimo Stefano Bonaccini, che quotidiane sedute in palestra hanno ormai ben tornito. Tempra fisica e morale gli serviranno. La sua rielezione a governatore dell'Emilia Romagna, dove si voterà il 26 gennaio 2019, è ben più tribolata del previsto. Così il muscolare presidente s'affida a rocciosi candidati. Come Carlo Fagioli, punta di diamante del suo listino. L'imprenditore del reggiano ha fama di implacabile. Una delle aziende di famiglia, la Snatt Logistica, è negli annali delle controversie sindacali. Nel 2011 revocò un appalto alla cooperativa Gfe, Gruppo facchini emiliano, dopo che i 516 dipendenti, pagati 5 euro l'ora, avevano avuto l'ardire di chiedere l'applicazione del contratto nazionale. I soci, soprattutto migranti indiani, furono licenziati con un sms. Seguì straziante e turbolenta vertenza: manifestazioni, presidi permanenti e scioperi della fame. Migranti & diritti. Terreno scivolosissimo per la sinistra progressista. Con alleati e sindacati lancia in resta. A cominciare da Coraggiosa, sigla che fa riferimento a Vasco Errani. L'ex presidente della regione, adesso senatore di Articolo uno, assalta: «Non si licenzia con gli sms, c'è un diritto del lavoro che noi vogliamo innovare. Il futuro non è nella precarietà». Tra i candidati del suo movimento c'è anche Sergio Guaitolini, già segretario Fiom a Reggio Emilia e provincia, che sbotta: «La notizia della candidatura di Fagioli non mi entusiasma affatto». Eufemismo condiviso da altri alfieri di Coraggiosa. «Ricordiamo ancora il dramma dei lavoratori che dormirono sul sagrato per giorni. Ci auguriamo che tutti si impegnino per dignità e diritti» attacca Silvia Prodi. Il cognome della battagliera ex consigliera regionale uscente non è un'omonimia: è la figliola di Quintilio Prodi, fratello di Romano. Insomma, Silvia è la nipote del Professore. Come lei, non maschera disappunto Gianguido Naldi, già a capo della Fiom emiliana e oggi segretario regionale di Sinistra italiana: «La candidatura di Fagioli è contraddittoria». O Umberto Franciosi, che guida la Flai, gli agricoli della Cgil: «Qui si va a caccia di voti e si sconfina andando a pescare personaggi del genere». Mentre è laconico Simone Vecchi, successore di Guaitolini al comando delle tute blu reggiane nonché fratello di Luca, sindaco dem del capoluogo: «La vicenda la conosco poco. Le darei una visione imparziale e scorretta». C'è da capirlo. La conferma di Bonaccini è in bilico. Le polemiche sui facchini indiani non sono un gran viatico, specie in terra di sardine. Il coriaceo governatore però non arretra: «Fagioli resta in lista, ci mancherebbe. Non ho dubbi che saprà interpretare la necessità di qualità del lavoro». E i poveri migranti messi alla porta? «Il caso si sgonfierà. Lo sgonfieranno le stesse parole usate dall'imprenditore». Ovvero Fagioli, che con il fratello guida l'omonimo gruppo, specializzato in trasporti e sollevamenti eccezionali: «Non ho nulla da recriminare sul mio passato» assicura. «Sono certo di aver rispettato la legge e aver fatto del bene a molte persone. Ci sono stati diversi processi e abbiamo avuto sempre ragione. Le sentenze lo confermano». Intanto, su Facebook annuncia i suoi intendimenti politici: adoperarsi «affinché le aspirazioni di ognuno possano essere sorrette da una reale eguaglianza nelle opportunità». Già, ecco però il passato che ritorna. È il 2011. A quell'epoca, Gfe lavora quasi in esclusiva per Snatt. Ma i 516 dipendenti della coop, ricostruisce ReggioSera, lamentano le loro condizioni: troppa flessibilità, paga incongrua, nessuna tutela per malattia o maternità, festività ridotte. I facchini, quasi tutti migranti, decidono dunque di applicare il contratto nazionale. Decisione non gradita all'impresa, che non vuole sobbarcarsi i costi. Vengono create così due nuove cooperative, ma è assunto solo chi accetta il salario ridotto. Molti riottosi non ci stanno: intentano causa all'azienda e finiscono in cassa integrazione. Un'epopea su cui pure l'avversaria di Bonaccini, la leghista Lucia Borgonzoni, non rinuncia a maramaldeggiare: «Fagioli prima era venuto da noi. Ma avevo raccolto voci contrastanti, che non mi avevano convinto». L'interessato rettifica: una conoscente gli ha presentato l'aspirante governatrice, ma lui non si riconosceva nel programma. Vuoi mettere con la «piena e buona occupazione» promessa da Bonaccini?
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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