
Torna virale, nella Rete, un video del nuovo ministro dell'Economia che sentenziava: «Il voto? Ci sono cose più importanti». Per l'Ong di George Soros, in compenso, è «affidabile».Purtroppo (o per fortuna, a seconda dei punti di vista) non ci sono video a testimoniare la cosa, ma il neo ministro Roberto Gualtieri non sarebbe solo un chitarrista (ormai stracult il clip della sua versione acustica di Bella ciao, con tanto di espressione concentrata e assorta dell'esecutore): chi lo conosce riferisce pure -leggenda o realtà? – di sue presunte performance da ballerino, in particolare danze brasiliane e latinoamericane. Chissà se a via XX Settembre, sede del Mef, allestiranno locali adatti per tenersi in esercizio. Voci a parte, impazzano in rete altri cinque video, uno più gustoso dell'altro. Nel primo (Omnibus su La7), a confronto con il leghista Angelo Ciocca, Gualtieri sembra curiosamente un critico del metodo democratico basato sulle elezioni: «Ci sono cose più importanti delle elezioni. Anche Hitler ha vinto le elezioni, poi però si è capito come andava. Non mi sembra un criterio assoluto che va sopra il bene e il male». Davanti allo sconcerto e alle proteste del suo interlocutore, Gualtieri rincara la dose, anziché correggere il tiro: «I cittadini possono essere ingannati da propaganda. I cittadini li rispetto, non rispetto chi li inganna».Nel secondo video (sempre Omnibus, evidentemente luogo non fortunato per Gualtieri), Antonio Rinaldi, oggi eurodeputato, lo incalza (dati Istat alla mano) sul numero crescente di italiani finiti nell'area della povertà durante gli anni dei governi guidati dalla sinistra. Gualtieri, parlando del 2013 e del 2014, si arrampica sugli specchi evocando le responsabilità di chi c'era prima, ma Rinaldi, implacabile, gli fa notare che l'area della povertà si impenna negli anni successivi. Nel terzo (Coffee Break), forse un po' a corto di argomenti, accusa Marco Rizzo di non aver fatto un'osservazione intelligente. E Rizzo, comunista con fama di boxeur, gli fa notare che, se la stessa frase gli fosse stata detta fuori da uno studio televisivo, gli avrebbe «gonfiato gli occhi». Dibattito duro a sinistra, come si dice. Nel quarto video, siamo in pieno Europarlamento, e Gualtieri, con toni lirici, difende l'Esm, il fondo salva stati: «È stato costruito per salvaguardare la stabilità della zona euro, prende risorse a interessi bassissimi […] Nessun cittadino europeo dovrà pagare un euro…». Nel quinto, Gualtieri, dopo aver sciorinato critiche alla direttiva sul bail in bancario, devastante per l'Italia, richiesto di spiegare il suo voto, dichiara candidamente: «Era l'indicazione di voto di tutti i partiti». Quando si dice il pilota automatico Ue. Inutile girarci intorno: i suoi rapporti con Frans Timmermans e Pierre Moscovici, l'endorsement (addirittura anticipato rispetto alla nomina) di Christine Lagarde, oltre ai suoi anni di presidenza della Commissione parlamentare per i problemi economici e monetari, ne fanno un naturale esecutore dei desideri di Bruxelles. In questo, la sua formazione comunista lo porta a «sostituire» all'antica mamma Urss la nuova mamma Ue. Ma l'approccio storicista è lo stesso: la storia ha quella direzione, se ti opponi sei un reazionario, e meriteresti (se non i gulag, oggi improponibili) una dura punizione sociale e intellettuale, sembra dirci il professore. Di più: il prof applica all'Ue le stesse difese logico-dialettiche che i vecchi comunisti adottavano per fronteggiare le critiche sul fallimento sovietico: l'idea comunista era giusta - dicevano -, purtroppo ne fu sbagliata l'implementazione. Per Gualtieri vale lo stesso con l'Ue: non ha funzionato bene? Datecene di più e andrà meglio. E non sembra sorgergli il dubbio che in entrambe le idee potesse esserci qualcosa di radicalmente errato, a partire dalla pretesa di accentramento e omologazione. Ma Gualtieri ha anche estimatori. Destò polemica e minacce di querela da parte della delegazione del Pd la copertura giornalistica di un documento nel quale 264 eurodeputati (tra cui 14 italiani, 13 del Pd) venivano definiti «alleati affidabili», nell'ambito di un'analisi compiuta da Kumquat Consult per l'Open Society European Policy Institute che fa capo a George Soros. A scanso di polemiche, chiariamo di non fare alcun riferimento a nessun ipotetico sostegno o finanziamento: nessun'accusa e nessuna insinuazione da parte nostra, e assolutamente nulla di illegale o inopportuno. Solo un dato fattuale: in un report redatto da una società di consulenza (lo trovate qui: https://legacy.gscdn.nl/archives/images/soroskooptbrussel.pdf) per l'istituto di Soros, venivano individuati i reliable allies nell'Europarlamento 2014-2019, e, a pagina 64, compare anche Gualtieri. Tutto qui, né più né meno. Sono tante le associazioni che, all'inizio di una legislatura, «mappano» i nuovi eletti: anche Open Society ha fatto così, individuando veri o presunti «alleati affidabili»… Per il resto, il legame politico più saldo di Gualtieri è stato – in origine – quello con Massimo D'Alema: qualcuno dice che ne sia stato anche il ghost writer. E da D'Alema Gualtieri avrebbe ereditato - in passato anche le inimicizie politiche interne al Pd, con sfumature antiprodiane, antiveltroniane, antirenziane. La sua stessa produzione storica è molto politica, nel segno della storiografia di partito: a partire dalla svolta di Salerno, con Gualtieri impegnato a sostenere la (difficile, diciamo) tesi dell'autonomia di Togliatti rispetto a Stalin. Dibattito appassionante, non c'è dubbio. Ma se ci fosse un video con un Gualtieri danzante su un motivetto brasiliano, sui social avrebbe certamente più successo. Farebbe furore.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast dell'11 novembre con Carlo Cambi
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.






