2021-07-22
È allarme per i casi in salita ma a Milano i contagiati sono al 99% asintomatici
I dati della città metropolitana confermano: positivi in aumento, però la stragrande maggioranza di loro non ha nulla. Calo dei ricoveri e intensive a livello nazionale.Ilaria Capua vuol far pagare le eventuali cure a chi rifiuta la puntura, che è facoltativa.Lo speciale contiene due articoli.Zero sintomatici su 126 positivi. Il dato, che si riferisce al 17 luglio, è nell'ultimo report dell'Azienda territoriale sanitaria (Ats) di Milano sul monitoraggio dell'epidemia Covid-19. Ma anche nei giorni precedenti il database che registra i sintomi è inchiodato al massimo a poche unità. Rispetto agli andamenti registrati da gennaio 2020 a oggi si nota che, mentre fino a maggio, all'aumentare dei tamponi e dei casi positivi si vedeva una crescita nel numero di persone con sintomi, ricoveri e decessi, da giugno - come si vede nei grafici - la discontinuità ha del clamoroso. Crollano casi e sintomatici, con buona pace delle cassandre che prevedevano disastri e ospedali sotto assedio. Negli ultimi dieci giorni, in Lombardia, a fronte di una media di circa 400 casi positivi al giorno, ci sono stati 4 decessi e sono rimasti praticamente invariati i ricoveri in reparto (intorno a 130) e nelle terapie intensive (una trentina). Un dato simile si ricava anche a livello nazionale nel report settimanale del 14 luglio dell'Istituto superiore di sanità (Iss) dove, a fronte di un numero di tamponi superiore a 1,2 milioni, il 5 luglio, i positivi si fermano intorno a 2-3.000 e i sintomatici sono circa la metà, con ricoveri e decessi ai minimi. Anche ieri i nuovi casi registrati erano 4.259 (+700 rispetto a martedì), 21 decessi, in calo i ricoveri nelle terapie intensive (158) e stabili a 1.196 (+2) i ricoveri ordinari. All'aumento del numero dei test, a differenza dei mesi precedenti, ci sono meno casi e moltissimi senza sintomi. «Gli zero sintomatici di Milano sono tali, ma possono esserci dei ritardi nella registrazione del dato», osserva Carlo Signorelli, ordinario di Igiene all'Università di Parma e Vita salute del San Raffaele. «Probabilmente saranno giovani sotto i 30 anni trovati per tracciamento o perché in partenza per le vacanze. La Lombardia è la regione che ha vaccinato di più, quindi anche più soggetti a rischio sono immunizzati: ci sta il fatto che non ci siano morti e ricoverati». A fronte di questi dati, soprattutto nel caso di assenza di sintomi, con una trasmissione del virus verosimilmente ridotta, si potrebbe pensare a una gestione diversa anche delle quarantene, attualmente di 10-14 giorni per vaccinati e non. La questione però non è proprio così semplice. «Sappiamo che gli asintomatici trasmettono poco il virus, ma non ci sono i numeri», osserva Signorelli. «Fino a prova contraria, c'è la possibilità che il virus circoli e, oltre a variare, possa infettare quel 10% di persone fragili in cui il vaccino non dà copertura completa». Si tratta di un'interpretazione restrittiva e, in un certo senso, deludente per chi si è procurato il green pass sperando in una certa libertà di movimento. «Trovo un po' esagerato che il positivo vaccinato debba fare la quarantena», continua l'esperto che è anche nel Cts di Regione Lombardia, «ma si applica il principio di massima cautela, che forse è un po' troppo rigido, ma è la stessa strategia intrapresa all'inizio della pandemia e che punta a voler vaccinare il più possibile per impedire la circolazione del virus. Lo scenario però è cambiato». Il Covid-19 è ormai endemico, il virus sta circolando e quindi bisogna mettere in atto misure per conviverci salvaguardando i fragili. «È il dovere di un servizio sanitario universalistico come il nostro», ricorda Signorelli, ma ci sono vie diverse per raggiungere il risultato, soprattutto se l'obiettivo non è più eradicare il virus, ma conviverci contenendo i danni. Servirebbe un cambio di strategia che però è poco probabile arrivi dal ministero della Salute o dall'Iss. In Italia è stata intrapresa, «sin dall'inizio una linea ipercautelativa che difficilmente il governo abbandonerà», osserva l'esperto. «Nelle prossime settimane dovrebbero esserci dei dati sul reale rischio di trasmissione dei vaccinati, ma sono studi complessi», continua il professore che sottolinea come, a questo punto, nell'improbabilità di un cambio di rotta, serva «vaccinare i fragili, magari con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, e agire sui trasporti, soprattutto in vista della ripresa della scuola». Il luogo più a rischio di infezione, secondo il professore «non sono le manifestazioni all'aperto e nemmeno le aule scolastiche, dove anche il concetto di contatto stretto potrebbe essere interpretato come solo il gruppo dei vicini di banco». Nemmeno sul fronte trasporti però si vede qualche movimento. Forse può essere complesso aumentare le corse di treni e metropolitane, ma scaglionare gli accessi a scuola, come fatto in qualche regione, potrebbe limitare la circolazione del virus. In ogni caso, la vaccinazione ha cambiato lo scenario e la previsione è «di una nuova ondata di positivi, ma senza casi gravi, pochi morti e poca terapia intensiva», afferma Signorelli. La convivenza con il Covid-19 è inevitabile, ma non disastrosa. Certo, resta da capire quanto è contagioso il positivo vaccinato e la durata dell'immunità, ma se la strategia di contrasto del governo resterà quella rigida e lenta che ha finora applicato, anche questi importanti risultati potrebbero essere ignorati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/allarme-casi-salita-milano-asintomatici-2653884826.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-capua-augura-ai-non-vaccinati-la-bancarotta-dopo-la-degenza" data-post-id="2653884826" data-published-at="1626894667" data-use-pagination="False"> La Capua augura ai non vaccinati la bancarotta dopo la degenza Ilaria Capua (Ansa) Cara dottoressa Ilaria Capua, abbiamo molto apprezzato la sua idea di far pagare il ricovero (1.000-2.000 euro al giorno) a chi non si vaccina, nel caso si ammalasse. Del resto lei sul Covid non ne ha mai sbagliata una, fin da quando diceva «è solo un sindrome simil influenzale, non ci saranno forme gravi, anzi sarà sempre più debole». Era il febbraio 2020, ricorda? «È solo una brutta influenza?», le chiedevano. E lei: «Bisogna vedere se è brutta». Da allora ha continuato a sparare sentenze dal buen ritiro della Florida, incassando gettoni a ogni apparizione Tv e promuovendo ben tre libri (tre!) sulla pandemia. A dimostrazione del fatto che forse di virus non ne capirà moltissimo, ma di quattrini assolutamente sì. Per questo la sua opinione è importante quando si tratta di trovare le cure giuste non tanto per le persone, che in fondo a lei come veterinaria poco interessano. Quanto per i bilanci che le stanno evidentemente a cuore. In effetti l'idea di far cassa nella sanità costringendo a pagare chi non si sottopone al vaccino (che non è obbligatorio) ci sembra così intelligente che le chiederemmo se possibile di lavorarci su e di estenderla oltre i limitati confini del Covid. Se, per dire, uno anziché prendere il sempre sicuro treno viaggia su una moto potente, che è molto più rischiosa, e si sfracella in autostrada, perché dovremmo pagargli le cure in ospedale? E se, per dire, uno alla domenica, anziché andare ai giardinetti, sceglie di fare paracadutismo o rafting o parapendio e si rompe una gamba, perché dovremmo pagargli le cure in ospedale? E se, per dire, uno anziché rimanere fedele a sua moglie, va a trans e si becca l'Aids, perché dovremmo pagargli le cure in ospedale? Potremmo andare avanti all'infinito, lo vede? Come tutte le trovate geniali, anche la sua apre grandi prospettive. Lei stessa del resto conclude il suo immortale articolo sul Corriere della Sera (dal titolo: «Danni collaterali») dicendo che questo è solo il primo passo. Si capisce. Duemila euro per un ricovero sono l'inizio, soltanto per coprire «i costi non sanitari», cioè «letto, biancheria, mensa, servizio di pulizie». In un secondo tempo si passerà anche a far pagare «infermieri, medici e medicine», così il costo potrebbe aumentare assai. Gli incassi pure. Resterebbe da capire perché il non vaccinato dovrebbe continuare a pagare le tasse, ma questo è un piccolo dettaglio che magari facciamo risolvere al suo abilissimo ufficio contratti, che ne dice? E poi si potrebbe fare anche un passo in più. Lei, per dire, propone di far pagare le cure ai non vaccinati nel caso si prendano il Covid. Perché fermarsi qui? Perché solo in caso di Covid? Perché non far pagare le cure ai non vaccinati qualsiasi malattia si prendano? S'immagini la scena. Uno ha l'infarto, arriva l'ambulanza e gli chiedono: lei è vaccinato? No? O tira fuori la carta di credito o muore qui. Così si fa pressione sui non vaccinati. Finalmente. Gli si fa pagare un prezzo della loro scelta (che non è obbligatoria, sia chiaro). Anzi, già che ci siamo: perché aspettare che ai non vaccinati venga un infarto? Tagliamo loro direttamente una mano. O un orecchio. Così imparano. Non ti vaccini? Devi pagare e devi soffrire. In fondo anche questi sono soltanto «danni collaterali», no? Grazie per il suo prezioso contributo, cara Capua. Lo vede quanti spunti interessanti arrivano da una trovata così geniale? Lei ci arriva partendo da un assunto apodittico: «La scienza ha fatto il suo dovere. Che cosa possiamo volere di più?». Ora, mi permetta: che la scienza abbia fatto il suo dovere è piuttosto discutibile e lo sa anche lei, che nei mesi scorsi, con un lampo di lucidità, disse: «La comunità scientifica ha fallito. Dobbiamo fare autocritica». Ma tant'è. Sappiamo che è più facile collegarsi con La7 che con l'autocritica. Però, ecco, di fronte alla sua domanda «che cosa possiamo volere di più?», avremmo, sommessamente, pacatamente, rispettosamente, una risposta da suggerire. C he cosa possiamo volere di più? Vorremmo che gli scienziati e gli pseudoscienziati la smettessero di sparare bestialità. Anche quando, essendo veterinari, sono dei veri specialisti nel settore.