2020-10-09
A forza di ultimatum i Benetton sono sempre in sella
Il penultimatum scade domani. Ma forse poi arriverà un nuovo penultimatum e dopo questo probabilmente ci sarà il penultimatum del penultimatum. Del resto, c'è chi ne ha già contati una dozzina e forse più, perché un penultimatum tira l'altro, come le ciliegie: l'importante è che il nocciolo non vada di traverso. E qui il nocciolo rischia proprio di andare storto, non tanto a Giuseppe Conte, che abile qual è nelle manovre di Palazzo, sa come attutire i pericoli di una sua caducazione, ma agli italiani, i quali rischiano di pagare a caro prezzo le promesse del presidente del Consiglio.La storia è quella di Autostrade e del ponte Morandi, crollato con le sue 43 vittime. A cadaveri ancora sotto le macerie, il premier non tentennò, ma usò parole decise: i tempi della giustizia non coincidono con quelli della politica. Tradotto, voleva dire che il suo governo non avrebbe aspettato le sentenze dei giudici per farla pagare ai Benetton. Per l'occasione, l'avvocato di Volturara Appula sfoderò il meglio del suo linguaggio giuridico, parlando appunto di «caducazione della concessione». In pratica, intendeva dire che il crollo del manufatto era motivo di revoca del contratto d'appalto con cui lo Stato aveva dato le autostrade, e soprattutto lauti guadagni, alla famiglia di Ponzano Veneto. Di fronte alle bare, Giuseppi confermò l'intenzione, ma una volta sepolti i corpi, anche la pratica fu ricoperta, prima dai giorni, poi dai mesi. Ogni tanto, quando qualche malizioso giornalista chiedeva a che punto fosse la faccenda, Conte rispondeva invariabilmente che l'esecutivo era prossimo alla svolta e aveva dato gli otto giorni agli imprenditori veneti. Non essendo però delle colf, per nulla intimoriti e assistiti da una pletora di avvocati, questi sono passati da un penultimatum all'altro.Di rinvio in rinvio, di minaccia in minaccia, si è così arrivati all'estate, quando il ponte ricostruito doveva essere inaugurato. Quel giorno, qualcuno deve aver segnalato che la caducazione rischiava di finire in testa proprio a chi l'aveva lanciata, perché il viadotto, dovendo essere consegnato a un gestore, non poteva che finire nelle mani dei Benetton, che della società Autostrade continuano a essere i proprietari. Così, per evitare che il secondo anniversario della strage coincidesse con il taglio del nastro e un regalo ai fratelli dei maglioni multicolore, Conte si inventò la sceneggiata del penultimatum, tornando a sventolare la minaccia della revoca per ottenere un accordo. Dopo aver alzato i toni per giorni, alla fine il premier annunciò l'intesa per far uscire i Benetton dall'azionariato di Autostrade. Una vittoria del governo, sentenziò l'ufficio stampa di Palazzo Chigi, cioè la maggioranza dei giornali. I Benetton sono stati presi a schiaffi, chiarì il Che Guevara dei 5 stelle, alias Alessandro Di Battista.In realtà, si trattava di una di quelle supercazzole in cui il presidente del Consiglio è maestro, ovvero un gioco di prestigio degno del mago Silvan. Che si trattasse di un'operazione di distrazione di massa lo si poteva capire leggendo i numeri del presunto accordo. Ma che dietro la cortina fumogena si nascondesse un papocchio lo si è compreso dopo un po' di settimane, quando la cacciata dei Benetton ha cominciato a essere rinviata di giorno in giorno. E nel momento in cui Cassa depositi e prestiti, ossia l'acquirente che avrebbe dovuto subentrare alla famiglia dei maglioni, si è seduta al tavolo della trattativa e la discussione si è arenata sul prezzo, sulla manleva e pure sui debiti, beh, si è capito che schiaffi e intesa erano tutto un imbroglio.E così eccoci qua, al punto di partenza, cioè alla caducazione della concessione, al penultimatum, cioè all'inizio della storia, come nel gioco dell'oca quando si incappa nella carta sbagliata. Sì, tutto ritorna a due anni fa, al giorno dopo la strage, alla promessa di levare la pelle, e soprattutto il portafogli, ai Benetton. Non sappiamo quale sarà l'epilogo, se davvero Giuseppi alla fine sarà costretto a fare ciò che non vuole fare, ovvero a revocare la concessione o se, con qualche altra contropartita, gli imprenditori veneti cederanno il passo, accettando di uscire dal casello. Nell'uno o nell'altro caso, abbiamo però la sensazione che gli italiani pagheranno a caro prezzo l'avventatezza dell'avvocato di Volturara Appula. La revoca rischia infatti di costare molto, non ora ma fra qualche anno. E l'accordo per una buonuscita dei magliai a colori anche. Perché la vanità del premier a tutti i costi ha un prezzo.