2021-03-10
Alla Camera mascherine made in Pechino
Nonostante gli annunci dell'ex commissario straordinario, che prometteva l'autarchia entro settembre, l'Italia è ancora invasa da dispositivi stranieri. Il paradosso, svelato dal leghista Antonio Zennaro, è che perfino ai parlamentari arrivano protezioni fatte in OrienteEra la fine di maggio 2020 quando un Domenico Arcuri in versione triumphans annunciava alla commissione Affari sociali della Camera: «A settembre ci saranno sul mercato solo mascherine chirurgiche “italiane"». «Perché in giro si vedono ancora le mascherine cinesi?», si era chiesto il commissario. Rispondendosi così: «Le aziende italiane, poverine, ci mettono qualche tempo a raggiungere la produzione massima. In Cina le fanno da qualche decennio. Ma a settembre non ci saranno più mascherine cinesi, perché quelle italiane basteranno al nostro fabbisogno». E poi, come da copione, i numeri di un trionfo annunciato: la riconversione di 135 imprese, più l'avvio della produzione delle macchine necessarie a realizzare i dispositivi: «Abbiamo fatto un accordo con due grandi aziende italiane che stanno producendo 51 macchine che a regime, entro la fine di giugno, produrranno 31 milioni di mascherine chirurgiche al giorno». Morale: «La conversione delle imprese e la produzione di macchine ci fa ritenere che al più tardi alla fine del mese di settembre noi non dipenderemo più dall'importazione dei dispositivi da altri luoghi del mondo».Altri numeri forniti in quella circostanza: contratti in essere con 19 aziende «che hanno ricevuto da noi ordini per 1 miliardo e 823 milioni di mascherine, a un prezzo medio di vendita di 42 centesimi».Ordini «superiori al totale delle mascherine chirurgiche che abbiamo acquisito in Cina da 15 fornitori che ci daranno complessivamente 1 miliardo e 807 milioni di mascherine».Nessun motivo di dubitare di tutta questa mole di cifre. Peccato che però, oggi, nove mesi dopo quell'annuncio, praticamente il tempo di una gravidanza, l'Italia sia ancora invasa di mascherine cinesi. Basti solo pensare che i dati delle Dogane, già resi pubblici dalla Verità, dimostrano che da metà maggio a ottobre ne sono state importate 1,7 miliardi (contro circa 1,5 miliardi dagli ultimi giorni di febbraio alla metà di maggio). Se nel periodo febbraio-maggio, secondo Assosistema di Confindustria, il Paese ha speso per importare Dpi 1,1 miliardi (per il 90% destinati alla Cina), nei quattro mesi successivi ne ha spesi quasi 2.E a rendere tutto addirittura emblematico è il fatto che, come ha twittato, con tanto di foto, il deputato Antonio Zennaro (Lega), «Montecitorio fornisca ai deputati mascherine Ffp2 made in China». Insomma, perfino alla Camera le mascherine che circolano sono cinesi. Altro che autarchia. Tra l'altro, Zennaro ha un doppio conto aperto. Già a settembre 2020, quando era membro del Copasir, aveva presentato un'istanza di accesso agli atti del commissario per l'emergenza. Obiettivo: sapere quante mascherine e quanto altro materiale Dpi fosse stato acquistato all'estero, in quali Paesi, anche in considerazione degli standard qualitativi. Con i dettagli relativi alle unità merceologiche: cosa e dove fosse stato comprato. Risultato? Nessuna risposta. E allora Zennaro, senza perdersi d'animo, ai primi di ottobre presentò un'interrogazione a risposta scritta, rivolta al premier, con gli stessi quesiti. In sostanza, la stessa richiesta fatta prima all'autorità amministrativa e poi in sede politica. Anche in questo caso, nessuna risposta.Da ottobre a oggi, le inchieste della Verità in primo luogo, e poi anche trasmissioni televisive come Quarta Repubblica e Fuori dal Coro, hanno svelato una serie di opacità e di problemi. Così come inchieste giudiziarie sono state aperte su diversi fronti. Ed è notizia degli ultimi 15 giorni una raffica di sequestri e requisizioni, con pesanti interrogativi sugli standard qualitativi di ingenti quantitativi di Dpi. In modi a dir poco sfortunati nel timing, alla vigilia di una serie di provvedimenti di sequestro, il ministro Roberto Speranza si era detto tranquillo sulla qualità delle mascherine: «Il procedimento autorizzativo oggi vigente in Italia è molto rigoroso e prevede, per una parte, il ruolo fondamentale dell'Istituto superiore di sanità e, per un'altra parte, il ruolo essenziale dell'Inail. Quindi io mi sento di dire con assoluta sicurezza che i controlli e le verifiche sono fatti con la massima attenzione, e che le mascherine in commercio sul nostro territorio nazionale sono mascherine sicure». Come siano andate le cose, stiamo cominciando a vederlo. Sembra invece pacifica la buona qualità e il carattere a norma delle mascherine in distribuzione a Montecitorio. Tuttavia, l'episodio reso noto ieri da Zennaro conferma l'esigenza di un atto di trasparenza che lo stesso deputato ha sollecitato pubblicamente, in una recente intervista a questo giornale: del tutto a prescindere dalle inchieste che faranno il loro corso, il governo e il ministero della Salute farebbero bene a tirar fuori i contratti stipulati e gli acquisti effettuati dalla struttura commissariale. Ci sia trasparenza totale: quanti soldi, quali mediazioni e commissioni, quali e quante unità merceologiche, da quali e quanti Paesi, da quali e quante società (con i relativi dettagli), e anche con tutte le informazioni rispetto agli standard qualitativi di ogni partita di mascherine, camici, respiratori, e così via. I contribuenti hanno diritto di sapere - per lo meno - come e per cosa siano stati spesi i loro soldi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)