2018-04-26
Alfie, la chiave per la selezione della specie
Alfie sta morendo. Alfie non ha diritto a vivere. Ed è paradossale che esista un diritto per tutti, in questo dannato mondo, tranne per questo piccolo che ostinatamente si rifiuta di morire. Quanto ci mette? Perché non se ne va? Perché non toglie tutti d'impaccio? Perché resta aggrappato alla vita, nonostante tutto il male che gli stanno facendo, attaccandogli e staccandogli le macchine come se fossero i cavi per la batteria dell'auto? Non lo capisce? Sono tutti lì che aspettano solo quello. Che si tolga di mezzo. Che la smetta di rompere con la sua ostinata esistenza. Che la smetta di porre domande. Di chiedere risposte. Che la smetta di avere pretese, di voler essere curato, addirittura. Con tutto quel che costa. Non è ancora chiaro? Alfie Evans non ha diritti. Alfie deve soltanto sparire. Ed è paradossale che in questo nostro tempo, in cui abbiamo ormai esteso all'infinito l'orizzonte dei diritti, ben oltre il terreno di quelli naturali, in questo tempo in cui siamo arrivati a riconoscere il diritto degli adulti di fabbricarsi un bimbo in provetta, di modificarne il Dna, di usare il grembo della mamma come fosse un forno, abbiamo riconosciuto il diritto alla fecondazione omologa, eterologa, in vitro, la maternità surrogata, l'utero in affitto, ogni tipo di pratica genetica per mettere al mondo un bambino anche se non ha una mamma e un papà, ebbene: è paradossale che in questo nostro tempo così pieno di diritti di mettere al mondo bambini, quando c'è un bambino, con la sua mamma e il suo papà, che al mondo ci vorrebbe soltanto restare, ecco quel diritto non viene riconosciuto. Anzi, viene cancellato. Non è incredibile? Riconosciamo diritti a chiunque, cani e porci, nel vero senso della parola. Ma ad Alfie no. C'è il diritto dei pitbull ad avere la cuccia delle giuste dimensioni, il diritto dei bassotti a non avere i timpani rovinati dai botti di Capodanno, il diritto degli ippopotami a non essere troppo accaldati, il diritto dei suini ad avere allevamenti adeguati, il diritto dei canarini a non essere silenziati, il diritto degli assassini di essere dimenticati (diritto all'oblio), il diritto dei ladri di essere tutelati, il diritto delle aragoste a non essere buttate nell'acqua bollente… Tutto giusto, tutto sacrosanto per carità: ma il diritto di un bambino a vivere? Quello no? Possibile che conti meno del diritto di un'aragosta o di un canarino? Se avessero fatto a un cavallo, sotto gli occhi delle telecamere, quello che è stato fatto a quel bimbo inglese, ebbene avremmo già moti esagerati di indignazione collettiva, cui sarebbe impossibile sottrarsi senza essere additati come mostri e nemici dell'umanità. Chi maltratta gli animali è nemico dell'umanità, è chiaro. Chi maltratta un bimbo, invece no. E così dobbiamo sorbirci gli editoriali dei professoroni alla Vladimiro Zagrebelski o alla Chiara Saraceno o di filosofi alla Michela Marzano che ci spiegano gelidamente (il primo sulla Stampa, le altre su Repubblica) che è giusto che Alfie debba morire. In fondo non è mica un cavallo, no?Il nodo del ragionamento di costoro è che, siccome non sempre i genitori fanno il bene dei loro figli, è giusto che non siano loro, ma i giudici a decidere sulla vita del bambino. E, in linea di principio, non fa una grinza: ci sono casi in cui i genitori non fanno il bene del bambino e i giudici devono poter intervenire per togliere loro la potestà. A volte, per dire, pensiamo che lo facciano persino troppo poco, come nel caso dei figli dei rom mandati a rubare. Ma per i genitori di Alfie Evans? Davvero i giudici pensano che la mamma e il papà stiano torturando quel piccolo malato? Davvero pensano che stiano facendo il suo male per il loro egoismo? Allora dovrebbero togliere ogni diritto sul bambino. Non lasciarli lì, accanto al letto, a fargli respirazione bocca a bocca mentre i medici staccano le macchine per la respirazione automatica. E poi, com'è possibile che diano loro il permesso di portarselo a casa caso mai dovesse resistere in vita ancora qualche giorno? Non è un controsenso? Pensi che siano dei torturatori e lasci che portino a casa il presunto torturato? Possibile?Che poi, per assurdo, mamma e papà possono portarsi Alfie a casa, ma non possono portarlo a curarsi altrove. In Italia, per esempio. Dove pure, per quel che vale, è diventato cittadino. E perché? Alfie non è più un libero cittadino? Ha perso anche il diritto di muoversi? Persino all'interno dell'Europa? Persino nei Paesi in cui è cittadino? Solo perché è malato? Come vedete questa vicenda è piena di paradossi e contraddizioni. Che si possono spiegare solo in un modo: rivelando il non detto, il sottinteso, quello che tutti sanno ma nessuno può dichiarare. La verità, infatti, spiace ripeterlo, ma è una sola. Ed è che, con buona pace delle disquisizioni giuridiche di Zagrebelski e di quelle sociologiche o filosofiche di Saraceno e Marzano, quello che si sta preparando, nascondendosi dietro parolone dotte, è la selezione naturale della specie, l'eliminazione dei più deboli, la soppressione di chi è troppo costoso da curare. In una società che ha moltiplicato all'infinito le possibilità mediche, bisogna poter scegliere chi salvare e chi no: il dolore è infinito, le risorse al contrario sono limitate. Alfie deve morire perché non ci sono soldi per farlo vivere. Semplicemente. È crudo dirlo ma è così.E nella nuova società dell'orrore che stiamo costruendo funziona e funzionerà sempre di più in questo mostruoso modo: si finge che decidano i medici o i giudici per far decidere in realtà ai ragionieri. Il valore della vita si calcolerà sulla base della contabilità, in modo da salvare i bilanci. E pazienza se, nel contempo, perderemo noi stessi.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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