2024-07-15
Alberto Donzelli: «Obbligo insensato per molti vaccini»
Alberto Donzelli (Imagoeconomica)
Il medico, già membro del Consiglio superiore di sanità: «Forse solo per l’antimorbillo è ragionevole tenerlo. I bimbi morti di parotite e rosolia erano 0,3 all’anno. Se un esperto muove dubbi non gli pubblicano lo studio».È un argomento tabù, che nessun cittadino, men che meno nel salotto scientifico-televisivo del Belpaese, ha mai pensato di mettere in discussione: l’utilità dell’obbligo di vaccinazione. Curioso, perché la vaccinazione non è obbligatoria dappertutto: in Paesi come ad esempio Gran Bretagna, Spagna, Austria, Svezia, Finlandia, Irlanda e altri, la scelta è lasciata al cittadino, senza costrizioni. In Germania è obbligatoria solo l’antimorbillo, e può avvenire con vaccino monovalente (dunque possibile anche qui). E se perfino l’autorevole New England Journal of Medicine ha dedicato alla questione l’articolo «Finanziare la scienza della sicurezza vaccinale post autorizzazione», è evidente che nella comunità scientifica mondiale i dubbi sulle vaccinazioni applicate come protocollo preventivo ci sono. Non a caso, le politiche sanitarie e vaccinali variano da Paese a Paese, per ragioni di opportunità politica più che scientifica.L’emendamento al decreto Liste d’Attesa presentato dal senatore Claudio Borghi, che ha chiesto che siano «raccomandati», non più obbligatori, i vaccini pediatrici contro morbillo, parotite, rosolia, varicella, e la libertà d’accesso alle scuole per l’infanzia, ha avuto il merito di riaprire il dibattito, almeno in punto di principio. Ma nel merito nessuno ha ancora chiarito quali e quante di queste vaccinazioni siano davvero indispensabili. Ne parliamo con il dottor Alberto Donzelli, già membro del Consiglio superiore di sanità e oggi della Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi).Cosa ne pensa della proposta del senatore Borghi?«Finalmente si può cominciare a parlare di questo tema. Pur considerando i vaccini una grande scoperta nella storia della medicina, sono critico sull’uso e abuso che se ne fa: andrebbero valutati scientificamente uno per uno, con bilancio tra rischi e benefici attesi, come è previsto per gli altri farmaci. Soprattutto, la tendenza a somministrarli in maniera massiva e a considerarli “medicina preventiva”».Quindi non è d’accordo sull’obbligo?«L’obbligo di certo andrebbe tolto sui sei vaccini dell’esavalente, che non garantiscono l’immunità di gregge, dunque, lo ripeto con forza, non rispondono al primo requisito costituzionale perché sia ammissibile un obbligo».Vogliamo ricordare quali sono?«Tetano, difterite, antipolio iniettiva, epatite B, haemophilus influenzae e pertosse».Partiamo da quest’ultima.«La vaccinazione attenua la malattia per qualche anno e ne può mascherare i sintomi, perciò aumenta la possibilità di infettare in modo inconsapevole proprio chi ne può avere grave danno: i bambini sotto l’anno».Non andrebbe fatta?«Genitori, fratelli e parenti vaccinati del bebè, che possono avere la bordetella pertussis in gola senza saperlo perché con pochi o nessun sintomo, toccando le manine del neonato, che le mette in bocca, possono passargli la pertosse. E per bambini sotto ai sei mesi e in generale sotto l’anno, la pertosse è una malattia seria».Dunque?«I bambini vanno protetti. Meglio che i genitori non facciano la vaccinazione antipertosse: così se contraggono la pertosse se ne accorgono e stanno alla larga dal bambino».Difterite e tetano?«Sulla difterite confermo quanto ha scritto Burioni».È sicuro?«Sì (ride, ndr). Anche Burioni su un libro ha scritto che il vaccinato è protetto dalla malattia, ma può trasmettere l’infezione. È vero, l’antidifterica non consente immunità di gregge, perché in questo è come l’antitetanica. Inoltre la difterite non si trova quasi più».L’antipolio?«Anche per l’antipolio iniettiva è molto dubbia la protezione di gregge, il vaccinato ha anticorpi nel sangue. A evitare la trasmissione era l’antipolio orale, ma non si fa più».Antiepatite?«Si trasmette con scambi di sangue, ma i bambini di nidi e materne non fanno sesso, né si drogano con scambio di siringhe».Morbillo e rosolia?«Danno immunità di gregge per qualche decennio, dunque avrebbero il requisito costituzionale per una legge sull’obbligo. Però, la rosolia è considerata eliminata in Italia da alcuni anni, non ci sono più casi. Se avesse senso l’antirosolia, andrebbe riservata alle ragazze prepuberi, risparmiando i maschi e quelle che han fatto la rosolia naturale, riducendo i costi vaccinali. E/o per precauzione, prima di programmare una gravidanza, si possono controllare gli anticorpi e decidere di vaccinarsi se mancano e se non si è fatta la malattia naturale, la cui protezione dura più e meglio della vaccinazione».Dunque non ha senso mantenere l’obbligo sulla rosolia. E sul morbillo?«L’antimorbillo è forse l’unico di questi vaccini per cui potrebbe essere razionale mantenerlo, sia perché dà l’immunità di gregge, sia perché è una malattia che può essere più seria di altre e c’è uno sforzo mondiale per eradicarlo, finora senza successo perché il morbillo è contagiosissimo».I dati sulla diffusione del morbillo evidenziano che subito dopo l’obbligo i casi sono saliti: da una media di 200-600 pre Lorenzin ai 2.581 casi nel 2017, 2.029 casi nel 2018, 1.334 casi nel 2019.«I dati della Lorenzin - che aveva parlato di 300 morti l’anno in Gran Bretagna, spaventando la popolazione - non erano veri. Nei 14 anni dal 1985 al 1999, quando l’Italia ha introdotto la vaccinazione universale (prima pochi si vaccinavano) i morti di morbillo sono stati in media 7,4 l’anno, di cui la metà in età pediatrica».Lei oggi la farebbe la vaccinazione anti morbillo?«La vaccinazione dà una buona protezione: non per tutta la vita, ma per circa 20-30 anni. Ma poi si arriverà a chiedere richiami, per non correre il rischio di contrarlo da adulti o anziani».E varicella e parotite?«L’antivaricella limita la circolazione del virus ma se i bambini la prendessero alle elementari quando vanno a scuola, darebbe loro un’immunità duratura. La varicella da bambini è una malattia lieve; da anziani, è una malattia seria».In America si facevano i varicella-party…«Di fatto, la protezione da antivaricella non dura come l’antimorbillo, ma limitando la circolazione, aumentano i soggetti in cui il virus della varicella - che non è mai estirpato dall’organismo, ma resta nei gangli nervosi - quando si abbassa l’immunità rimette fuori la testa. Certo, trova ancora gli anticorpi nel sangue che evitano la malattia, ma non la diffusione nel dermatomero (proiezione del nervo sulla pelle), da cui deriva l’herpes zoster, più doloroso e più serio della varicella, per cui oggi c’è la spinta anche a vaccinarsi contro l’Herpes».La parotite?«È lieve da bambini, ma andando avanti nei giovani adulti può essere più seria, dare infiammazioni di testicoli e ovaie, e problemi anche alla fertilità».Le autorità sanitarie ritengono che le vaccinazioni preventive evitino costi al sistema sanitario e gravi danni alla popolazione.«Dovrebbero consultare i dati Istat per avere la misura dei danni alla popolazione quando non c’era l’obbligo ma le condizioni di vita degli italiani erano migliorate rispetto al passato».Cosa dicono questi dati?«Dal 1985 fino al 1999, nei quattordici anni in cui non c’erano le vaccinazioni antimorbillo, antiparotite e antirosolia universali e pochi si vaccinavano, sa quanti erano i morti in Italia, non soltanto tra i bambini?».Quanti?«Prima che si stupisca glielo dico io e mi appoggio ai dati ufficiali: su circa 58 milioni di abitanti, di rosolia sono stati in media 0,9 l’anno, di cui però 0,3 in età pediatrica e 0,6 tra gli over 18. Quelli per la parotite idem. Quelli di morbillo, un dramma diverso, come le ho detto: 7,4 morti l’anno, di cui metà in età pediatrica».Si ritiene che quei 7,4 morti potrebbero essere evitati.«Forse, e forse no, perché lo stato di salute di parte dei deceduti potrebbe essere stato comunque precario, esposti a morire per una sindrome influenzale. Inoltre, non c’è interesse a togliere la spinta a vaccinare, né la convinzione - ben disseminata nella popolazione - che queste vaccinazioni siano fondamentali, per evitare grandi tragedie».E poi?«Non sanno che con la sorveglianza passiva ci sono mille volte meno segnalazioni che con la sorveglianza attiva. Nessuno guarda le tabelle dei trial registrativi sepolte negli archivi elettronici».Dunque quali sono le prove su cui si basa la comunità scientifica per obbligare la popolazione a vaccinarsi?«Se un esperto non fa l’autodafé e non dice che comunque le vaccinazioni sono importantissime e il loro beneficio supera i rischi, non gli pubblicano lo studio. Questo metodo risale a lustri prima del Covid, che poi ha esasperato tutto».Tutto può essere prevenibile attraverso i vaccini: scienza o ideologia?«Ideologia, coltivata, insegnata e diffusa in modo capillare. Sono decenni che queste affermazioni infondate sono insinuate nella testa della gente, come dogmi. In questo momento la comunità scientifica (stra)parla di prevenzione riducendola a due codici: vaccinazioni e screening».Non consentono di risparmiare denaro pubblico?«Certamente no. Le malattie colpite da vaccinazione erano già ridotte moltissimo, almeno nelle forme gravi e mortali, prima che fossero introdotti i vaccini. Basterebbe guardare i dati, ma pochissimi lo fanno».
Robert Kennedy Jr e Orazio Schillaci (Ansa)
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