2021-01-20
«Al Pd ormai resta un solo ideale: l’europeismo dei poteri finanziari»
Luciana Canfora (Getty images)
Il grande filologo Luciano Canfora pubblica un libro al vetriolo sulla metamorfosi della sinistra italiana: «Doveva diventare una socialdemocrazia vicina ai deboli. Oggi è in balia di un trasformismo che ci riporta agli anni di Giolitti»Luciano Canfora, tra i più stimati filologi europei, ha appena pubblicato quello che definisce «un libro di storia antica». Si intitola La Metamorfosi (Laterza) e indaga il cambiamento della sinistra nell'ultimo secolo: dal Partito comunista al Partito democratico. Professore, il suo libro è dedicato alla tradizione della sinistra italiana. Oggi il maggior partito di sinistra, il Pd, sostiene Conte assieme ai personaggi più vari ed eventuali… «Sinistra è una parola espunta ormai anche dalla ragione sociale del Pd. Lo dico un po' scherzando un po' sul serio. Quel che vediamo oggi è trasformismo. Sembra di tornare ai tempi di Giolitti, quando ogni parlamentare era una specie di monade che faceva politica in proprio. Del resto la decadenza dei partiti politici è il terreno di coltura per il trasformismo. Lo vediamo da ogni parte. Penso ad esempio a Di Maio. Ricordate che voleva l'impeachment per Mattarella? E adesso è quasi un pasdaran del presidente… Quando i partiti deperiscono, la parola politica diviene strumentale, perde ogni contenuto di verità». A proposito. Che cosa pensa di Matteo Renzi? «Renzi è emerso grazie alle famose primarie, meccanismo per me completamente sbagliato perché consente a chi non appartiene a un partito di designarne i dirigenti. Ecco, Renzi è il frutto della conquista dall'esterno di un partito che era già di per sé ammaccato. La sua avventura oggi continua in forme per me misteriose: è totalmente svincolato da ogni caratteristica connotante. Può entrare ovunque, basta che ci si metta d'accordo. Per me è il punto più alto del trasformismo». Torniamo al Pd. Conte ne ha ottenuto l'appoggio anche facendo leva sull'europeismo. Una parola che a lei non sembra piacere molto. «Mi sono sempre chiesto che cosa voglia dire. Per avere un'idea di che cosa sia questa Europa, basti pensare che i due Paesi che hanno salvato il Vecchio Continente prima da Bonaparte e poi da Hitler - cioè Inghilterra e Russia - non fanno parte dell'Ue. Questo la dice lunga. Le fornisco un altro elemento». Prego. «Ricordo, prima dell'emergenza Covid, un duro articolo dello Spiegel contro Angela Merkel. La cancelliera aveva detto che per fare gli eurobond sarebbero dovuti passare sul suo cadavere. Lo Spiegel parlò di una visione spietata, egoista. Bene, è curioso vedere quelli che allora la pensavano come la Merkel vantarsi oggi di essere diventati buoni e generosi». Quale sia il livello di generosità dell'Ue lo dimostra la vicenda dei vaccini…«Certo. Con la Germania che compra sottobanco trenta milioni di dosi, mentre noi abbiamo già pagato dosi che non arrivano. Questo denota come un potentato economico stia operando sulla salute delle persone per ottenere maggior profitto. E le istituzioni europee stanno al gioco». Lei definisce l'europeismo «internazionalismo dei benestanti». «Il trasferimento di sovranità che è stato la conseguenza dell'entrata in vigore di tutte le normative europee ha comportato che si delegasse il potere decisionale a istituzioni non elettive, cioè la Commissione Ue e la Bce. Queste istituzioni hanno il compito di tenere saldamente in piedi vincoli economici che Giulio Tremonti ha definito “fascismo bianco". Il capitale finanziario: ecco chi ci comanda. E a questo capitale fanno capo i benestanti». Tuttavia questo europeismo sembra essere il solo punto di riferimento del Pd. «Credo che la vera nascita del Partito comunista italiano sia avvenuta nel 1944, con quello che Togliatti definiva “partito nuovo". Lo sbocco di quella linea doveva essere il recupero della tradizione social democratica, l'approdo a una socialdemocrazia seria, che difendesse gli interessi dei più deboli. Ma mi rendo conto che tutto questo si è perso per strada. La composizione delle élite dirigenti del Pd non ha più nulla a che fare con quella tradizione. C'è stata una sorta di mutazione antropica. Cassate tutte le altre prospettive ideali, è rimasto solo l'europeismo, che nel migliore dei casi è un autoinganno, nel peggiore una grave scorrettezza». Si può dire che ormai il Pd rappresenti appunto i benestanti a cui facevamo cenno prima. «Sono convinto che, se ha il 20% dei voti, ci sia anche una parte di elettori di origine popolare, che non appartiene alle classi ricche. Ma i risultati delle politiche del 2018 sono stati sintomatici: male nelle periferie, bene ai Parioli. Martina, da segretario, si inventò addirittura di andare nei quartieri periferici di Roma nel tentativo di riprendersi un popolo ormai lontano. Direi che la mutazione di cui parlavo prima c'è stata soprattutto nelle élite dirigenti. A votare Pd sono anche tante persone che non riescono a farsene una ragione, ma non possono scegliere altri lidi. Poi ci sono pezzi della sinistra che votano 5 stelle, e poi Meloni e Salvini. I loro consensi sono fatti anche da voti popolari. Basti guardare che cosa è avvenuto a Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado italiana che ha un sindaco di destra». Dopo questa crisi che cosa succederà nei prossimi mesi, secondo lei? «Dalla elezione del presidente della Repubblica ci separa parecchio tempo, dal semestre bianco invece non troppo. La mia impressione è che col semestre bianco nascerà una nuova formazione governativa che farà da base per eleggere il nuovo presidente. E lì Forza Italia vorrà contare. Dunque tireranno a campare fino a luglio. Poi, quando non ci sarà più la minaccia di andare a casa, si faranno giochi ancora più pesanti di quelli fatti ora da Renzi. E si cercherà di imporre un presidente della Repubblica una base larga. Vedremo che faranno i 5 stelle a quel punto, chi spiegherà loro che cosa succede…». E gli ideali di giustizia sociale e di lotta per il popolo della antica sinistra che fine faranno?«Ci aspetta una crisi lunga e imprevedibile nei costi. La temperatura sociale del Paese salirà molto, in assenza di una forza politica di sinistra che sia capace di convogliare lo scontento».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)