2024-03-24
L’Ue libera gli aiuti a Berlino e Parigi e distorce la concorrenza europea
Il tedesco «Die Welt» pubblica un resoconto della pioggia di miliardi che il cancelliere Scholz sta erogando alle imprese con la collaborazione della Vestager. In rivolta i piccoli Paesi: dalla Svezia fino alla Finlandia.Sugli aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione siamo ormai al «tana libera tutti». Ed è stata proprio la Commissione, con la micidiale doppietta di transizione energetica (Green Deal) e Recovery Fund a lanciare il decisivo grido.Infatti, come se non fosse stato sufficiente quanto autorizzato a piene mani durante la crisi del Covid, da circa 2 anni gli uffici della Dg Competition guidati da Margrethe Vestager sfornano decisioni ad un ritmo impressionante. Perché quasi tutti i provvedimenti di spesa per favorire la transizione energetica o per i Recovery Plan nazionali (spesso sovrapponibili) minacciano di falsare la concorrenza e quindi sono incompatibili col mercato interno. Il tanto decantato «level playing field», cioè la parità delle condizioni di concorrenza, sembra ormai passato in second’ordine, davanti alla corsa sfrenata all’abbandono dell’energia da fonte fossile a favore di quella da fonte rinnovabile.E chi sono gli Stati che guidano questo «assalto» a Bruxelles? La notizia non è tanto nella scontata risposta, visto che si tratta di Germania e Francia, quanto nella fonte da cui proviene un’accurata analisi degli ultimi incentivi statali concessi dal governo tedesco.È stato infatti il quotidiano Die Welt, nell’ultima edizione domenicale, a pubblicare un dettagliato resoconto della pioggia di miliardi che il governo tedesco sta erogando in modo selettivo ad alcune imprese ed alcuni settori. Con il candore e l’onestà intellettuale tipica dei tedeschi - ammettono di tutto, anche se così finiscono per farsi male da soli - non si nasconde nemmeno di stare creando «forti mal di pancia» a Bruxelles e si vantano del clima di collaborazione con gli uffici della Vestager. Una volta occhiuta guardiana dell’integrità del mercato interno, mentre oggi interpreta l’articolo 107 del Tfue come un’autostrada a quattro corsie senza limiti di velocità. E chi ha più benzina e cavalli motore corre di più.L’esigenza di «porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro» - che il terzo comma lettera b) del 107 pone come condizione per considerare degli aiuti di Stato come compatibili col mercato interno – non è più uno stretto pertugio davanti al quale un tempo spesso si arrestavano le richieste degli Stati. Complice anche il Quadro temporaneo per la crisi ucraina e la crisi energetica, le autorizzazioni con questa causale sono all’incirca triplicate rispetto al periodo pre Covid. Anche per l’Italia – beneficiaria assieme alla Spagna della maggiore quota di sussidi del NextGenerationEU – si contano da inizio 2022 ben 20 autorizzazioni della Vestager relative a misure del Pnrr, potenzialmente distorsive della concorrenza.bSu Die Welt si racconta come il ministro dell’economia Robert Habeck sia ormai in tour permanente tra le imprese tedesche. A dicembre arringava i dipendenti della Holding Saar, il terzo produttore di acciaio in Germania, promettendogli 2,6 miliardi di aiuti. A febbraio era a Brema, nella sede del colosso siderurgico Arcelor Mittal, a confermare l’arrivo di 1,3 miliardi. Poi 1 miliardo alla Salzgitter AG in Bassa Sassonia e altri 2 miliardi per la Krupp in Renania. L’obiettivo è produrre acciaio con idrogeno verde e non con fonti energetiche fossili. Ma Habeck non pensa solo alla siderurgia. Sussidi (10 miliardi) anche per il produttore di chip Intel per un insediamento a Magdeburgo, per il produttore di semiconduttori TSMC per uno stabilimento a Dresda (5 miliardi), e per gli svedesi di Northvolt che produrranno batterie (900 milioni). Ma qui cominciano i mal di pancia europei. Perché gli aiuti tedeschi per la transizione energetica nel 2023 sono stati pari a 4,16 miliardi. In un testa a testa con la Francia (4,42 miliardi) e, insieme, i due Paesi hanno erogato circa metà di tutti gli aiuti di Stato concessi nella Ue. È così partita «la rivolta dei piccoli», ovviamente svantaggiati in questa corsa agli aiuti di Stato che l’economista del Cep (centro per le politiche europee) Götz Reichert non considera una soluzione di lungo termine e che ritiene mettano in pericolo il mercato unico, «pietra angolare dell’integrazione europea».Rivolta capeggiata dalla Svezia, il cui ministro del commercio estero Johan Forssell - riporta il quotidiano tedesco - ha presentato una lettera in sede di riunione degli ambasciatori e dei ministri (Coreper) in cui si chiede il ritorno a norme più rigorose in materia di aiuti di Stato. In gioco c’è l’integrazione europea che sarebbe seriamente danneggiata, consentendo un’Europa a più velocità in dipendenza della capacità di spesa di ciascuno Stato. Agli svedesi si sono uniti portoghesi, estoni e finlandesi che denunciano l’effetto distorsivo degli aiuti sulle imprese, che invece dovrebbero misurarsi sulla competitività della loro offerta. Particolarmente pericoloso è il cosiddetto «matching», cioè la facoltà per gli Stati membri di «pareggiare» e rilanciare al rialzo i sussidi offerti ad un’impresa in qualsiasi altra parte del mondo e così incentivare l’insediamento nella Ue. Il risultato è una pericolosa corsa ai sussidi. Ma Habeck è sordo a queste proteste ed ha addirittura rilanciato con «l’accordo per il cambiamento climatico», per il quale ha sottolineato il ruolo «molto costruttivo nel processo di approvazione» da parte degli uffici della Vestager. Una sorta di «ombrello» normativo sotto il quale può erogare liberamente sussidi alle imprese tedesche senza andare ogni volta a chiedere il permesso a Bruxelles, con netta riduzione dei tempi di attesa. Purché si tratti di investimenti che concorrono alla transizione energetica, con particolare enfasi sull’idrogeno verde. Parafrasando il famoso western di Sergio Leone, quando il mercato interno incontra il Green Deal, il mercato interno è morto.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».